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SCUSATE IL RITARDO, MI PIACE LA CALMA, di GLG 3 marzo ‘13

Creato il 03 marzo 2013 da Conflittiestrategie

1. Ormai ritardo del tutto e parto da lontano e con le mie ipotesi, che si rivelano esatte in un discreto numero di casi. Nel 1993, sono convinto che gli Usa (certi “ambienti democratici”) erano già soddisfatti del risultato conseguito in Italia con “mani pulite”, manovra giudiziaria nient’affatto pulita di magistrati assai sensibili al richiamo d’oltreatlantico alimentato mediante il “pentito” Buscetta, utilizzato appunto da questi “ambienti democratici”. Il regime Dc-Psi fu annientato e i piciisti – che avevano cambiato denominazione subito dopo il crollo del “socialismo reale”, esplicitando infine gli accordi intercorsi con gli Usa fin dal 1969 e ulteriormente rafforzati con il ben noto viaggio compiuto in tale paese (1978) dall’altrettanto ben noto loro esponente – erano stati investiti della successione alla guida d’Italia in quanto camerieri prediletti e obbedienti agli ordini statunitensi. Ripeto che probabilmente agli americani ciò bastava, tanto più che l’anno prima con la riunione sul Britannia (solo una data simbolo) era stata messa a punto la svendita di importanti settori strategici dell’industria pubblica, evidentemente giudicata poco sensibile ai diktat dei “cotonieri” italiani.

Per disgrazia degli intelligentoni americani, esistevano in Italia due personaggi meno intelligenti, assai rancorosi invece, che ce l’avevano in particolare con Craxi. Agnelli aveva avuto più volte a ridire con quest’uomo che ben conosceva la funzione antinazionale svolta dalla Fiat, monopolizzatrice del settore auto con gravi danni per l’ulteriore sviluppo (più equilibrato) italiano (non andava nemmeno dimenticata la funzione del gruppo dirigente di tale azienda all’epoca del 25 luglio e 8 settembre 1943). Anche De Benedetti vedeva Craxi come fumo negli occhi poiché aveva bloccato la svendita della SME a lui stesso (una svendita ad un quarto del valore realizzato solo due anni dopo vendendo ad altri) in quanto favore che gli stava facendo Prodi, presidente dell’IRI.

I due avevano ben presente che Craxi aveva tentato di lanciare nuovi settori industriali meno legati ai nostri “cotonieri”, e l’aveva fatto dando in particolare una spinta a Berlusconi. Costui, di cui non so se una radiografia metterebbe in chiara luce una spina dorsale, aveva di fatto già abbandonato il leader socialista nella disgrazia e non si era all’inizio manifestato contrario a “mani pulite”. Gardini fu un po’ più grintoso nel tentativo di compromesso, ma fu spazzato via. I due rancorosi industriali (se si possono definire industriali!), si misero in testa di punire Berlusconi per i suoi trascorsi e la sua ascesa; gli scatenarono quindi contro un altro “genio” (quello che guidava allora i rinnegati piciisti) con la sua “gioiosa macchina da guerra”, che avrebbe dovuto smembrare le aziende del “nostro” e farle cadere nelle mani dei mandanti. Berlusconi tentò all’inizio di far entrare altri in politica, appoggiò subito il patto Mario Segni-Maroni, fatto saltare in 24 ore da Bossi per motivi ignoti, ma che continuo a non credere affatto casuali (in fondo anche la Lega appoggiò all’inizio “mani pulite” per prendersi l’elettorato Dc-Psi; e forse non fu solo questo a provocare il rifiuto del suo leader).

Due-tre mesi prima delle elezioni del ’94, Agnelli – sempre credendosi quel monarca, che aveva dato un contributo al “compromesso storico”, nome in codice del tradimento dei piciisti a favore dell’“atlantismo”, con il patto del ’75 sulla scala mobile firmato assieme a Lama (gli altri leader sindacali furono di contorno rispetto al sedicente comunista, “nemico del capitale”) – lasciò cadere dal suo “maestoso trono” di autentico “tamburo principal della banda d’Affori” la storica frase: “i miei interessi di destra sono meglio difesi dalla sinistra”, passata alla storia come la summa delle prerogative di uno iettatore. Questa la nostra classe dirigente! Agnelli è stato fatto passare per un genio quando la sua limitatezza – basta vedere la liquidazione di Ghidella, dotato di mentalità industriale, per portare in auge il finanziere Romiti; in un’azienda che cianciava di “qualità totale” e altre cazzate varie – comincia a trapelare oggi, ma sempre con gente ancora “timida”, che tuttavia accenna a patrimoni spariti non si sa bene dove e come (o magari invece lo si sa, ma si fa ancora una voluta confusione), ecc. Ma lasciamo perdere, non è questione nostra; così come non possiamo intervenire sui sospetti crescenti circa il “suicidio” di Edoardo Agnelli.

