Ciò che è andato in scena ieri pomeriggio a Twickenham per il primo Test Match autunnale assomigliava molto ad una partita di scacchi confusa e se al posto dell'erba avessero installato la scacchiera di Marostica, l'effetto non sarebbe stato affatto male. L'Inghilterra vince sull'Australia per 20-13 e ci riesce accendendosi nell'ultima parte di gara, quando al migliore in assoluto tra gli uomini di Stuart Lancaster, l'estremo Mike Brown, si unisce quell'Owen Farrell che riporta la memoria al passato recentissimo di un giovanotto scavezzacollo sul campo, privo di qualsiasi peso per il ruolo chiamato a ricoprire e così determinante. E' un successo importante per gli inglesi che nell'ultimo match di peso specifico massiccio avevano rimediato una sonora batosta costata lo scorso 6 Nations (ci riferiamo alla sconfitta al Millennium Stadium). Quanto ai Wallabies di Ewen McKenzie, resta un grande mistero: dov'è finito il commitment? Davvero all'Australia basta una graffiata per essere messa ko? Possibile che così, improvvisamente, la luce pur fioca si spenga del tutto e il black-out affossi un'intera isola? Arbitra George Clancy, contro il quale McKenzie riverserà parte della sua frustrazione per i fatti che vedremo: il "salvataggio" di una rimessa di Brown e una ostruzione in occasione della seconda meta inglese - c'è dal casino ovunque.
Diceva Sir Ian McGeechan che per avere la meglio sugli Aussie, l'Inghilterra dovesse conquistare la mischia e la rimessa laterale. Nel primo caso ci riesce, nel secondo meno - gli avversari non stanno messi meglio, quindi tanto è bastato. Di fatto è presto detto: se gli altri commettono errori, non interferire, lasciali fare e goditi i vantaggio. Se Farrell apre le marcature dalla piazzola al 3' è perché l'Australia spreca una touche sui 5 metri offensivi e sotto la pressione nemica si ritrova nella propria metà campo, concedendo fallo. L'apertura non ha una gran mira (si ritrova ben presto con 1/4 dalla piazzola), graziando i Wallabies i cui falli commessi salgono esponenzialmente (7 in meno di mezz'ora). A parti invertite giunge il momentaneo pareggio con Quade Cooper. Per tutto il primo quarto chi ha la palla in mano, non ha l'appiglio della rimessa e a distinguersi nel gioco senza ritmo sono gli assoli di Brown e del dirimpettaio Israel Folau. Billy Vunipola, alla prima nei panni di Numero 8 per Lancaster, si ritaglia dello spazio portando i suoi nei 22 facendo esplodere tutta la sua potenza nello stretto, concedendo a Farrell di fissare il 6-3, ma ecco che finalmente che la pennichella è interrotta da una giocata a marce più alte: ingaggio australiano e James Slipper tiene botta alle contorsioni di Dan Cole, Genia per Cooper per Folau che ha la corsia lasciata scoperta dal pessimo timing di salita di Chris Ashton che se ne infischia del trequarti e si lancia su Cooper: a chiudere è Matt Toomua, dopo un lavoro ai fianchi del pack nei 5 metri. Parentesi per l'inside centre, che in modo meno eclatante è tra i migliori - almeno nel primo tempo - degli Aussie. Si va negli spogliatoi sul 6-13 e gli applausi sono per il capitano ospite Ben Mowen che smonta la maul inglese in cerca di un penalty per accorciare le distanze.
E' il primo Test dopo l'estate per la truppa di Lancaster, sarà forse per questo che mancano comunicazione, confidenza e quindi continuità: gente che incrocia e i mediani che però cambiano idea all'ultimo. Lee Dickson non lascia il segno e quando nella ripresa c'è il cambio della guardia con Ben Youngs, sarà anche coincidenza, ma ecco che l'Inghilterra va a prendersi il bottino. Sull'altro fronte menzione d'onore per Adam Ashley-Cooper, fermato da Marland Yarde con un'ostruzione per impedirgli di lanciarsi su un calcetto di Cooper: l'ala down under sacrifica poco dopo il sopracciglio per bloccare proprio Yarde quando si registra il primo serio attacco dei padroni di casa che determina infine la meta del pareggio: la rimessa affidata a James Horwill è braccata da Courtney Lawes guastafeste e Tom Wood, il calcio di liberazione dai 5 metri di Genia o sbatte sulle spalle larghe di Sitaleki Timani o è stoppato da B. Vunipola che poi salta come un bambino felice dopo che Chris Robshaw si fionda per primo sull'ovale per il touchdown al 49'. Per inciso: era stato Brown a permettere ai suoi di attaccare tenendo vivo un penalty di Toomua ben calibrato e angolato, tanto che l'estremo tocca la linea laterale con i piedi, ma nessuno se ne ravvede. Altro inciso: meno palloni hanno, meno danni combinano gli inglesi - il quick penalty battuto da Ashton per allargare verso Yarde e da mostrare ai ragazzini e raccomandare loro che così non si fa (soltanto nel 2010 Ashton firmava una gran marcatura contro l'Australia, da un'azione iniziata a due passi dalla propria linea di meta, eppure l'involuzione del giocatore fa apparire quell'episodio fissato ben lontano nel tempo).
Nic White rileva Genia nei piani di McKenzie, ma per quanto il punteggio indichi un pareggio, questa è la graffiata che già nuoce alla salute dei Wallabies, testati in più fasi dall'attacco inglese attorno al 57', quando Farrell va in meta puntando un canale presidiato da Lawes e Dylan Hartley: Clancy chiede assistenza al TMO per valutare se le guardie australiane subiscano il furbesco posizionamento specialmente del tallonatore, poi rivedendo egli stesso le immagini allo schermo dello stadio dice di no e convalida. Finisce qui, l'Inghilterra corre un solo vero rischio con la corsa di Nick Cummins fermata da Brown - non poteva essere altrimenti. Spariscono dal radar Cooper, Toomua, Folau e se Cooper cerca l'interruttore, Lawes gli intima di non pensarci due volte. L'epilogo finale è sancito dalla mischia che cede in prima linea ospite interamente rinnovata con introduzione propria sui 5 metri avversari.
Brown Man of the match: d'altronde è l'unico tra i Quins che riesce a navigare sopra la media in questo inizio di stagione travagliato per il club che gioca a pochi passi da Twickenham. Simbolico, no?, che sia l'unico a mostrare costanza per tutti gli 80 minuti. A pochi secondi dal fischio finale, i volti a bordo campo dei Wallabies manifestano lo smarrimento.