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Se Dostoevskij ha continuato a scrivere

Da Marcofre

Piovve per quattro anni, undici mesi e due giorni.

 

Si tratta di un brano tratto da “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez. Mi è tornato in mente per la pioggia che cade con regolarità da settimane, con qualche breve sosta.

Dopo che me lo sono rammentato, ho riflettuto sul tono di un autore. La sua personalità, l’autorevolezza con la quale scrive, o dovrebbe.
Non credo che sia interessante domandarsi come si ottiene.

Il cuore del problema sonnecchia da un’altra parte.
Chi scrive è presuntuoso, dovrebbe essere evidente. Presume di ignorare quello che conta sul serio, e conosce bene quello che non conta nulla, eppure la considerazione per queste cose è sempre altissima, tra le persone. Vale a dire i lettori: ecco perché non c’è troppa simpatia tra chi scrive, e chi legge.

Chi scrive va a caccia delle giuste domande, non delle risposte. Siccome non le conosce, indaga. Non ha idea di che cosa troverà.

Tolstoj nel romanzo “Resurrezione” sbaglia, ahimè. Non perché la sua conversione sia qualcosa di errato, oppure che dovrebbe stare fuori dalla sua opera, anzi. Ci può stare benissimo, il problema è che lui è (d’accordo, era: ma uno del suo calibro “è” sempre, giusto?) uno scrittore. Deve mantenersi equidistante da ogni posizione.

Dostoevskij (ancora lui?) scrive “Delitto e Castigo” e riesce a rendere Raskolnikov avvincente e credibile. Ma che cosa ha da spartire lo studente povero e cupo, con lo scrittore che ha abbandonato le idee socialiste, ed è tornato al cristianesimo?

Poco. Ma non aveva trovato la risposta? Se Dostoevskij ha continuato a scrivere, vuol dire di no, o meglio, erano le domande che premevano. Solo gli estremisti quando hanno trovato la risposta, la ripetono come una sorta di mantra in grado di sconfiggere dubbi o avversità. Tutti gli altri sanno che la risposta non elimina le domande, ma semmai complica di più la faccenda.

Torniamo all’autorevolezza. Il termine deriva da autorevole, che discende da autore: colui o colei che fa crescere, che accresce. Non stiamo parlando perciò di una persona qualunque, ma di una persona speciale. Però, chi ha voglia di essere autorevole? Si viene guardati male: chi diavolo si crede di essere?

Meglio scrivere quelle storie tranquille, di successo, che piacciono tanto. Che intrattengono sempre e che mai (mai!) provano a svelare il cuore nero dell’individuo.


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