Quanto è accaduto da allora in poi, negli ultimi vent’anni – con l’intervento del Berlusca che ha messo tutti questi “bei tomi” in surplace a faticare in continuazione, a sputtanarsi sempre più mediante uso di una indecorosa magistratura, senza tuttavia mai venire a capo di nulla – è cosa di cui questo blog ha trattato spesso. Non che si sia finito di dire tutte le porcherie che questi “pessimi soggetti” – alcuni difesi dalle loro prerogative istituzionali – hanno combinato a danno di questo povero paese. Comunque adesso saltiamo ai giorni nostri.

2. Si pensava che quella che si è voluta mascherare da sinistra (progressista) – cioè la massa di cialtroni vendutisi per due soldini, scambiati nella loro crassa ignoranza e totale inettitudine per dollari d’oro – avesse imparato qualcosa da tutte le “prese in culo” ricevute dal cavaliere, debole di schiena certamente, non genialissimo, ma furbacchione. Costui è in grado di giocarsi simili rintronati – compreso il “genio” D’Alema, che solo il “malizioso” Cossiga finse di considerare intelligente per blandirlo e manovrarlo come un burattino durante l’aggressione alla Jugoslavia – facendoli morire di rabbia con belle fanciulle pagate per certificare (burocraticamente) le sue prestazioni sessuali, mentre i poveri piddini continuano a fantasticare nella loro “kermesse” a mano.

Vi ricordate quando, in data di cui ora non mi sovvengo, Berlusconi si avvicinò a Obama e a voce sufficientemente alta gli disse che lui era un perseguitato dalla magistratura? I tontoloni di sinistra – ma tonto è soprattutto il “popolo” dei loro fan perché i dirigenti capirono, ne sono convinto – si scandalizzarono per questo ulteriore vulnus alla dignità nazionale, mai offesa invece da tutte le aziende strategiche che essi contribuiscono ad indebolire e a rendere svendibili all’estero. In realtà, Obama rispose a bassa voce, ma poi Palazzo Chigi (ecco il furbone che frega pure Obama) rivelò che egli pronunciò (all’incirca) la seguente frase: “Non preoccuparti: o non caschi o caschi in piedi”. La Casa Bianca non smentì e il furbetto si sentì relativamente tranquillo. Poté svendere tutto ciò che di politico si poteva svendere per non irritare gli Usa della neostrategia, in specie durante la cosiddetta primavera araba; e mandò in malora quel minimo d’asse costituito con Putin e Gheddafi. Tradì tutto ciò che c’era da tradire per evitarsi guai grossi e alla fine accettò di andarsene e di appoggiare perfino il governo finto-tecnico Monti, verso cui poi ci raccontò d’essere stato contrario fin dal primo momento.

Se ben ricordate, ci fu un momento in cui dissi che, se lo avessero lasciato tranquillo, il furbetto avrebbe costituito al massimo un partito del 10-12% (se gli andava più che bene, del 15%) per avere sempre qualche possibilità di manovra; tenuto conto che la stupidità dei suoi avversari gli avrebbe consentito margini d’azione di un qualche rilievo. Ma i rinnegati non imparano mai nulla; qualcosa li rode dentro, non sono tranquilli, si svegliano di notte nel terrore, madidi di sudore, e devono sempre pensare a come cancellare la vecchia onta di non essere riusciti a liquidare il Berlusca per conto di Agnelli e De Benedetti. Sono convinto che Obama, come i vecchi ambienti democratici degli anni ’93-94, era già abbastanza tranquillo, sufficientemente soddisfatto del risultato raggiunto, avendo un Draghi piazzato già da prima della sua elezione alla BCE, avendo ancora per qualche tempo in Italia un ottimo “amico” in Napolitano, che stava guidando Monti a sfasciare tutto il possibile per indebolire e rendere del tutto maneggiabile il nostro paese. Anche la Germania aiutava per i suoi interessi. Tutto tranquillo, dunque.

