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Se capitasse a te?

Da Femminileplurale

Immaginate 54 punti di sutura. Immaginate una sbarra metallica. Ora immaginate che ci sia qualcuno che con quella sbarra vi provoca delle ferite tali che i medici devono ricurcirvi con quei 54 punti di sutura. Immaginate poi che vi lascino in un bagno di sangue, quasi morte, all’aperto, in pieno inverno, in mezzo alla neve.

Immaginate tutto il dolore in quel momento e la sofferenza fisica e psicologica nei giorni seguenti. Immaginate il tempo che ci vorrà per riprendere piano piano una vita che possa considerarsi normale.

E adesso immaginate che quello che vi ha fatto tutto questo, dopo nemmeno qualche mese di reclusione venga spedito fuori dal carcere, agli arresti domicialiari – in attesa del processo.

E se siete uomini e lo sforzo di immaginazione vi risulta difficile, immaginate che questo succeda a vostra figlia, alla vostra fidanzata, a vostra sorella, a vostra madre o a vostra moglie.

Riportiamo la lettera inviata alla Ministra Severino da Maria Gabriella Carnieri Moscatelli Presidente del Telefono Rosa, pubblicata sul blog la 27esima ora.

Egregia Ministra Severino,

addolorata, allibita e infuriata ho letto con sgomento questa mattina sul Corriere della Sera che l’ex caporale dell’esercito che è accusato di aver stuprato e quasi ucciso una giovane ventenne tre mesi fa all’Aquila, ha avuto gli arresti domiciliari. Da quando si è diffusa la notizia, abbiamo ricevuto centinaia di mail, il mio telefono ha squillato in continuazione, tutte le volontarie, le amiche e gli amici della nostra associazione ci manifestano con un’onda irrefrenabile il loro dolore e la loro incredulità. Mi chiedono non solo di dare solidarietà e aiuto alla giovane vittima, ma di porre a Lei, Signora Ministra, preparata, competente e stimata alcune domande.

Sono 25 anni che operiamo al fianco delle vittime, invitandole innanzi tutto a denunciare. Una percentuale bassissima (i nostri dati dicono l’8%) di donne trova il coraggio di farlo. Ci dica, signora Ministra, dopo una decisione simile con quale animo possiamo continuare il nostro lavoro?

Tre mesi fa questa giovane ventenne non solo è stata stuprata, ma ha rischiato di morire. Oggi il nostro sistema giudiziario consente gli arresti domiciliari all’accusato, infliggendo alla vittima un ennesimo terribile dolore. Con che forza possiamo dire alle donne di denunciare e a questa ragazza di credere nella giustizia?

Come possiamo, Ministra Severino, trovare ancora motivazioni in questa lotta immane se non sentiamo vicino a noi una giustizia degna di questo nome? E come può il fenomeno della violenza non restare sommerso e venire alla luce in tutta la sua profondità, se questo è il messaggio che diamo alle donne e agli uomini, ai giovani e alle giovani del nostro Paese?

In un momento cosi duro per la nostra società, noi abbiamo il dovere rispondere con fermezza a situazioni simili o di mettere in campo nuovi strumenti, se evidentemente quelli esistenti non sono adeguati. Se questo non accadrà continuerà la barbarie del femminicidio, della violenza domestica, degli stupri e di tutte le forme di violenza sulle donne che nella nostra civilissima Italia, hanno numeri spaventosi.

Signor Ministra, quale sarà il suo impegno per non farci sentire mai più così umiliate e umiliati? Quale l’impegno del Governo Italiano e del Parlamento tutto?

Chiudo questa mia lettera a lei, Ministra Severino, con un abbraccio alla vittima che in questo dramma si è sentita sola, non protetta dalla giustizia ed ha perso fiducia nel nostro Paese. A lei diciamo che noi del Telefono Rosa ci siamo, siamo pronte ad aiutarla. Ma è lo Stato italiano che questa volta non può restare in silenzio e fermo.


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