A destra pensavano di averla fatta franca ma non avevano fatto i conti con la sindrome tutta italiana dell’”assenza del potere”. L’unico vero collante di gente diversa, se non opposta ideologicamente e caratterialmente, è stata finora una torta di decine di miliardi di euro che forzisti, ex fascisti, fascisti ancora in divisa e fez, leghisti, ciellini e laici si sono divisi senza alcun pudore. L’imperativo con il quale il Pdl ha condotto la sua battaglia per le prossime amministrative di maggio è stato quello del “presentarsi a tutti i costi con il nostro simbolo”. Detto, fatto, i dirigenti locali non solo non si presenteranno con il simbolo del partito ma andranno a stringere alleanze con “chi ci sta” pur di continuare a governare. Ma questo non è solo il segnale di “voglia di potere ora e per sempre”, è l’inevitabile implodere di contraddizioni latenti, e ora via via sempre più evidenti, della eterogenea composizione del popolo berlusconiano. Le forze che lo animano, private del comando, hanno deciso di mostrarsi finalmente con il loro vero volto, e i forzisti della prima ora hanno scoperto che poco hanno a che fare con gli ex di An, così come i laici di quella che fu Forza Italia trovano ormai insostenibile la presenza dei cattolici integralisti di Comunione e Liberazione, forza di Dio e dell’Euro. In questo momento è soprattutto al Nord che la destra è alle corde. Da Gorizia a Mondovì è tutto un fiorire di nuove alleanze strette intorno ai simboli di liste civiche perché se i pidiellini vogliono allearsi con la Lega sanno benissimo che con il loro marchio di fabbrica non vanno da nessuna parte. A Gorizia il sindaco uscente del Pdl, dopo il cambio del simbolo in “Popolo di Gorizia”, ha trovato l’appoggio della Lega, dell’Udc e perfino di Fli. A Mondovì, dove si chiamerà “Popolo della Granda”, Pdl e Lega si sono ricompattati. Lo stesso a Cuneo, solo che qui i vecchi fascisti non ci sono stati e hanno bocciato il nuovo “Popolo di Cuneo”. A Como ne sono successe di tutti i colori. Sulle rive del lago è nata la strana alleanza fra gli ex di An e quelli di CL a discapito del laici del Pdl i quali hanno detto: “Se non ti uniformi a questa banda prendi i manganelli in testa. I fascisti sono sempre fascisti”. A Monza sarà durissima perché la Lega si è messa di traverso alla variante del piano regolatore che avrebbe dovuto portare alla edificazione di Milano 4, creatura di Paolo Berlusconi. Non si sa se per alzare il prezzo o quant’altro, ma se la spaccatura con la Lega dovesse continuare c’è il rischio che il comune passi a una amministrazione di centrosinistra e allora, addio Milano 4. A Monza c’è una spaccatura ormai insanabile non solo con il partito di Bossi ma anche fra Paolo Romani (e quindi Silvio) e Roberto Formigoni, una roba da stracci che volano. A Verona, pur di appoggiare il sindaco leghista Tosi, molti pidiellini hanno voltato le spalle al partito e fondato “Forza Verona”. A Lecco è nata “Forza Lecco” della sciura Brambilla, una lista che fin dall’inizio non ha voluto saperne dei fasci. La crisi del Pdl arriva anche al centro Sud e il caso dell’Aquila lo dimostra. Nel capoluogo abruzzese Berlusconi ha candidato un suo uomo, Pierluigi Properzi. La fregatura (per lui ovviamente) è che nessuno del Pdl lo appoggia preferendogli un altro candidato dal facile cambio di casacca (Dc, Udc, Udeur, MpA), Giorgio De Matteis molto vicino al governatore Chiodi (roba da). Cicchitto, alias 2232, e Gasparri sono in allarme. La situazione gli sta sfuggendo di mano e non sanno più a quale benefit votarsi pur di ricondurre a ragione il loro sgangheratissimo esercito. A fronte del marasma che anima in queste ore il centrodestra, il Pd cosa fa? Va ancora alla ricerca del “moderato” da catturare, preferibilmente “casiniano”, preferibilmente contro l’articolo 18 sulla scia dei veltroniani e dei renziani. E se uno del popolo di sinistra, quella vera non pitturata di rosa pallido, prova a dire che le regole della democrazia sono diverse da quelle di un partito che si crede potente ma non lo è affatto, viene visto come l’incidente di percorso da togliere di mezzo per continuare il cammino verso le accomodanti e suadenti sponde centriste. Amici cari, se non scoppia anche la contraddizione fra le anime del Pd siamo punto e a capo. Con la scusa del post-ideologismo questo paese si sta trasformando in un immenso bordello a cielo aperto, come le discariche campane. Manca solo la puzza, ma quella arriverà, tranquilli.
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Se il Pd è messo male il Pdl si sta rompendo. Tosi: “Occorre svuotare il partito di Silvio”.
