Domani la CGIL va in piazza per rivendicare. Per dare voce, spazio, faccia ai precari, ai lavoratori vittime degli accordi separati, per scontrarsi contro le politiche filogovernative di CISL e UIL (gli unici due sindacati di caratura nazionale in Europa a non aver speso un'ora di sciopero generale dall'inizio della crisi a oggi), politiche che appoggiano la politica dei tagli, delle divisioni, delle esclusioni, politiche che indeboliscono il fronte del lavoro dipendente, che precarizzano, che distruggono, che tengono la democrazia fuori dai cancelli delle fabbriche, che sviliscono il 17 marzo, il 25 aprile, il 1° maggio, il 2 giugno. Politiche che rifiutano il confronto e la contrattazione e mirano al denaro e agli enti di servizio corporativi e padronali. Politiche fasulle che fanno pagare la crisi a chi lavora, a giovani e a chi il lavoro non ce l'ha. Domani la CGIL va in piazza per metterci la faccia e io per metterci anche la mia.
anni 80 in poi hanno agito sul boom economico, su un benessere apparente per lavorare le nostre teste… Abolendo le classi ed il conflitto di classe, hanno appiattito il carattere di chi lavora fingendo di abdicare dal conflitto, insegnandoci a dimenticare il conflitto. Ma l’uomo, che per sua natura vive di un conflitto interiore, come può abbandonare l’idea del conflitto per mantenere la propria dignità al lavoro, il salario, l’istruzione? Come può abbandonare la propria idea di salute, sicurezza, futuro? Quando andavano a prendere i neri in Africa per portarli in America li portavano a lavorare… Ma era lavoro quello? Era dignità? Era vita? E non sono stati il conflitto e le rivendicazioni dei più deboli a cambiare le cose? Dobbiamo riconquistare quell’idea, dove ogni diritto va ottenuto, non è un regalo ma una conquista che va difesa e custodita. Dobbiamo riprendere l’idea che fu, quella che noi, i lavoratori, siamo fondamentali per la società e i comparti produttivi. Che la nostra forza è quella di essere, tutti insieme, un’unica cosa fondamentale. Che possiamo fermare le città se decidiamo di fermarci tutti… Possiamo fermare tutta la produzione e obbligarli ad ascoltarci, fargli sapere che diciamo no, che non ci stiamo. E ci fermeremo ancora se non ci ascolteranno questa volta.
Dagli anni 80 in poi hanno agito sul boom economico, su un benessere apparente per lavorare le nostre teste… Abolendo le classi ed il conflitto di classe, hanno appiattito il carattere di chi lavora fingendo di abdicare dal conflitto, insegnandoci a dimenticare il conflitto. Ma l’uomo, che per sua natura vive di un conflitto interiore, come può abbandonare l’idea del conflitto per mantenere la propria dignità al lavoro, al salario, all’istruzione? Come può abbandonare la propria idea di salute, sicurezza, futuro? Quando andavano a prendere i neri in Africa per portarli in America li portavano a lavorare… Ma era lavoro quello? Era dignità? Era vita? E non sono stati il conflitto e le rivendicazioni dei più deboli a cambiare le cose? Dobbiamo riconquistare quell’idea, dove ogni diritto va ottenuto, non è un regalo ma una conquista che va difesa e custodita. Dobbiamo riprendere l’idea che fu, quella che noi, i lavoratori, siamo fondamentali per la società e i comparti produttivi. Che la nostra forza è quella di essere, tutti insieme, un’unica cosa fondamentale. Che possiamo fermare le città se decidiamo di fermarci tutti… Possiamo fermare tutta la produzione e obbligarli ad ascoltarci, fargli sapere che diciamo no, che non ci stiamo. E ci fermeremo ancora se non ci ascolteranno questa volta.