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SCRIPTORIUM SEGRETO – viaggio nel laboratorio dello scrittore: quando era ancora “Shampoo al cervello”

Creato il 27 aprile 2011 da Zioscriba

Nuova chicca per voi: stavolta vi regalo uno stralcio della primissima stesura di Tutta colpa di Tondelli, che in via molto provvisoria s’intitolava Shampoo al cervello. All’inizio del lavoro, un po’ per divertirmi e un po’ per prendere le distanze da una materia ancora troppo incandescente e dolorosa, mi ero messo a usare dei nomi di fantasia. Per esempio, una certa simpatica personaggia divenne Piersilvia Alabbarda (ma ero indeciso tra quello e Milly Vanilly) mentre la “scopritora” di talenti del periodo milanese l’avevo chiamata Laurina Steppe, quasi solo per il gusto di farla poi diventare a un certo punto, all’improvviso e a tradimento, “la Urinasteppe”...) L’Ayatollah era invece Stanislao (Stan) Garofalo. Eccoci più o meno a questo stesso periodo dell’anno, ma nel 2001.

Forza Italia propagandava per maggio coi bimotori sbandieranti nell’aere (li immaginavi pilotati dal fantasma scemo di D’Annunzio) e ogni tanto Stan Garofalo mi prendeva in disparte, e con fare severissimo diceva: «Carrarìa riferisce che quando sta con te nun te sente mai parlà de scrittura, nun te sente mai ragionà de filosofia…»
Volevo rispondergli che io di scrittura, in un modo o nell’altro, degnamente o meno, ci vivo, ma non “ne parlo” coi suoi cloni venuti a farmi subdolamente l’esamino mentre si passeggia e si discorre del più e del meno, che nelle mie abitudini sempliciottole non coincide quasi mai con Stendhal né con Hegel né con Marx, ma ancora una volta, un po’ per opportunismo, un po’ per codardia, persi l’occasione di rompere in via definitiva con questo delirio.
Perché una cosa è certa, con ‘sto permaloso: smetti di assecondarlo, smetti di leccargli le egorroidi per cinque minuti e sei fuori per sempre, a meno di non essere la madre di suo figlio, o un prestanome solidamente nel giro, cioè un nome diventato Marchio® che gli procaccia ingenti sostanze, gli finanzia i cd chez Arturo, le incisioni mono dei Beatles vestiti da renne.
Basterebbe dirgli che Bukowski è meglio di Carver, per essere fuori.
Eppure è chiaro che prima o poi dovrai staccarti.
Vorrà pur dire qualcosa se a casa tua la scrittura, per grezza che sia, zampilla fuori violentemente notte e giorno, a fiotti, come sprizzi di sborra di satiro, prolifica, mentre quando sei qui, immerso in una koiné formativa e istruttiva finché si vuole, la tua creatività diventa quella di un’ameba congelata nel freezer, e il blocchetto che ti porti appresso, ormai a mero titolo precauzionale, ritorna indietro sempre più vuoto – stavolta ci hai annotato solo un paio di spesucce e l’orario del treno per scappare via, come un commesso viaggiatore qualsiasi.

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