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Scopiazzando dal vicino

Creato il 18 gennaio 2013 da Davideciaccia @FailCaffe

sensazioni e considerazioni di un cervello in fuga verso l’Austria; un punto di partenza per riflettere sulla situazione in Italia

oggi Failcaffè pubblica una lettera inviataci da Ingrid Masier, lettrice del blog che ci segue dall’Austria. Le sue impressioni sul mondo del lavoro oltre le Alpi sono molto positive e non può scapparci il paragone con quello italiano che per i giovani sta diventando molto difficoltoso. 

Mi chiamo Ingrid e sono un’emigrante. Non per amore e nemmeno per disperazione. Semplicemente per scelta.

Quasi un anno e mezzo fa sono partita per l’Austria per fare un’esperienza in un paese germanofono (ho studiato traduzione e mediazione culturale) come lettrice di italiano nelle scuole pubbliche e poi ho trovato lavoro come interprete e traduttrice in un’azienda di Graz. Dopo un mese di prova mi è stato offerto un contratto a tempo indeterminato con una permanenza minima di due anni. Si può dire che ho avuto fortuna, si può dire che sono arrivata al momento giusto nel posto giusto, si può dire anche, perché no, che me lo sono meritato. Sta di fatto che sono entrata nel limbo dell’emigrante che vorrebbe prima o poi tornare a casa, ma non sa né quando, né come. 

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Nel frattempo, osservo con curiosità il mondo del lavoro austriaco e prendo appunti:

  1. è l’impiegato che offre al datore di lavoro la propria conoscenza e la propria esperienza (prospettiva interessante), non è il datore di lavoro che fa un’opera di carità, offrendo un posto di lavoro all’impiegato.
  2. Non fa niente se non hai esperienza, tu hai accumulato negli anni un potenziale, noi vedremo di sfruttarlo al meglio” (parole del mio capo attuale al primo colloquio di lavoro).
  3. Se un mio collega mi passa una pratica incompleta o fatta male, gliela rimando e la ricevo perfetta (non proprio sempre) e con le scuse (sempre).
  4. Competenza e serietà creano il rispetto di un collega nei tuoi confronti, non l’età, il sesso o le relazioni personali. (P.s. L’empatia non sempre abbonda).
  5. Il rapporto tra colleghi pare un balletto di rispetto e riservatezza. (P.s il motto “non essere mai in debito con nessuno” talvolta, dal mio punto di vista, sfiora il ridicolo).
  6. Poco dopo il mio arrivo in azienda, è stata fatta una indagine anonima, annuale, da parte della dirigenza. Una delle domande dei questionari era: “dove ti vedi tra cinque anni?”. Premettendo che la maggior parte degli impiegati ha un contratto a tempo indeterminato, una percentuale cospicua ha risposto che conta di cambiare lavoro. La reazione è stata convocare dei rappresentanti per ogni reparto e chiedere di proporre delle condizioni a cui gli impiegati sarebbero disposti a rimanere. (Mossa intelligente da parte dell’imprenditore, quella di tenersi stretti i collaboratori migliori).
  7. Dopo alcuni anni in azienda (sei o sette) l’impiegato ha la possibilità di svolgere un anno di formazione, in quello che più gli interessa. Se frequenta dei corsi che l’azienda ritiene formativi per la sua professione, copre una parte delle spese.

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 Raccolgo appunti con la speranza di poter un giorno mettere il mio “potenziale” al servizio del mio paese, della mia gente, della mia cultura (ma pretenderò anche il dovuto rispetto per il mio lavoro e per la mia persona, avviso in anticipo i miei futuri datori di lavoro). Nel frattempo continuo con gli altri italiani all’estero (sono incredibilmente tanti e non sempre per scelta!) a restaurare con pazienza e amore la fiducia e il rispetto degli stranieri verso il nostro paese, raccontando loro di quanto è meraviglioso e che popolo straordinario (nel senso etimologico della parola) lo abita.

P.s. ci tengo a precisare che le mie sono osservazioni del tutto personali, che non hanno l’intenzione di essere una generalizzazione della cultura del paese che mi ospita e tanto meno giudizi sul suo popolo.


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