In Italia per ogni 100 donne che entrano nel mercato del lavoro si possono creare fino a 15 posti aggiuntivi nel settore dei servizi. L’ingresso nel mercato di 100 mila donne oggi inattive farebbe crescere il nostro PIL di 0,3 punti l’anno.
Maurizio Ferrera, ll fattore D
Nonostante i numeri parlino chiaro e mostrino i vantaggi che una maggiore occupazione ed attività femminile apporterebbero all’economia, in Italia poco viene fatto per agevolare ed incentivare il lavoro delle donne.
L’Italia si conferma un paese con poche, se non assenti, politiche di welfare a supporto di donne con figli o con persone indigenti a carico comportando l’impossibilità di conciliare lavoro professionale e cura della famiglia e l’obbligo di rinunciare ad un lavoro.
Da un’analisi dell’Osservatorio sull’imprenditoria femminile curato dall’Ufficio studi di Confartigianato (che verra’ presentato alla 15a Convention di Donne Impresa Confartigianato, il movimento che rappresenta 365.000 imprenditrici artigiane, organizzata a Roma il 21 e 22 ottobre) emerge che la spesa pubblica per politiche di welfare a sostegno di donne con figli è inferiore del 39,3% rispetto alla media UE (20,3 miliardi, equivalente all’1,3% del Pil). Nel dettaglio, i numeri mostrano che:
- la spesa pubblica per le politiche a sostegno delle nascite è del 26,6% inferiore alla media UE (3,1 miliardi)
- la spesa pubblica per le politiche a sostegno della crescita dei bambini è del 51,2% inferiore alla media UE (3,1 miliardi), mentre quella per i giovani under 18 è del 51,5% sotto la media UE
Non sorprende quindi il costante calo delle nascite, influenzato anche da una delle crisi economiche più dure che l’Europa abbia mai affrontato, per l’esattezza la natalità infantile è diminuita del 7,3% dal 2001 al 2008. Come non sorprende il tasso di inattività femminile pari al 46,5%, ovvero quasi 1 donna su 2 è inattiva in media sul territorio nazionale con punte del 65% al sud.
In questo scenario lucubre, mancano programmi e riforme rivolti ad incentivare il lavoro femminile, quando invece la crisi economica poteva essere l’opportunità da cogliere al volo per mettere mano ad un sistema obsoleto e non linea con gli altri paesi europei che invece sfruttano le potenzialità dell’universo femminile.