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Se senti puzza di merda, allora sei vicino alla verità

Creato il 18 maggio 2012 da Ciro_pastore

SE SENTI PUZZA DI MERDA, ALLORA SEI VICINO ALLA VERITÀ Nel Trasporto Pubblico Locale liberalizzazione non dovrebbe fare rima con privatizzazione SE SENTI PUZZA DI MERDA, ALLORA SEI VICINO ALLA VERITÀ Il grande gruppone unico della lobby politico-affaristica ha trovato l’alibi perfetto: la crisi Giorgio Gaber – L’odore http://www.youtube.com/watch?v=Nw3BrtWfMAY ) Gli antichi latini, dall’alto della loro saggezza, ammonivano “excusatio non petita accusatio manifesta”.  In queste ore su giornali, social network e nel corso di interviste televisive, tutti i principali esponenti politici regionali (Governatore Caldoro in testa) si sono sobbarcati la vacua “fatica di Sisifo” di negare qualsiasi risvolto consociativo in questa improvvisa svolta collaborativa, in corso fra maggioranza ed opposizione. Con gli opportuni distinguo, ed in politichese spinto, emerge che, sia una parte che l’altra, sono concordi sulla natura puramente contenutistica di questa nuova stagione di “ collaborazionismo”. È tale la fermezza, e in qualche caso la veemenza, delle dichiarazioni che il sospetto che si tratti di “scuse non richieste” si trasforma, da possibilità teorica, in certezza pressoché matematica. L’opposizione che crede nell’alternanza (IDV - SEL) sbraita e grida allo scandalo, invocando, forse solo a parole, le dimissioni di Caldoro. Nel PDL, la posizione è ancora più scomoda. Non possono schierarsi per le dimissioni del Governatore, ma nemmeno possono accettare silenziosamente questo definitivo abbraccio fra le frange centriste del PD, UDC e caldoriani. Ma quale è stato lo strumentale catalizzatore di tanta rinnovata volontà di responsabilità? Semplice: la crisi economica, ma non quella internazionale delle banche e degli spread negativi. Piuttosto, è la crisi di un sistema economico che, in questa regione, negli ultimi decenni si è basata su fondi nazionali ed europei distribuiti a pioggia ed ad penis canem(tradotto = a cazzo di cane). Ora che la pioggia si è trasformata in siccità, e che il livello di indebitamento regionale è prossimo a quello di una manovra nazionale (15 miliardi di euro), una lobby politico-affaristica non vede di meglio da fare che “aprirsi” ad una stagione di liberalizzazioni, accompagnate da rapide privatizzazioni. Per adesso cominciando dal trasporto locale, poi si vedrà. Si badi bene, peraltro, che la direttiva comunitaria sulle liberalizzazioni non obbliga il TPL allo scorporo della rete dal trasporto. Ma siccome nessuna norma lo esclude espressamente, le Regioni possono avviarlo comunque, qualora ne ravvisassero l’utilità. Quindi, lo scorporo è una scelta politica ed economica, non un obbligo normativo. È pur vero, però, che anche l’accantonato(?) progetto di fusione per incorporazione in EAV delle aziende operative prevedeva, in una fase successiva, lo scorporo dei due rami d’azienda. Ma in quell’ipotesi – peraltro sempre percorribile – lo scorporo era una divisionalizzazione , non la creazione di una nuova entità giuridica mediante cessione di ramo d’azienda, così come già realizzato con la precedente esperienza EAVBUS. Ma la crisi conclamata, e quasi irreversibile, della Regione Campania è giunta strumentalmente a proposito. Si sono create le condizioni per un’improvvisa ed inattesa accelerazione dei processi di ristrutturazione giuridica del gruppo EAV. Ma far questo, con una maggioranza traballante, era praticamente impossibile. Caldoro, ma soprattutto i suoi fidi scudieri e consiglieri, da vecchie volpi della politica, sapevano bene che occorreva trovare “nuovi e più avanzati equilibri” (Francesco De Martino docet). In parole povere, visto che il plotone PDL era pronto ad impallinare con il classico “fuoco amico” Caldoro, è divenuto indispensabile trovare una confortevole e morbida sponda in quella parte dell’opposizione meno intransigente e più nostalgica del recente passato gestionale. Ecco così giungere in aiuto di Caldoro una sorta di soccorso ex rosso (ora rosa tenue) che, pur consapevole di scatenare le ire della base e degli alleati, si è comodamente adagiatasul divano di velluto, gentilmente offerto da Caldoro, sempre più in versione Dux della gens garofanina. Ma di puro responsabilismo si tratta, giammai di vituperato consociativismo. Vabbè, se poi a fronte di tanta responsabilità, Caldoro sua sponte vorrà concedere qualche comodo strapuntino (leggasi la