Se Netanyahu elogia Scarlett Johansson
Benjamin Netanyau ha tenuto ieri, martedì 4 marzo, una conferenza all’Aipa, lobby americana filo-isrealiana. I contenuti sono stati i soliti: Siria, Palestina, rapporti Usa-Israele. Il tutto condito con un ringraziamento all’attrice Scarlett Johansson.
«Quelli che si oppongono al boicottaggio come Scarlett dovrebbero essere applauditi». Ha detto il premier.
La vicenda si riferisce a poco più di 2 mesi fa, quando L’attrice (protagonista “vocale” del premiato Her di Spike Jonze), rinunciò al ruolo di ambasciatrice presso una Ong contraria all’occupazione israeliana in Cisgiordania. La controversia fu causata dalla decisione di Scarlett Johansson di concludere un contratto pubblicitario con SodaStream, società produttore di gasatori per bibite con sede principale proprio in Cisgiordania. L’Ong Oxfam Global ritenne incompatibile i due ruoli dell’attrice, e dopo una settimana di polemiche arrivarono le dimissioni di quest’ultima.
Curiosa la cancellazione del discusso spot durante lo spettacolo annuale del Superbowl, finale campionato di football americano. Sotto accusa le parole “Sorry Pepsi and Cola”, pronunciate dalla sensuale voce dell’attrice. Fu violata la normativa delle pubblicità comparativa statunitense, non avendo lo spot, mostrato alcun dato che dimostrasse un’effettiva superiorità di SodaStream sulle due multinazionali.
Durante quei giorni non poche furono le critiche nei confronti di Scarlett Johansson che nel suo blog dello Huffington Post scriveva: «Rimango una sostenitrice della cooperazione economica e sociale fra Israele e Palestina. SodaStream è una società che non solo è attenta all’ambiente, ma si occupa anche di costruire un ponte di pace fra Palestina e Israele, incoroggiando palestinesi e israeliani a lavorare l’un con altro ricevendo pari stipendio con eguali diritti. Questo è quello che succede nella fabbrica di Ma’ale Adumin ogni giorno. E proprio come ambasciatore per Oxfam ho potuto vedere in prima persona che alcuni progressi ci sono stati; è quello che succede quando due comunità lavorano assieme ed entrambe sono soddisfatte della grande qualità del prodotto e dell’ambiente di lavoro».
Ma’ale Adumin fu la causa principale delle polemiche. Lo stabilimento di SodaStream in Cisgiordania si trova nel territorio occupato militarmente da Israele e rivendicato dai palestinesi».
Tale dichiarazione, oltre gli insulti provocarono perplessità e prese in giro. Oxfam in passato aveva più volte dichiarato la propria opposizione a ogni tipo di affare con entità economiche o produttive israeliani in territori occupati.
In parole povere Ma’ale Adumin, un vero e proprio insediamento è considerato illegale dalla comunità internazionale e condannata da molte Ong. Oltre che la Oxfam Global, nota e mastodontica federazione di 17 associazioni umanitarie non governative, anche la newyorkese Human Right Watch (gruppo per i diritti umani) si schierò contro Scarlett Johansson e a favore di Oxfam.
Il boicottaggio economico, a cui si è riferito oggi Netanyahu, sembra giorno dopo giorno prendere piede. Boicottaggi di protesta per le politiche occupazioniste di Israele in Palestina. Il premier ha spesso definito gli attori di tale boicottaggio “Antisemiti con panni moderni”. Oggi il premier è stato particolarmente duro nei confronti degli attivisti filo-palestinesi che all’estero conducono la campagna per isolare Israele: «Tutti dovrebbero sapere che l’acronimo BDS ( Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) sta per bigottismo, disonestà e sciocchezza.
Il fatto Johansson avvenne in un momento già per esso delicato dei rapporti tra Israele-Palestina con un John Kerry impegnato nel ruolo di mediatore per far ripartire un dubbio processo di pace.
Le parole del premier israeliano di quest’oggi, non sono apparse delle più distensive.
Premettendo le volontà di un accordo Netanyahu, avrebbe detto che spetta ai palestinesi riconoscere Israele «E’ tempo che i palestinesi smettano di negare la storia: proprio come Israele è pronto a riconoscere uno Stato Palestinese, i palestinesi devono essere preparati a riconoscere uno Stato ebraico».
Immediata la replica di Nabil Shaath, membro del Comitato centrale di Fatah, movimento che fa a capo al presidente palestinese Abu Mazen: «Netanyahu ha annunciato di non volere una soluzione di pace alla questione dei rifugiati e di volere un riconoscimento dell’ebraicità dello Stato di Israele il che è assoulutamente inaccettabile». Shatt avrebbe inoltre accusando il primo ministro israeliano di “rifiutare le regole dei negoziati, considerando la conferenza all’Aipac una vera e propria “dichiarazione unilaterale di fine dei negoziati”