No, gli americani hanno bisogno di cambiare gli ambasciatori che solitamente inviano a Roma. Questi non capiscono gran che dell’Italia e degli italiani, soprattutto non riescono a comprendere che, quando ampi settori di popolo, di organismi politici e di istituzioni sono abituati a tradire da tempo immemorabile, tutto marcisce e bisogna essere profondi conoscitori dei processi di putrefazione per seguirli nel loro reale evolvere. Obama, dopo lo scambio di quelle frasette con Berlusconi, stava tranquillo. Intanto, però, Napolitano si agitava più del necessario, sceglieva come premier (e futuro successore) un uomo di mediocrità imbattibile, provocava tradimenti presso gente del Pdl di particolare squallore, nel mentre si accresceva l’ingordigia di tutti i deficienti del Pd e Sel. Non parliamo dei magistrati invasati che dovrebbero essere espulsi dal paese a inviati a Timbuctù. Questa che ci si ostina a chiamare sinistra, con tutti i suoi ridicoli strumenti da giocatori delle tre palle, è una massa di coglioni da lasciare senza fiato; decerebrati di tal fatta non si trovano da nessuna parte, sono da campionato del mondo. Vi assicuro, provo un po’ di pena per Obama, perché non si attendeva di trovare simili sprovveduti.

Se avesse chiamato negli Usa Berlusconi, avesse dato a lui i soldi che ha dato alla Fiat per prendersi la Chrysler (cioè per far credere che è così mentre è il contrario), gli avesse concesso di compiere la stessa operazione (apparenza opposta alla realtà) con qualche bella azienda del genere Mediaset laggiù (in modo che avrebbero trovato anche più spazio i figli di primo letto senza troppo sgomitare con gli altri), ecc. avrebbe risolto brillantemente la situazione. Di che cosa aveva paura? Che i traditori, sentendosi traditi, si sarebbero messi a fare la fronda, sarebbero andati “verso est”? Ma va là, questi, appena lo “zio Sam” avesse l’intelligenza di cagarli, sarebbero distrutti, sfracassati, in un anno dovrebbero sciogliere tutti i loro partiti e partitelli. I sindacati resisterebbero forse tre anni, poi anche loro a casa a calci in culo.

3. Ovviamente, scherzo. In ogni caso, penso che l’Amministrazione statunitense non sia gran che preoccupata per quanto avviene in Italia. Forse più inquieti sono i tedeschi, ma anche qui non confondiamo le carte. In definitiva, con queste elezioni, si sono agitati di più i socialdemocratici teutonici, di livello politico e mentale non troppo più elevato di quello dei nostri “piddini”. Del resto, poveracci, forse si sono persino sacrificati per fornire un “assist” a Napolitano; di modo che questi fosse in grado di riconquistare un po’ della sua dignità e influenza largamente corrose per farsi passare quale grande mediatore e manovratore nel trovare qualche soluzione “all’italiana”.

Non mi si chieda adesso di esprimermi su tutte le formule che potrebbero essere escogitate per continuare a svolgere in Italia la non politica degli ultimi vent’anni. Resto un po’ sorpreso di fronte agli entusiasmi di chi pensa che la vittoria del malcontento e della protesta irrazionale e a-politica (detta antipolitica in modo del tutto improprio) sia il sintomo di una svolta storica nel nostro paese, e di una svolta sostanzialmente positiva. Sono un “corrotto” dalla politica, credo che questa debba sempre guidare le azioni compiute in una data società. Se qualcuno fa scomposta agitazione moralistica e grida all’anti-politica, capisco a volo che si tratta come minimo di pasticcioni (speriamo non peggio). Certamente, il sintomo di malessere esiste, forse è profondo, forse lo è meno (o comunque molto mal indirizzato) di quanto certuni sperano. In ogni caso, non vengo a dire che nulla è accaduto (ma quel che avvenne nel ’93-’94 fu forse nulla?). Tuttavia, resta l’“acerbità” di un popolo disabituato a discutere di vera politica. Non nutrirei quindi illusioni in eccesso.

