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Narra di se stesso, Knud Romer, della sua adolescenza di ragazzino figlio di una tedesca che per le combinazioni della vita si è trasferita in Danimarca, dopo la seconda guerra mondiale. E che per quanto faccia, finisce per attrarsi addosso tutti i risentimenti che i danesi hanno accumulato nei confronti dei tedeschi durante il nazismo.
E Porco tedesco è il titolo di questo libro particolare, curioso, che vuole essere molte cose insieme, trovando proprio in questo il suo limite e la sua ricchezza.
Non impiccatevi al titolo, che dà una chiave di lettura riduttiva e banalizzante.
Non è mica solo la questione di un adolescente che sente di essere nato nel posto sbagliato. Su queste pagine si può ragionare sul fatto che i ragazzini possono essere terribilmente crudeli nei confronti dei loro coetanei; che le radici di questa crudeltà affondano quasi sempre in quello che vivono e sentono in famiglia; che anche nella civilissima Danimarca non era (e presumibilmente non è) estranea ai germi dell'intolleranza, della xenofobia, del fare comunque di ogni erba un fascio.
Un libro che può essere interessante anche solo per questo. Ma che a me ha convinto di più nelle pagine in cui ci accompagna dentro la vita di una piccola cittadina danese e poi dentro gli interni di una famiglia decisamente squinternata.
ps: vorrei saperne di più su Knud Romer, personaggio che deve essere piuttosto particolare, di cui leggo che, oltre a essere stato attore in un film di Lars Von Trier, ha pubblicato un’antologia sulla stupidità, una guida ai bagni pubblici di Copenhagen e numerosi altri singolari trattati, sulle pasticche alla menta come sul suicidio autoerotico.
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