Dopo l’articolo di Marco Pasqua che ha messo in evidenzia la recente pubblicazione sul sito di Agesci di un convegno di qualche mese fa ho ricevuto telefonate e mail e letto interventi sui vari blog in difesa degli scout, in ultimo una quantità di persone incredibile e disparata mi ha segnalato questa comunicazione ai capi Agesci pubblicata dall’Agesci, sempre sul sito, dopo le polemiche seguite all’articolo di Marco Pasqua.
Avendo militato nei Giovani Francescani ed essendo, almeno sulla carta, cattolica (avendo ricevuto la Cresima) so benissimo come funzionano gli ambienti cattolici “buoni”, ma so anche dove non funzionano essendomene andata dopo il mio coming out. Non si deve dire, ma si deve esercitare ipocritamente il silenzio.
Da parte mia non c’è alcuna demonizzazione a priori nei confronti degli scout e non faccio parte di quelli che in questi giorni hanno fatto di tutta un’erba un fascio e hanno offeso l’ontologia scout in tutta la sua interezza (fermo restando che continuo a ritenere le cose scritte in quegli atti e pubblicate sul sito di Agesci vicine a posizioni di gruppi di estrema destra) e aggiungo, se possibile, che manderei mio figlio o mia figlia negli scout (previa verifica del gruppo in cui finirebbe e del suo capo scout) perché trovo che l’esperienza scout può essere formativa dal punto di vista della socializzazione per un bambino.
Detto questo però ho la necessità di mettere alcuni puntini sulle i, alcune basi fondamentali che riguardano una democrazia matura, il rispetto totale dell’essere umano e la crescita del Paese, ovvero dei nostri giovani.
La religione è e deve essere un fatto privato. Riconosciuto questo, voglio vivere in un Paese dove nemmeno un centesimo viene dato a chiunque professi una religione in contesti educativi. Ripeto: nemmeno un centesimo di denaro pubblico. Vale per le scuole e per gli scout.
Per questo tutta questa diatriba sul fatto che non dovremmo stupirci se i capi scout possono essere solo cattolici e ai quali quindi viene impartita una lezione di formazione che racconta l’idea della Chiesa sull’omosessualità la trovo fuori tema, inutile, sterile.
Il fatto è che esistono degli educatori a cui le famiglie affidano i figli. Ecco. Chi tutela quei figli? Chi si prende cura, nel caso, se un figlio gay cresce con un messaggio di negatività su se stesso da parte di educatori e genitori? Chi impedisce che si impicchi in cantina come accade spesso? Lo Stato deve essere attore anche di questo altrimenti ci sono dei cittadini il cui diritto al’infanzia felice viene violato con la consegu8enza che sarà un adulto insano. Badate bene, per fortuna non tutti i cattolici dicono le cose che sono scritte nel Catechismo e cioè che l’omosessualità è una malattia. So benissimo che per fortuna non tutti i capo scout che sulla carta sono cattolici sono fedeli alla dottrina della Chiesa sul tema. Per fortuna. Ma questo non vi fa pensare? Non fa pensare a tutti che c’è qualcosa che non va? Che la regola è essere cattolici, quindi considerare l’omosessualità una malattia e quasi nessuno tra gli scout lo pensa (così mi dite)? Però sulla carta, nei convegni si afferma questo. Puoi essere gay, ma non devi dirlo, perché l’eterosessualità è il modello educativo buono, migliore. Scrive Agesci che non sono linee guida. Allora non capisco perché fare formazione. E perché non invitare anche altri relatori.
Ma la domanda da farsi, ancora è questa. Cosa c’è di male ad essere omosessuale? Cosa cambia? Voi dite che dobbiamo capire i cattolici. Io capisco tutto finché non viene imposto nulla. Finché la vostra idea non diventa superiore alla mia. Io dico che dovete avere cura dei giovani. Della loro infanzia.