In ogni modo, non voglio nemmeno prendere subito e di getto posizioni da assumere semmai quando i giochi di coloro, che hanno le carte in mano, si faranno più chiari. Per il momento, credo che anche chi sta al vertice del sistema Italia sia molto incerto. Ciò che deve essere tenuto presente, però, è che tale sistema, come detto già più volte, è eminentemente “aperto”; la sua evoluzione interna dipende all’80% almeno dallo scambio di “materiale energetico” con l’esterno. La vera politica è questo materiale, ed esso proviene dall’estero; per tale motivo qui da noi ci si limita al moralismo e scandalismo: è il modo di assolvere gli impegni presi con i mandanti di altri paesi (uno sopra a tutti), senza che il popolo possa rendersi conto d’essere in mano ad altri per il suo destino. La Magistratura è un pezzo rilevante di questa struttura orientata al ricevimento degli ordini dall’esterno. E non c’è bisogno che i singoli magistrati siano dei servi; è sufficiente consentire loro di agire secondo le ossessioni formalistiche, la completa ignoranza politica e strategica, tutti presi come sono dai codici e dalle “fattispecie”. Il problema non è loro, è di chi li lascia liberi di compiere operazioni che sono “naturalmente” distruttive, perché questo è il loro compito precipuo quando sono privi di museruola.

I più preoccupati all’estero non possono non essere i tedeschi, poiché la Germania ha assunto un ruolo di guida (o comunque di primaria rilevanza e influenza) in ambito euro-unionista. Ai tedeschi interessa nella sostanza poco dell’andamento dell’economia reale italiana. L’importante è che non debbano di fatto trasferire “risorse” per sostenere politicamente un certo governo; non nel senso precipuo del Governo, semplicemente un certo orientamento nell’amministrazione degli affari italiani, interni ed esteri. Il costo diverrebbe superiore a quello dell’unificazione della Germania. Credo che gli Stati Uniti, come già detto, siano più tranquilli, grazie alla loro potenza, alle basi (non solo militari, sia chiaro) che hanno da noi; possono effettuare un controllo a distanza, con una certa elasticità e senza far troppo vedere le briglie (e la frusta). L’atlantismo è un veleno inoculato per settant’anni e ha agito pervadendo e guastando ogni aspetto della vita degli europei, compresi ormai in pieno i francesi che, grazie al gollismo, resistettero un po’ di più.

Non vi è alcun modo di ripartire, cercando di disintossicarci dal veleno, se si continua con fughe in avanti circa l’arrivare presto agli Stati Uniti d’Europa (con decine di culture, lingue, costumi, modi generali di vita, ecc. del tutto diversi, forgiati in secoli e secoli di storia). Non c’è unificazione monetaria che tenga, non c’è “dittatura” possibile di una Banca Centrale, ha ben poco senso l’elezione di un autentico Parlamento unico, l’instaurazione già avvenuta di una zona di libero scambio e di “virtuosa” competizione mercantile, la generica (e falsa) volontà di svolgere una politica estera comune. Ingenuità, comunque colpevole, oppure furfanteria di maneggioni che tentano soluzioni di ripiego per mantenere i popoli europei sotto l’egida statunitense? Perché non vi è alcuna autonomia possibile con l’utopia di un’unione politica reale dell’intera Europa o anche di gran parte dei suoi paesi.

Si deve (o, detto meglio, dovrebbe) prendere le mosse dall’esistente, da paesi diversi l’uno dall’altro con il mantenimento, e rafforzamento, degli Stati detti nazionali, che non hanno affatto finito la loro funzione, non sono per nulla soverchiati – come hanno preteso certi cretini e farabutti, anche “ultrasinistri” – dalle imprese multi (anzi trans secondo i cretini di cui sopra) nazionali. Sono soverchiati invece dalla strapotenza statunitense, dopo il veleno atlantista sparso, come appena ricordato, da settant’anni e con l’unica, inane, resistenza di De Gaulle. Non credo si debba riprendere con l’ideologia della grandeur, tanto meno mi sembra ci si possa scaldare al suono della parola Patria. E nemmeno si deve credere che possiamo rifarci al nostro “grande passato”. Meno che meno lo può l’Italia, ma sono convinto che conviene anche ad altri paesi europei non esaltarsi troppo.

