Per riuscire a individuare i geni che davvero hanno un ruolo nella ricostruzione degli assoni, i biologi statunitensi si sono avvalsi dell’involontaria collaborazione di 10 mila Caenorhabditis elegans, vermi nematodi della lunghezza di circa un millimetro e tra gli organismi modello più utilizzati nello studio della biologia dello sviluppo. Il primo passo è stato quello di creare mutazioni genetiche di questi vermi trasparenti per ognuno dei 654 geni sotto esame. In seguito i neuroni di questi nematodi sono stati evidenziati grazie all’uso di una proteina fluorescente verde e quindi, tramite l’impiego di un precisissimo laser chirurgico, è stato danneggiato un assone specifico. Grazie all’osservazione dei fenomeni di rigenerazione, o della loro assenza, a distanza di 24 ore dalla lesione gli scienziati sono stati in grado di determinare quali tra i 654 geni fossero effettivamente coinvolti nel processo di «guarigione» degli assoni.
Nonostante sia altamente probabile che i geni identificati nei vermi abbiano le stesse funzioni nei mammiferi (le loro funzioni sono rimaste pressoché inalterate nel corso dell’evoluzione), il team di biologi della UCI di San Diego ha stretto una collaborazione con altri ricercatori per verificare sui topi quali tra i geni in esame abbia un ruolo davvero rilevante. Per il momento i risultati dello studio californiano, pubblicato sul numero di settembre della rivista Neuron, sottolineano che alcuni tra i 76 geni «ricostruttivi»erano già noti per avere altre funzioni, come per esempio la regolazione del rilascio di neurotrasmettitori. Ma ancora più interessante è stata l’individuazione dei sei geni che bloccano la ricrescita degli assoni: «La scoperta di questi inibitori è probabilmente il risultato più eclatante – dice ancora Chisholm – poiché identificare ed eliminare questi fattori potrebbe avere la stessa incidenza dei meccanismi biochimici che favoriscono la rigenerazione degli assoni a seguito di lesioni midollari o di altri danni neurologici».