Il vaticanista dell’Unità, Roberto Monteforte, continua: «E’ stato così per tanti in questi anni. Qualcosa di più della semplice assistenza e di diverso dall’elemosina. Un presidio di umanità. Sia per chi ha usufruito dei servizi, sia per quell’esercito di volontari che hanno arricchito di senso loro vita». E probabilmente con grandissimo disappunto da parte di Marco Politi, non esita a dire: «È un merito della Chiesa italiana».
Il giornalista parla della grande ramificazione della Caritas sul territorio nazionale, «una presenza spesso scomoda per il potere e per le istituzioni. Un testimone straordinario di questa fedeltà al Vangelo e all’uomo è stato nella Roma degli anni ‘80 monsignor Luigi Di Liegro. Il primo direttore della Caritas diocesana era in prima linea dove scoppiavano le emergenze: tra i senza casa che avevano occupato i locali abbandonati della Pantanella, tra i malati di Aids, tra i poveri e i barboni cui assicurava un tetto, un pasto caldo, assistenza sanitaria e accoglienza. Di Liegro invitava a guardare alle cause del disagio, alle ingiustizie che offendevano l’uomo. Senza timore ha denunciato chi speculava sulle aree e sul lavoro. Perché considerava la fedeltà al Vangelo più forte del potere economico e politico, della difesa degli interessi dei potenti. Ha pagato il prezzo dell’incomprensione e dell’isolamento, ma la sua testimonianza ha reso credibile la Chiesa di Roma e ha dato frutto».
La Caritas si è ramificata nelle parrocchie, continua. Ha operato nelle zone di frontiera più difficili. Giovani, minori, immigrati, donne in difficoltà, anziani soli ed oggi sempre più i «nuovi poveri»: «gente normale», di ceto medio, precipitata improvvisamente nel disagio, aiutati dai «centri di ascolto», dagli «Osservatori delle povertà» e dai «laboratori» delle parrocchie e gli oltre 14 mila servizi socio-sanitari.