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Scusate, amici indipendentisti, dove stanno "i presentabili"?
Creato il 31 maggio 2012 da ZfrantziscuSfuggendo all'obbligo, che non sento mio, di dover mettere la mia bandierina in una tanca, per di più accatastata da capi partito che stanno oltre il mare, mi posso permettere di chiedere a tanti amici indipendentisti, sovranisti e nazionalisti: “Voi che ritenete impresentabile il centrodestra isolano, è perché reputate invece presentabile il centrosinistra isolano, o c'è un'altra ragione?”. Lo chiedo a loro, perché immagino che non dovrebbero scandalizzarsi come al contrario fanno gli opposti portatori sani di verità rivelate. In questi anni di odi, antropologicamente fondati su un bipolarismo binario, una domanda del genere susciterebbe altrove stupore e incredulità. Ma come? Non ti rendi conto che la destra (o la sinistra) è il bene vs il male, la verità vs l'errore, e reciprocamente?. Quanti, come gli abitanti del mondo sardista, dovrebbero essere indifferenti alla lotta dei principi castigliani nella corte di Madrid dovrebbero anche poter rispondere a quel quesito. Insomma, per un progetto di liberazione della Sardegna dalla dipendenza (soprassediamo al momento sullo sbocco istituzionale, confederalismo, sovranità, indipendenza), è utile appoggiare una delle fazioni nella guerra di successione al governo italiano, o sarebbe più utile allearsi non tanto con una delle fazioni quanto con chi, all'interno delle fazioni, condivide quel progetto di liberazione? Mi ha stupito il silenzio imbarazzato del mio mondo – quello latamente sardista, voglio dire – di fronte alla mossa di Ugo Cappellacci che non solo ha diffidato e messo in mora il governo italiano sulla questione vitale delle entrate, ma lo ha fatto utilizzando anche la lingua sarda comune, lo standard diplomatico usato nel passato solo da Renato Soru per delibere regionali. È un'avanzata positiva, passare dall'uso del sardo per documenti interni alla Regione a quello per rapporti inter-nazionali, quale che sia, ovviamente, la consapevolezza che di ciò abbia avuto il presidente della Regione. Perché trovo imbarazzato, e forse imbarazzante, il silenzio dei partiti e dei movimenti indipendentisti, nazionalisti e nazionalitari? Perché ci leggo l'impaccio del dover ammettere che a destra si muove qualcosa di cui la sinistra non è capace. Ci leggo un disagevole dubbio: e se risultasse che la destra in Sardegna, defascistizzata e liberatasi dalla mitologia patriottarda e unitarista, avesse in testa una sovranità sarda? Certo, anche a sinistra, con Sinistra ecologia e libertà (Sel), è in atto un processo di avvicinamento ai temi della sovranità, sconfessato e vilipeso dall'altra sinistra. Ma a nessuno, credo, sfugge che se davvero i moderati si accingono alla svolta sardista che l'atto di Cappellacci fa presagire e gli annunci di Beppe Pisanu riempiono di credibilità, ci sarebbe davvero un bel dilemma: partecipare al governo della Sardegna con idee sovraniste o rendere testimonianza insieme a una élite della sinistra conquistata a queste idee. So che una parte, non grande per la verità, del già modesto schieramento indipendentista più radicale non è indifferente alla seduzione di un accordo con il Pd, o meglio con la parte del Pd che vorrebbe ripetere con Renato Soru il tentativo di sardizzare il partito. L'ex presidente della Regione è l'unico, in quello schieramento – che, va ricordato, ha avuto altri quattro presidenti di Regione – ad aver dato prova di pensiero autonomista soprattutto in fatto di lingua sarda. Ed è, questa, una moneta spendibile anche se contrasta proprio con gran parte della intellighenzia universitaria e non solo del suo schieramento. Il problema che si pone al complesso del mondo sardista non è di facile soluzione. Ha una attrazione fatale per la sinistra e una ripulsione per la destra, entrambe molto ideologiche, soprattutto oggi che sinistra e destra si confondono in un governo. Tanto è ideologica che rimuove dal suo immaginario politico il neo-giacobinismo della prima e non riesce a tollerare i contorcimenti, anch'essi neo-giacobino, della destra. Come i suoi partner ideali, Sel e Pd, questo mio mondo giudica irricevibili e privi di credibilità i segnali di svolta della destra sarda, ma è disposto a chiudere un occhio sull'appiattimento del Pd sul governo italiano, certo non meno grave dei “rapporti gelatinosi con il governo Berlusconi” che sono rimproverati a Cappellacci. Questi atteggiamenti del passato rendono – dice il segretario dei Democratici, Lai – non credibile la politica del presidente regionale. Giudizio assolutamente scontato, visto che viene dall'opposizione. Meno scontato è che definisca “iniziative folcloristiche” l'uso del sardo nei rapporti con il governo italiano. Lo sarebbe, scontato dico, se Cappellacci avesse scimmiottato un corretto uso del sardo da parte del Pd e se, contrariamente a quando annunciato, il governo sardo avesse usato “sua lingua” in un moto di stizza e non lo utilizzasse più nei suoi rapporti con il governo italiano. Per ora, che io sappia, solo Sardigna natzione ha usato e usa il sardo nei suoi rapporti interni ed esterni. Non gli altri movimenti indipendentisti, non i partiti nazionalitari, men che mai i partiti italiani, a destra come a sinistra come al centro, e su e giù. Sogno una nazione sarda normale, nella cui società ci sia dato di poter scegliere tra una proposta sovranista improntata a principi di giustizia sociale e una proposta sovranista improntata a principi liberali, entrambe radicate sugli interessi del popolo sardo anche se questi dovessero essere conflittuali con il cosiddetto “interesse nazionale” che – lo sperimentiamo da 150 anni – è l'interesse della sola nazione italiana. Per ora, l'unica proposta sovranista raccoglie consensi molto intrecciati e eretici rispetto agli schieramenti ossificati e fra questi non ci sono quelli del Pd, di confusi riformatori, della sezione italiana di un inesistente partito comunista internazionale e di una frangia nostalgica.
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