Si deve ricominciare. E lo si deve dal potenziamento dei vari Stati. I quali non sono però entità mistiche, benevole o malefiche, bensì strumenti dell’operare di determinate forze. O queste rappresentano la servitù, così com’è oggi, oppure devono essere delle élite che sappiano andare ben oltre la comprensione (sempre stata storicamente scarsa per non dire nulla) delle popolazioni. I paesi europei – e anche in tal caso l’Italia è un paradigma difficilmente superabile – sono sistemi aperti; aperti a correnti straniere, la più forte delle quali sappiamo bene da dove proviene, e da settant’anni a questa parte! Ci sono i soliti frettolosi che vorrebbero mettere il “carro avanti ai buoi”, che forse pensano sia “la coda a muovere il cane”. Deve invece nascere prima un cagnolino, con il suo bel codino ancora debole e tremolante. Si deve formare e crescere, in alcuni paesi europei, una nuova forza (lo ripeto: d’élite!) in grado di proporsi – poi si vedrà, strada facendo, se con metodi (fintamente) “democratici” come quelli in voga attualmente, o in altro modo – la presa di possesso dello strumento Stato per usarlo in funzione del turare le falle, le voragini, di quei “sistemi aperti” che sono tali paesi. Non si propone un misero protezionismo economico, ma una decisa protezione politica rispetto agli influssi stranieri (soprattutto uno).

Simili forze d’élite non nasceranno d’un colpo, non si formeranno certo a partire dal malcontento popolare e dal suo interno, un malcontento mai capace di capire i veri termini del problema. Anzi, va detto di più: se tale malcontento esplode prima della nascita di minimi nuclei di nuove élite, se è affidato a demagoghi della “comunità d’intenti”, del “tutti decidono tutto”, dell’“ognuno porta il suo contributo in perfetta eguaglianza con gli altri”, e altre menzogne e/o sciocchezze simili, possiamo essere certi della completa ed esaustiva apertura di quel sistema/paese all’esterno, della sua devastazione e sottomissione totale a centri dominanti esteri. Tali eventuali nuove élite, se si manifestassero in dati paesi della nostra area, dovrebbero porsi in collegamento fra loro ben prima della presa dello Stato (insisto: come strumento di “otturazione” delle troppe falle di un sistema aperto).

Se un simile processo avrà modo di innescarsi non è dicibile adesso. In ogni caso, non credo proprio che sarà rapido; dubito che possa acquisire una forza sufficiente prima del reale affermarsi del multipolarismo, al momento assai imperfetto. Impossibile, dunque, fare previsioni esatte; molto dipende da fattori che adesso non siamo in grado di conoscere, non comunque nella loro importanza e peso quanto ad effetti futuri. E’ tuttavia ragionevole affermare fin d’ora la scarsa incidenza del ridiscutere adesso i trattati dell’unione europea odierna. Mi pare che siamo pur sempre “al carro avanti ai buoi”! I trattati vengono considerati come se avessero valore in sé, al di fuori dei rapporti di forza tra le varie organizzazioni politiche europee oggi esistenti; rapporti di forza di cui i trattati sono il condensato, la precipitazione. Essi valgono – ma sempre stiracchiati in vari sensi – fin quando non avvengano veri mutamenti e lacerazioni nell’ambito di tali organizzazioni, oggi maggioritarie nella nostra area; e tenendo conto della perdurante prevalenza dell’influsso “atlantico”, d’oltreoceano. Si crede, in una situazione internazionale simile, a ritocchi dei trattati, a nuove formule più favorevoli “ai popoli”? Sinceramente, ne dubito assai. Lieto sempre di sbagliarmi, ma continuo a pensare che simili pensieri siano sciocchezze utopiche.

Senza stare tanto a discutere sulle prospettive di alleanze e collegamenti tra gli organismi partitici dopo le elezioni italiane, senza interessarsi ossessivamente delle prospettive di questo o quello schema di governo – per favore, manteniamo fermo il giudizio circa la pochezza della “democrazia elettoralistica” – cerchiamo di analizzare la nostra penosa situazione e di cogliere anche i primi sintomi, certo al momento non individuabili, di un qualche sussulto di interesse per nuove élite che abbiano come programma la “riparazione” di questo colabrodo che è il nostro sistema/paese nei confronti di ogni spiffero proveniente dall’esterno. Vedremo.


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