poltrona di Direttore Generale in EAVBUS, corredata di qualche altra posizione neodirigenziale) a capaci ed autorevoli manager di area PD, nessuno restituirà sdegnato al mittente il grazioso cadeau, e anche l’Uomodel Colle ne sarà grato. Nelle pieghe di questo nuovo equilibrio fra parti politiche così responsabili ed integerrime, una volta avverse ma, d’ora in avanti, cobelligeranti, si insinua la privatizzazione del ramo Trasporto ferroviario. Se, e dico se, il progetto andasse in porto, si passerebbe, in un sol colpo, da tre aziende a due, di cui la prima (RETE) condenserebbe in sé infrastrutture e materiale rotabile e la seconda (TRASPORTO ) si occuperebbe, in modalità snella e leggera, del servizio passeggeri. Nella RETE resterebbero i debiti pregressi e la zavorra risorse umane, con un evidente accollo all’intera comunità regionale di decenni di sperperi. La nascente newco TRASPORTO, invece, sarebbe libera da pesi inutili e pronta a produrre fin da subito redditività, forte di un contratto di servizio, a quel punto, lucroso. Peraltro, le risorse umane ad essa attribuibili (essenzialmente: macchinisti, capi treno, pronto intervento e qualche amministrativo) sono in buona parte (e nel giro di 2/3 anni) pensionabili, perché ancora valida, per loro, la categoria “dei lavori usuranti”. Questa vantaggiosa condizione determinerà la necessità per la nuova azienda di dover far ricorso a nuove assunzioni che, guarda caso, coinciderebbero con il rinnovo del Consiglio Regionale del 2015. A meno che il progetto non naufraghi autonomamente nelle pastoie legali o, come sembra dall’incontro odierno, per espressa volontà di un vertice EAV che ogni volta apre un fronte nuovo per richiuderlo immediatamente. Ma tutto ciò, proposte e loro frettoloso ritiro, non fa altro che alimentare uno stato di totale indeterminatezza che porta al caos operativo. Nell’attesa che qualcuno dia le proprie irrevocabili dimissioni, stante la palese incapacità a scegliere una linea strategica,ai lavoratori non resta che provare a rimescolare le carte per impedire che il caos regni sovrano. Come? Un’idea su cui rifletto da qualche tempo (con la fattiva collaborazione di uno sparuto gruppo di colleghi) è capovolgere la logica dei tagli e delle privatizzazioni. Si tratterebbe, in sostanza, di provare ad immaginare un nuovo modello organizzativo e di offerta, basato su una maggiore produttività individuale e su una diversa allocazione delle risorse umane. In sostanza, più corse a fronte di costi complessivi inalterati. Un servizio metropolitano attestato sulle linee a doppio binario, fatto di treni navetta con frequenza intorno ai 10 minuti (magari in composizione singola negli orari di morbida), utilizzando ETR svuotati di buona parte dei posti a sedere e, quindi, capaci di trasportare un maggior numero di viaggiatori. Nella restante parte della rete, invece, si potrebbero diradare le corse, aumentando l’integrazione di afferenza e sostitutiva della gomma. Nelle tratte metropolitane aumenterebbe la produttività del personale di macchina che potrebbe essere giustamente ricompensata da un incremento sostanzioso e proporzionale delle indennità, autofinanziato dai recuperi derivanti dal radicale abbattimento dello straordinario. Se poi ci fosse l’augurabilissima uscita dal sistema UNICOCAMPANIA, si potrebbe pensare a forti recuperi di introiti da traffico, mediante un severo inasprimento del sistema della controlleria a terra, utilizzando per tale compito gli eventuali esuberi fra gli amministrativi. Come si vede, si tratta di soluzioni praticabili tecnologicamente ed utili per il riequilibrio della gestione economica ordinaria che possono essere ulteriormente implementate ed affinate. Ovviamente, occorre innanzitutto la volontà politica e la forza sindacale per condividere un progetto, all’apparenza “rivoluzionario”. Si tratta di sottrarsi, e non solo per puro spirito difensivo, ad una logica sbagliata e strumentale, quella dei tagli delle corse e dei livelli occupazionali e retributivi, per provare ad “aprirsi” ad un futuro diverso. E siccome il passato è già fallito, perché non decidere di cambiare per salvare un patrimonio pubblico che nelle mani di un “prenditore” privato provocherebbe un arretramento che non è solo delle condizioni umane ed economiche ma, innanzitutto, della società nel suo complesso. Ciro Pastore – Il Signore dei Conigli   LEGGIMI ANCHE SU http://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/

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