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I termini “tolleranza” e “astinenza” sono solitamente associati alla tossicodipendenza ed effettivamente non è un caso: il gioco d'azzardo patologico è ormai considerato molto simile all'abuso di sostanze. Per esempio sappaimo già da tempo che la vincita monetaria attiva i circuiti cerebrali della dipendenza. Nei giocatori incalliti queste risposte sono piano piano inibite, necessitando di vincite sempre maggiori per attivare i circuiti della gratificazione.
Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Neuroscence ha recentemente dimostrato che le “quasi” vincite, quelle sfiorate per intenderci, sono il “carburante” dei giocatori abituali, risultando quasi più gratificanti delle vincite vere e proprie.
Henry Chase e Luke Clark del Behavioural and Clinical Neuroscence Institute di Cambridge avevano già scoperto che il cervello dei giocatori reagisce alle “quasi” vincite in modo molto simile alle vincite stesse, infatti anche solo in giocatori “moderati”, entrambi i tipi di risultati attivano i circuiti della ricompensa e, nonostante le vincite sfiorate non siano al stessa cosa di quelle effettive, costituiscono la gran parte della motivazione che porta le persone a giocare. Ad esempio pensiamo ai giochi nei quali conta anche l'abilità: i buoni risultati, anche se non vincenti, fanno sentire il soggetto capace, invogliandolo a provare di nuovo; ma il gioco d'azzardo, essendo appunto d'azzardo, ha l'infida capacità di distorcere i processi di pensiero dei giocatori causando, ad esempio in situazioni di vincita sfiorata, una sovrastima delle proprie abilità e delle probabilità di vincita! Questo spinge a continuare.
Il nuovo studio in esame si estende anche ai giocatori “normali”, per cercare di capire se le “quasi” vincite causano gli stessi effeti che si osservano in giocatori incalliti, e con quale potenza. Chase e Clark hanno reclutato 24 soggetti (giocatori “normali”) e li hanno invitati a svolgere un gioco d'azzardo computerizzato, drante il quale i loro cervelli sono stati analizzati tramite la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI). Sono state presentate due “bobine” delle slot machine contenenti le stesse identiche 6 icone. Nella prima condizione i soggetti sono stati invitati a scegliere un'icona sulla ruota sinistra e poi girare la ruota di sinistra, mentre nella seconda condizione l'icona della ruota di sinistra è stata scelta dal computer ed i partecipanti si sono limitati a girare la ruota di destra. Nel caso di vincita i partecipanti sono stati premiati con una piccola ricompensa in denaro.
Dopo aver raccolto i dati fMRI i ricercatori si sono concentrati sul mesencefalo, che contiene i neuroni generanti il segnale gratificante tramite il rilascio della Dopamina (neurotrasmettitore). Anche in questo caso (con giocatori normali) i risultati molto vicini alla vincita attivavano i circuiti cerebrali della ricompensa, confermando i risultati del loro precedente studio con giocatori compulsivi. Significativamente hanno anche scoperto che la serietà con la quale si gioca d'azzardo potrebbe predire l'intesità della risposta del mesencefalo alla vincita sfiorata: i giocatori incalliti sono soggetti a reazioni cerebrali più intense. In altre parole le vincite sfiorate sono più gartificanti per i giocatori abituali, che le percepiscono quasi con la stessa intensità di una vittoria.
Chiaramente i produttori di giochi d'azzardo hanno ben chiari gli effetti delle “quasi” vincite ed i loro giochi, ad esempio le slot machine o i gratta e vinci, sono strutturati in modo da sfruttare al meglio le distorsioni cognitive dei giocatori. Utilizzando una tecnica chiamata clustering creano un'alto numero di insuccessi molto vicini alla vittoria, in modo da generare nel giocatore una falsa rappresentazione della rpobabilità e casualità che il gioco, ma soprattutto la vincita, comportano.
Qualsiasi giocatore che sfiorerà il jackpot vorrà continuare a giocare, poiché penserà di aver buone probabilità d vincere.
E tu cosa ne pensi? Hai mai sfiorato la vincita e voluto continuare a giocare?
Bibliografia
- Fonte: Neurophilosophy
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