I figli non appartengono ai genitori, almeno secondo me, e quindi lo Stato deve consentire uno sviluppo il più possibile uguale a quello degli altri, non nel senso “crescerli uguali”, ma di crescere tutti con le stesse possibilità. Stesse possibilità significa: stesse opportunità, stessa preparazione, stesso senso critico, stessa capacità di discernere. Considero intollerabile che possano esistere luoghi dove si insegna ad essere omosessuali finanziati dai soldi pubblici e così considero intollerabile che possano esistere luoghi dove l’eterosessualità venga espressa come la strada giusta, dove l’essere gay è tollerato anche se non si deve dire: che equivale a non esserlo, a violentarsi, a depauperarsi della propria essenza che non ha nulla a che fare con il sesso, ma con l’affettività. Un omosessuale non è un maschio che vuole fare sesso con un maschio. O una femmina con una femmina. E’ un essere umano completo e sano che prova affettività nei confronti di un altro essere umano. L’amore procreativo a cui abbiamo dato il primato come moto di conservazione della specie è l’amore elementare con cui l’uomo si è diffuso sulla terra, ma che non sarebbe bastato se l’uomo non fosse dotato anche di altre caratteristiche procreative legate alla vita e non solo alla sopravvivenza. E tralascio di aprire un tema tutto contemporaneo sulla genitorialità omosessuale. Se oggi due omosessuali possono metter su famiglia anche l’ultimo dubbio (quello che se fossimo tutti gay il mondo non sopravvivrebbe) cade.
In questi giorni di delirio dialettico mi hanno raccontato tantissimi episodi bellissimi della vita scout che già sapevo e che non oso mettere in dubbio. E’ come quando io racconto degli iscritti del PD ai miei amici gay. E loro mi rispondono che però finché non lo dice Bersani il PD non è come loro vorrebbero. Ecco. E’ questo che vi dico. Finché non appare sul sito di Agesci (per esempio) che essere omosessuali è come essere eterosessuali per me l’Agesci resta una associazione omofoba come la Chiesa. Dite che non devo stupirmi che sia così? Va benissimo, allora le considero associazioni private che non devono essere sostenute dallo Stato in alcun modo.
Perdonatemi, ma deve essere così, non può essere altrimenti. Io non vi discrimino. Non dirò mai che essere cattolici è sbagliato, che andare negli scout è da cretini. La nostra rabbia non è discriminazione nei vostro confronti, ma è difesa. Siete voi che nel 2012 invitate ancora relatori reazionari e in malafede su questo tema, rifiutando la disponibilità di soggetti come Nuova Proposta, gay cattolici a cui Agesci non ha mai risposto quando voleva partecipare proprio a quel convegno. E’ come se a parlare di resistenza si invitassero Freda e Kappler. Trovate forte il paragone? Io trovo forti ed intollerabili le parole a senso unico di quel convegno. Le ho trovate violente. Brutte. Dolorose.
Chiudo questa riflessione invitandovi al Pride. Venite con le vostre divise, con i vostri gruppi, con i vostri colori.
Vi accorgerete della nostra accoglienza e sarà una bella passeggiata di marcia per l’uguaglianza.
Dimostrateci che ci siamo sbagliati. Dimostrateci che non abbiamo capito nulla degli Scout. Dimostrateci che il vostro passo è anche il nostro, quello dei diritti e dell’uguaglianza. Dimostrateci che siete davvero l’avanguardia che tutti dicono.
COMMENTI (1)
Inviato il 13 maggio a 16:49
Si può concordare o meno sulla tua analisi, che dà sicuramente tanti spunti di riflessione interessanti, per scout o meno, cattolici o meno. su un punto però mi preme assolutamente dissentire: l'Agesci non è minimamente finanziata dallo Stato nè dalla Chiesa. I soldi che circolano sono legati a quote di iscrizione dei soci o attività di finanziamento, e in ogni caso vengono reinvestite per sistemare la sede, per le attività o le uscite. Inoltre: come erroneamente richiede qualcuno, i capi non percepiscono uno stipendio, ma pagano le stesse quote dei ragazzi...e il più delle volte ci rimettono anche. ma questo ovviamente non fa abbastanza scalpore.