Ultimamente (ma non solo) sembra che la blogosfera sia preda di un delirante volo d’angelo nella follia.
Ovunque si leggono post incattiviti, persone che accusano plagi o copiature, gente incazzata e altri, invece, semplicemente delusi.
O disillusi, che è peggio.
Uno degli argomenti che, però, mi ha colpito maggiormente è questo:
Se parli di scrittura vuol dire che non sai scrivere.
O viceversa.
Ok, forse i consigli non servono a nulla, dettare regole e regolette non insegna a scrivere, ma questo non è un motivo valido per non farlo se qualcuno sente di avere qualcosa da dire.
La stessa concezione di scrittura, in questi anni, è cambiata, con scrittori sempre più friendly che twittano, messaggiano su facebook o via mail, o curano blog e rispondono ai loro lettori.
Quindi, che male c’è a scrivere e a raccontare le proprie esperienze, magari condividendole con chi invece si ritrova in questo mondo senza alcuna bussola? Il problema sembra semplice, ad una prima occhiata: basta fregarsene di questi soggetti e andare dritti per la propria strada.
Se fosse la scelta giusta…
Perché in verità questo è un male del nostro tempo, in cui sembra che tutti possano dire la loro e al tempo stesso dovrebbero stare zitti perché in giro c’è chi ne sa di più.
O perché chi parla di scrittura non avrebbe le basi per farlo.
Ma quali sono queste basi? Su cosa si fonda la convinzione che saper scrivere obblighi il suddetto scrittore a non poterne parlare?
Ho il sospetto che non esista una vera motivazione, se non la scarsa stima di colleghi o amici.
È anche vero che, spesso, chi detta certi dogmi riguardo la scrittura (di esempi ne è piena la blogosfera) finisce per diventare l’opposto di ciò che si era prefissato.
Perché è giusto dire la propria, a ragione o torto, non lo metto in dubbio, ma da questo a diventare dittatori, bollando scrittori e autori solo perché non hanno seguito la loro bella regoletta, è decisamente sbagliato.
E fastidioso.
I grilli parlanti non piacciono a nessuno, no?
Perché è facile sparare sul prossimo, soprattutto quando questo avviene in rete, al riparo dietro un avatar o un nickname misterioso e ingannevole.
E così assistiamo a guerre, soggetti che si sparano dalle loro trincee cercando di fare più vittime possibili, senza capire che alla fine chi ci rimette è sempre lei, la scrittura.
Se si smettesse di guardare al proprio vicino con sospetto, con invidia, forse saremmo tutti quanti più felici.
E liberi di scrivere quel che ci pare e piace.
Fino a quando questo non cambierà, purtroppo, il mondo della scrittura sarà sempre in balia di una tempesta implacabile, fra deliri di onnipotenza e frecciatine.
o, perlomeno, fino a quando ci saranno archi e frecce.
Poi passeremo alle pistole e ai fucili…