Sono convinto al 100 per cento che – almeno una volta nella vita – tutti sono stati tentati dal sacro fuoco della scrittura: chi attratto dalla poesia, chi dalla prosa. Molti, quelli più fortunati, si sono scottati subito e sono passati ad altri e più gratificanti passatempi. Caparbiamente, invece, io ho insistito con la prosa e mal me ne incolse.
Quasi ogni giorno avevo il mal di pancia.
Devo dire la verità: un pochino mi ero illuso sulle mie capacità artistiche/letterarie. All’inizio, pieno d’entusiasmo, speravo che qualcuno leggesse e apprezzasse le opere del mio ingegno, invece è stato tanto facile scriverle quanto difficile farle leggere e ricevere riscontri positivi/negativi su di esse. Come mai sono inciampato in questa difficoltà? La risposta è facilissima. Tantissimi scrivono (in Italia, quasi 45 milioni…) e pochissimi leggono (grossomodo siamo sull’ordine delle migliaia): ecco perché uno scrittore alle prime armi finisce per disamorarsi, indipendentemente dal fatto di essere degno d’attenzione o un’emerita capra.
Se nessuno ti legge che gusto c’è a scrivere?
Quando, in tarda età, ho cominciato a dedicare gran parte del mio tempo alla scrittura, anch’io avevo molte aspettative e il più banale dei complimenti mi esaltava. Agli inizi rompevo le scatole a famigliari e amici, convinto che almeno loro avrebbero avuto piacere a leggermi: in realtà, obtorto collo lo hanno fatto la prima volta ma, la seconda, quasi tutti hanno glissato. Non perché i miei scritti fossero delle schifezze, ma semplicemente perché la mezz’oretta al giorno che, in media, le persone dedicano alla lettura preferisce spenderla su libri di autori già affermati o pubblicizzati in Tv da Fazio. Ovvio, dunque, che trovare lettori al di fuori dell’esiguo cerchio parentale/amicale sia un’impresa più ardua delle dodici fatiche di Ercole: in pratica non c’è alcuna speranza di risolvere questo problema. Nel tentativo di aggirare l’indifferenza del piccolo mondo che mi circonda mi sono avventurato nell’immenso oceano di Internet, cercando udienza su quei siti web che permettono a tutti di pubblicare gratis le proprie opere, ma lì è stato un vero disastro. Gli scrittori che bazzicano la Rete sono persone quasi tutte frustrate da pregresse bocciature ricevute nella triste realtà dell’editoria cartacea e perciò sono i peggiori lettori che si possano scovare in giro. Invidia, supponenza, e quant’altro vivono e vegetano alla grande nel mondo virtuale.
A chi può rivolgersi, allora, un povero scrittore alle prime armi per farsi conoscere e apprezzare? Esclusi i Santi in Paradiso, qualcuno suggerisce di contattare un editor di una casa editrice, piccola o grande che sia. L’idea non è male, però questi lettori di professione sono esseri invisibili, introvabili: forse vivono nascosti in luoghi segreti noti solo alle alte sfere dell’editoria. Vi dico subito che cercarli è tempo perso. In definitiva, per essere presi in esame, si è costretti a rivolgersi ad agenzie letterarie specializzate nel business delle schede di valutazione. Con questo servizio, però, nessuno può essere sicuro al 100% di essere letto davvero. C’è gente, nelle agenzie, che è così veloce da riuscire a trangugiare anche tre libri al giorno! Alla faccia della serietà… In cambio di un mucchio di euro offrono una bella scheda di valutazione in cui viene dichiarato che il tuo manoscritto è di valore… ma ha bisogno di essere editato da persone del mestiere prima di essere presentato a una casa editrice. Cioè si viene sospinti nella trappola dell’editing a pagamento. E allora sono davvero dolori: la cifra richiesta per questo scopo è legata al numero delle pagine… Come minimo bisogna fare un mutuo!
Che dire, in tutta onestà, a chi ha intenzione di dedicarsi alla scrittura? La speranza di essere letti e valutati davvero è pari allo zero per cento o poco di più…
Seppure consapevoli di queste difficoltà, c’è chi – e io sono tra questi – continua a scrivere e, superata la fase del racconto breve, riesce persino a finire il suo primo romanzo e, con ancora il sudore che cola copioso dalla fronte, lo spedisce a un Editore Importante. In genere i Grandi Editori (salvo casi sporadici) manco gli rispondono e, se lo fanno, utilizzano una lettera prestampata per dire che il suo manoscritto non corrisponde alla loro attuale linea editoriale. Avvicinando l’orecchio a quella lettera si potrebbe sentire la grassa risata dell’impiegato che l’ha spedita a casa dello sfortunato principiante. L’autore che riceve un rifiuto così (falsamente) motivato deve fermarsi a riflettere. Basta essere mediamente intelligenti per capire cosa quelle fredde frasi sottintendano e rendersi conto di avere intrapreso una strada sbagliata, una strada in cui non esiste il sognato punto di arrivo, cioè essere pubblicato da un Editore Serio che non chieda soldi e che paghi le royalties nel caso che il libro venda qualche copia.
Conclusione?
Anch’io, una volta, ho ricevuto la classica lettera di rifiuto di cui ho appena parlato, ma la mia passione per la scrittura è più grande della sfortuna che mi perseguita e non demordo. Solo che, da tempo, i miei libri non li invio più alle case editrici e nemmeno li regalo agli amici: quando ho finito di scriverli li tengo per me. Chi li vuole (Grandi Editori compresi) deve venire a casa mia e implorarmi per averli in lettura… ahahahah
A parte gli scherzi – questa è la vera chicca che regalo a chi segue il mio blog – da un anno scrivo unicamente per il mio piacere. Mi siedo alla scrivania e apro Word senza l’assillo mentale del ricevere applausi o riconoscimenti da chicchessia. Se qualcuno vuole le mie opere gliele do e non pretendo denaro. Se arrivano critiche o consensi li accetto volentieri, in caso contrario mi va bene lo stesso. Da quando ho preso questa brillante decisione sono molto più sereno e la mia scrittura se n’è avvantaggiata. I pensieri ora si traducono meglio e più facilmente in parole scritte.
E non ho più il mal di pancia.
Nicola
P.S.
L’immagine del malpancista è stata scaricata da Internet ed è di proprietà dell’autore a cui va il mio grazie.