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Sclerosi Multipla: il metodo Zamboni è utile anche per la disabilità

Creato il 06 ottobre 2011 da Yellowflate @yellowflate

Sclerosi Multipla: il metodo Zamboni è utile anche per la disabilitàIn queste ultime settimane stanno uscendo diversi studi confermativi in merito alla teoria del prof. Paolo Zamboni (Direttore del Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara) sulla correlazione tra la Sclerosi Multipla (SM) e l’Insufficienza Venosa Cronica Cerebro Spinale (CCSVI), da lui stesso scoperta nel 2009.

Dall’analisi dei vari studi che sono stati finora pubblicati sulle riviste specializzate oppure presentati durante i convegni del settore è molto interessante anche quello esposto durante il Meeting di Lisbona della Società Europea di Neurologia (ENS) che si è tenuto nel maggio scorso e purtroppo è stato completamente ignorato dalla stampa del settore.
Un team di ricercatori sloveni ed argentini guidati dal Dr. Denislic ha presentato i primi risultati di uno studio intitolato “Patologia dei vasi venosi extracranici nella sclerosi multipla”.
Al termine della ricerca secondo gli autori in tutti i pazienti con SM con decorso progressivo è stata trovata una patologia dei vasi venosi. La venografia selettiva è una metodica molto importante e sensibile nel rilevare le stenosi della via venosa extracranica. Non è previsto un miglioramento del punteggio di disabilità nei casi di un avanzato coinvolgimento piramidale. Il miglioramento della stanchezza gioca invece un ruolo importante nella sconfitta degli ostacoli giornalieri nei pazienti con SM. Persino in presenza di disabilità avanzata, la qualità della vita potrebbe essere ben preservata.
Sembra dunque che il trattamento endovascolare nei pazienti con SM disabili sia promettente.
E’ ora auspicabile che anche coloro che hanno duramente osteggiato la scoperta del prof. Zamboni sotterrino l’ascia di guerra e abbraccino questa ricerca nell’esclusivo interesse dei malati e delle loro famiglie per una patologia gravemente invalidante, ancora senza una cura definitiva, che colpisce oltre 60.000 italiani, con esordio tra i 20 e i 40 anni, dunque nel pieno delle loro attività.


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