Creato il 31 marzo 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
A destra pensavano di averla fatta franca ma non avevano fatto i conti con la sindrome tutta italiana dell’”assenza del potere”. L’unico vero collante di gente diversa, se non opposta ideologicamente e caratterialmente, è stata finora una torta di decine di miliardi di euro che forzisti, ex fascisti, fascisti ancora in divisa e fez, leghisti, ciellini e laici si sono divisi senza alcun pudore. L’imperativo con il quale il Pdl ha condotto la sua battaglia per le prossime amministrative di maggio è stato quello del “presentarsi a tutti i costi con il nostro simbolo”. Detto, fatto, i dirigenti locali non solo non si presenteranno con il simbolo del partito ma andranno a stringere alleanze con “chi ci sta” pur di continuare a governare. Ma questo non è solo il segnale di “voglia di potere ora e per sempre”, è l’inevitabile implodere di contraddizioni latenti, e ora via via sempre più evidenti, della eterogenea composizione del popolo berlusconiano. Le forze che lo animano, private del comando, hanno deciso di mostrarsi finalmente con il loro vero volto, e i forzisti della prima ora hanno scoperto che poco hanno a che fare con gli ex di An, così come i laici di quella che fu Forza Italia trovano ormai insostenibile la presenza dei cattolici integralisti di Comunione e Liberazione, forza di Dio e dell’Euro. In questo momento è soprattutto al Nord che la destra è alle corde. Da Gorizia a Mondovì è tutto un fiorire di nuove alleanze strette intorno ai simboli di liste civiche perché se i pidiellini vogliono allearsi con la Lega sanno benissimo che con il loro marchio di fabbrica non vanno da nessuna parte. A Gorizia il sindaco uscente del Pdl, dopo il cambio del simbolo in “Popolo di Gorizia”, ha trovato l’appoggio della Lega, dell’Udc e perfino di Fli. A Mondovì, dove si chiamerà “Popolo della Granda”, Pdl e Lega si sono ricompattati. Lo stesso a Cuneo, solo che qui i vecchi fascisti non ci sono stati e hanno bocciato il nuovo “Popolo di Cuneo”. A Como ne sono successe di tutti i colori. Sulle rive del lago è nata la strana alleanza fra gli ex di An e quelli di CL a discapito del laici del Pdl i quali hanno detto: “Se non ti uniformi a questa banda prendi i manganelli in testa. I fascisti sono sempre fascisti”. A Monza sarà durissima perché la Lega si è messa di traverso alla variante del piano regolatore che avrebbe dovuto portare alla edificazione di Milano 4, creatura di Paolo Berlusconi. Non si sa se per alzare il prezzo o quant’altro, ma se la spaccatura con la Lega dovesse continuare c’è il rischio che il comune passi a una amministrazione di centrosinistra e allora, addio Milano 4. A Monza c’è una spaccatura ormai insanabile non solo con il partito di Bossi ma anche fra Paolo Romani (e quindi Silvio) e Roberto Formigoni, una roba da stracci che volano. A Verona, pur di appoggiare il sindaco leghista Tosi, molti pidiellini hanno voltato le spalle al partito e fondato “Forza Verona”. A Lecco è nata “Forza Lecco” della sciura Brambilla, una lista che fin dall’inizio non ha voluto saperne dei fasci. La crisi del Pdl arriva anche al centro Sud e il caso dell’Aquila lo dimostra. Nel capoluogo abruzzese Berlusconi ha candidato un suo uomo, Pierluigi Properzi. La fregatura (per lui ovviamente) è che nessuno del Pdl lo appoggia preferendogli un altro candidato dal facile cambio di casacca (Dc, Udc, Udeur, MpA), Giorgio De Matteis molto vicino al governatore Chiodi (roba da). Cicchitto, alias 2232, e Gasparri sono in allarme. La situazione gli sta sfuggendo di mano e non sanno più a quale benefit votarsi pur di ricondurre a ragione il loro sgangheratissimo esercito. A fronte del marasma che anima in queste ore il centrodestra, il Pd cosa fa? Va ancora alla ricerca del “moderato” da catturare, preferibilmente “casiniano”, preferibilmente contro l’articolo 18 sulla scia dei veltroniani e dei renziani. E se uno del popolo di sinistra, quella vera non pitturata di rosa pallido, prova a dire che le regole della democrazia sono diverse da quelle di un partito che si crede potente ma non lo è affatto, viene visto come l’incidente di percorso da togliere di mezzo per continuare il cammino verso le accomodanti e suadenti sponde centriste. Amici cari, se non scoppia anche la contraddizione fra le anime del Pd siamo punto e a capo. Con la scusa del post-ideologismo questo paese si sta trasformando in un immenso bordello a cielo aperto, come le discariche campane. Manca solo la puzza, ma quella arriverà, tranquilli.
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