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Se scrivi, evita questi errori

Da Marcofre

se scrivi, evita questi errori

Non credo che esista un mezzo per insegnare a scrivere, come ripeto spesso. Immagino però che esistano delle indicazioni, o linee guida, che possono essere di aiuto. Quelle che io posso elencare, nascono dalla mia esperienza personale, ma scommetto che aiutano anche altri. E allora?
Allora andiamo a vedere quali sono gli errori da evitare.

Scrivi una storia che piaccia

Quante volte hai letto o sentito questa frase? Naturalmente ci sono diverse declinazioni e versioni: “Una storia vincente”, “Una storia che incontri il favore del pubblico”. Mai una volta che qualcuno spieghi prima come riuscirci. Perché dopo sono capace pure io: dopo che ho scritto Harry Potter e ho venduto milioni di copie ti dico:

Ascolta caro, devi scrivere una storia che piaccia”.

Per come la vedo io: scrivi una storia al meglio delle tue possibilità. Soprattutto leggi tanto, e leggi non solo i classici, ma i contemporanei. Devi parlare ai vivi, non ai morti.

Scrivi una storia perfetta

Ho terminato da qualche settimana la lettura del racconto “Alla casa del Gatto che giocava a palla” di Balzac. Una storia perfetta? Niente affatto: contiene un errore. Quindi non è perfetta? Non importa: ricordati che una storia deve comunicare.
Flannery O’Connor confondeva il paraurti col parafango, nel racconto “Greenleaf”. Non sto dicendo che errori o strafalcioni sono i benvenuti, al contrario. Dico (anzi, l’ho già scritto e adesso lo riscrivo), che una storia deve comunicare. Creare un ponte col lettore.

Scrivi di quello che conosci

È un classico. Non posso evitare di parlarne per un motivo molto semplice: si continua ancora a ribadire questo concetto.
D’accordo: se scrivi una storia che parla della caccia alla balena, un paio di anni su una baleniera sono utili. Ma Tolstoj era un uomo: e come la mettiamo con “Anna Karenina”?
Dostoevskij ha davvero ammazzato un paio di persone per calarsi meglio nella parte di Raskolnikov? Quello che ti serve è imparare a osservare, ad ascoltare, e a tacere.

Tutto serve!

No, non è vero. Quello è un modo di scrivere che andava bene quando frequentavi la scuola. L’insegnante voleva un bel foglio zeppo di parole, ed era soddisfatto.
Qui, dove per “qui” intendo “il favoloso mondo della scrittura” ci sono altre regole. Sei nella massima divisione, e mi pare che in parecchi non se ne rendano conto. Hai a che fare con gente del calibro di Balzac, Zola, Simenon, DeLillo… Sul serio pensi che questa gente sia diventata quello che è lavorando con la betoniera? Niente da fare: punta, mazzetta e cesello. Spesso e volentieri: ascia. Se non sai tagliare, eliminare, non sai scrivere.

Stare addosso alla storia

Non stare troppo addosso alla storia. Alla fine rischi di non avere più la visione d’insieme che è necessaria per produrre qualcosa di almeno interessante. Non è soltanto perché in questa maniera salteranno fuori errori, refusi, ripetizioni… Certo, anche questo.
Se invece te ne vai in esilio, se abbandoni insomma lo scritto, e ti dimentichi il suo odore: al tuo ritorno avrai più forza e lucidità. Sarai in grado di apprezzare meglio cosa hai scritto e saprai di cosa c’è bisogno per migliorare quanto di buono è presente. Se è presente.

Solo per i tuoi occhi

Un altro paio di occhi che siano in grado di vedere cose che tu non vedi, è qualcosa di indispensabile. Perché ami troppo la tua storia, e le perdoni tutto. Anche certi toni esagerati, goliardici. Invece è necessario mettere sotto esame il proprio lavoro, affidarlo ad altri. Amici? Conoscenti? Non so consigliare. Esiste il rischio che se ti conoscono siano accomodanti. Un consiglio “dato col cuore” può traviare, portarti su un percorso sbagliato dal quale forse ritornerai tra qualche anno. Forse occorre capire innanzitutto se la persona che riceverà la tua opera legge e come legge. Il modo con il quale posa lo sguardo su una pagina (non importa quindi il numero dei libri letti, anche se è certamente utile), la sua capacità di cogliere dettagli, sfumature.


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