Sull’ancora controverso tema della correlazione tra l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI), scoperta dal prof. Zamboni dell’Università di Ferrara nel 2007, e la sclerosi multipla (SM), MEDITERRANEWS ha intervistato in pillole il dottor Raffaello Pagani, chirurgo vascolare e Vice-Presidente della Macro-Regione Nord-Ovest (Lombardia, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta) della Società Italiana di Flebologia Clinica e Sperimentale (SIFCS)
1) Dottore, nella sue esperienza diagnostica della CCSVI, in quale percentuale di malati di sclerosi multipla lei finora ha trovato la CCSVI?
“98%.”
2) A suo avviso si tratta di un esame molto complesso? Richiede un’esperienza specifica?
“L’esame EcoColorDoppler per la Diagnosi della CCSVI è l’esame di gran lunga più difficile e più complesso nel panorama della diagnostica delle malattie vascolari con ECD; prima ancora di apprendere ex-novo lo studio del circolo venoso intra- ed extra cranico,come a tutti noi ha insegnato il Prof. Zamboni con i suoi criteri, si richiede di avere già delle solide e inveterate basi di anatomia, di ultrasuoni, di manovre semeiologiche e di conoscenza e sfruttamento delle potenzialità dell’apparecchio in dotazione: se tutto quanto sopra non è alle spalle, è impensabile presumere di imparare e di fare una buona diagnostica con EcoColorDoppler della CCSVI: è come se uno studente delle elementari, delle medie o dei primi anni di scuola superiore volesse affrontare e sostenere argomenti di tipo universitario. La disparità evidente nelle percentuali della presenza di CCSVI nella SM a seconda dei vari studi può essere figlia di tutto ciò (operatore-dipendenza e strumento-dipendenza). Questo è un peccato, perché la metodica ECD che ci ha insegnato il Prof. Zamboni trova una grande percentuale delle lesioni CCSVI non raggiungibile, per le caratteristiche diverse, da altri esami invasivi e non.”
3) Per quanto riguarda coloro che si sono poi si sono autonomamente sottoposti all’intervento di angioplastica (PTA) nei controlli post-intervento quale percentuale di successo tecnico angiografico ha osservato?
“L’ideale sarebbe visitare un paziente in modo accurato con ECD, stabilire non solo la positività alla CCSVI ma anche la scala di impatto emodinamico (VHISS) che le lesioni trovate determinano sullo scarico venoso del cervello e del midollo spinale prima che il paziente abbia subito un trattamento vascolare e poi controllare lo stesso post-PTA e rivalutare quanto suddetto a 1, 3, 6, 12 mesi:tutto ciò solamente nella mia percentuale minore di casi è stato possibile, perché la maggior parte dei pazienti sono venuti da me a controllo la prima volta con ECD fatti in altra sede e con PTA da loro decise autonomamente.
Questi ultimi presentavano in buona parte una situazione emodinamica venosa ancora patologica e quindi non corretta.
In conclusione allo stato attuale un approfondito esame ECD per lo studio della CCSVI deve stabilire la positività dei criteri,la scala VHISS del danno emodinamico,presumere se il vaso venoso patologico beneficerà o no della PTA, se c’è indicazione ad essa o no,se c’è indicazione a una chirurgia diretta: in altre parole, come sostengono attualmente il Prof. Zamboni e il Dr. Salvi, per ogni vaso venoso trovato ammalato nella CCSVI bisogna personalizzare la terapia più idonea.”
4) Relativamente ai sintomi della sclerosi multipla che cosa ci può dire? Ci sono stati dei miglioramenti dopo l’intervento?
“La stragrande maggioranza dei pazienti SM sottoposti a PTA hanno sostenuto di avere avuto i più svariati, ma sicuri benefici rispetto alla situazione patologica pre-esistente ( con corrispondenza del controllo ECD che denotava un miglioramento del quadro emodinamico venoso). In parte, ai successivi controlli dicevano di averli parzialmente o totalmente persi nel corso del tempo (anche in questo caso con corrispondenza di peggioramento del quadro emodinamico venoso).
Per l’esperienza di quattro anni nel mondo CCSVI se le vene” si aprono” e”rimangono aperte” i pazienti per lo più riferiscono benefici.”
5) Il team del prof. Zamboni in una pubblicazione dell’anno scorso (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23761870 ) ha ipotizzato tra le possibili cause di ostruzione venosa una compressione del muscolo omoioideo. A Catania alcuni suoi colleghi hanno iniziato a fare interventi chirurgici su questo muscolo. Cosa ne pensa in merito?
“Da quando è uscito il lavoro dell’equipe del Prof Zamboni e dell’equipe polacca, ho studiato tutti i lavori reperibili in letteratura circa la presenza, l’anatomia, la funzionalità e la percentuale della patologia aberrante del muscolo omoioideo e ciò è entrato a far parte della metodica diagnostica di ogni mio esame: a tuttora francamente ho constatato pochi casi di vera compressione estrinseca di tale muscolo sulle vene giugulari interne e del resto anche in letteratura si parla solo del 6% di varianti anatomiche di muscolo aberrante.”
6) Pensa in qualche modo di poter pubblicare i suoi dati, magari su qualche rivista italiana o straniera?
“SI,tuttora è in corso un lavoro che presto pubblicheremo.”
7) Molti neurologi continuano a negare la stessa esistenza della CCSVI scoperta dal prof. Zamboni e considerano inutile se non pericoloso l’intervento di angioplastica, per cercare di disostruire le vene. Cosa vorrebbe dire a questi colleghi così scettici?
“Penso che allo stato attuale in Italia il muro eretto ad arte dai Neurologi sulla CCSVI sia ancora molto alto e impenetrabile : non c’è apertura a un confronto scientifico vero. Sono però stati pubblicati ultimamente molti lavori validi e positivi la cui evidenza mi pare stia sgretolando poco alla volta qualsiasi muro.
“Ubi maior minor cessat” : c’è poco da discutere i vasi appartengono ai Vascolari,che hanno deciso in Congressi Mondiali che la CCSVI esiste e non il contrario. Quanto alla presunta pericolosità dell’intervento da loro sostenuta, ci sono molti lavori pubblicati in varie sedi che concludono in modo diverso.
Concludo anche io con una riflessione che ho già discusso talvolta con altre persone: arriveranno mai i Neurologi un giorno a dire a pazienti con SM che è inutile e pericoloso fare una PTA per insufficienza coronarica??”