Durante il convegno su “Donne e media” a palazzo Madama, il (articolo maschile usato appositamente per lei) presidente della Camera Laura Boldrini si è scagliata contro «certi spot», che «ogni volta che li vedo mi chiedo: sarebbero messi in onda all’estero?».
Cos’hanno di grave queste pubblicità? Violenza su minori? Maltrattamento di animali? Pestaggio di anziani? No, molto più grave: «Non può essere concepito normale uno spot in cui i bambini e il papà sono seduti e la mamma serve a tavola». Questi sono i problemi che non fanno dormire di notte il nostro presidente Boldrini.
Tuttavia, più correttamente ha continuato lamentandosi del corpo della donna usato per attirare l’attenzione in tante pubblicità, dimenticandosi però che, assieme al dilagare della pornografia e dunque della donna come oggetto sessuale, è un regalo della rivoluzione sessuale sessantottina, di cui lei certamente è una sostenitrice. Lasciamo comunque replicare le donne, le tantissime donne che hanno commentato l’ennesima affermazione poco felice della Boldrini.
«Cara Boldrini, servo in tavola e sono felice» ha scritto Elena Loewenthal su “La Stampa”. «Quello della madre che serve a tavola la sua famiglia, additato dal presidente della Camera Laura Boldrini, non è uno stereotipo, un emblema di sfruttamento e mortificazione. E’ una realtà, tal qual viene rappresentata, immaginata, aspettata. E non è necessariamente un atto di sottomissione, di servilismo – anche se di servire si tratta. Perché cucinare per le persone cui vuoi bene è un atto d’amore».
Maddalena Bertolini ha ragione: «gli spot alla “mulino bianco” o di qualche sofficino non servono certo a guarire ferite profondissime» presenti nelle nostre famiglie. Tuttavia, «certe affermazioni sono solo incoerenti, insensate, non montiamo polemiche, non ci scandalizziamo. Non ne vale la pena. Sorridiamoci sopra. Non è una pubblicità più o meno studiata dal marketing a decidere il mio bene, la mia dignità: ma uno Stato che garantisca lavoro, studio e un sistema egualitario, fiscale, giudiziario. Ancor più a fondo: è una famiglia che ha educato alla condivisione e alla libertà, alla bellezza di servire gli altri con amore che permettono a un uomo (e a una donna) di essere giusto, onesto, che gli danno la forza di lottare perché tutti abbiano pari diritti e dignità».
La scrittrice Giulia Tanel ha aggiunto: «Le donne non hanno alcun interesse ad essere delle mere fotocopie degli uomini, semplicemente perché sono diverse e possono dare molto di più. Pretendere che una donna pensi e agisca come un uomo non equivale a valorizzarla, bensì a svilire la sua dignità intrinsecamente differente. Uomini e donne sono per natura diversi, molto prima che per motivi di ordine sociale e culturale. Le donne trovano la loro piena realizzazione nell’accogliere, nell’ascoltare, nell’amare, nel servire, nel sacrificarsi per il bene dell’altro. Non è un caso se sono le donne ad avere il privilegio di portare in grembo un figlio: chiedere la stessa disponibilità all’accoglienza totale, al sacrificio, all’amore senza calcoli a un uomo non è possibile».
Una risposta è arrivata anche da Guido Barilla, presidente della nota multinazionale, il quale ha affermato: «Per noi il concetto di famiglia è sacrale, rimane uno dei valori fondamentali dell’azienda. La salute, il concetto di famiglia. Non faremo uno spot gay perché la nostra è una famiglia tradizionale. A uno può non piacere. Se gli piace la nostra pasta, la nostra comunicazione, la mangiano. Se non gli piace quello che diciamo, faranno a meno di mangiarla e ne mangiano un’altra. Ma uno non può piacere sempre a tutti. Non lo farei, ma non per una mancanza di rispetto agli omosessuali, che comunque hanno il diritto di fare quello che vogliono e ci mancherebbe altro, però senza disturbare gli altri, ma perché non la penso come loro e penso che la famiglia cui ci rivolgiamo noi è comunque una famiglia classica. Nella quale la donna, per tornare al discorso di prima, ha un ruolo fondamentale, è il centro culturale di vita strutturale di questa famiglia». Ovviamente è già partita la campagna reazionaria per boicottare la pasta Barilla, ma è la solita noiosa e violenta risposta di chi non è capace di accettare e rispettare le idee diverse dalle proprie.
Divertenti alcuni tweet ironici contro la fobia del sessismo della Boldrini, raccolti da “Il Giornale”. Alcuni esempi: “Nel cognome #Boldrini inaccettabile presenza di desinenza plurale maschile. Chiamatela Boldrine, please”; “Basta con questo sessismo schifoso, basta con questa storia che a partorire debbano essere solo le donne”; “Se la botte non è piena, chi l’ha detto che debba essere la moglie ubriaca e non il marito?”; “Se un commerciante paga il pizzo, una commerciante paga la pizza?”; “La Boldrini contro gli spot in cui le mamme cucinano e servono a tavola. A casa sua, a tali incombenze, provvede la servitù”; “Basta usare l’appellativo donna. È una forma di discriminazione. Chiamiamola uoma”.
La redazione