Adora Svitak
Homines dum docent discunt (Seneca)
Il termine “infantile” viene usato spesso, nel linguaggio quotidiano, per indicare comportamenti irrazionali: il Vocabolario Treccani attesta che si può dire “di atteggiamenti, atti, discorsi che, in un adulto, rivelano mentalità e intelligenza poco sviluppate rispetto all’età, o sono comunque bambineschi, puerili”.
Questa definizione circolare ci conferma che i bambini diventano, nel linguaggio quotidiano, il termine di paragone che svilisce, serve ad offendere. E le bambine se la passano anche peggio, come avevamo avuto occasione di dire sul “pettinare le bambole”.
Un determinato uso linguistico può essere accettato o rifiutato sulla base del politicamente corretto solo formale, oppure si può andare più a fondo, immaginando cosa provano i bambini e le bambine ad essere definiti così e chiedendoci cosa ci perdiamo noi adottando questa prospettiva.
Ci pensavo da un po’ poi ho trovato che il discorso è stato affrontato da Adora Svitak, giovanissima scrittrice e blogger che difende il diritto dei bambini e delle bambine all’educazione- tema al centro della seconda Giornata Internazionale delle bambine, che si celebra oggi.
Adora sostiene che il termine “infantile” viene sempre usato come sinonimo di “illogico, irrazionale” in modo negativo e parziale, trascurando la parte più creativa del pensiero “infantile”, quella di cui il mondo avrebbe bisogno, quella che porta idee audaci, creatività selvaggia e, specialmente, ottimismo:
“la nostra audacia nell’immaginare aiuta a spostare i confini del possibile”
I grandi sogni dei bambini meritano grandi prospettive, sostiene Adora, a partire dalla volontà degli adulti di imparare dai bambini e non solo di insegnare loro:
“Imparare dovrebbe essere una cosa reciproca tra adulti e bambini
La realtà, sfortunatamente, è un po’ diversa
E ha molto a che vedere con la fiducia, anzi con la sua mancanza”
Adora Svitak
Mi succede spesso, quando mia figlia duenne mi chiede di disegnare con lei, di trovarmi a disagio. Mi accorgo che ammiro le sue cose e che ogni mio intervento è immediatamente riconoscibile. Anche se faccio solo trattini o puntini o impronte con le dita, i miei segni tendono inevitabilmente a creare un senso: si mettono in riga, tappano buchi, formano schemi, riempiono vuoti.
I suoi segni no, non seguono schemi, sono liberi. Liberi davvero, incredibilmente belli. Se un giorno qualcuno le insegnerà a disegnare (e tutto il resto), spero si ricorderà di darle nuovi strumenti, senza distruggere quello che già sa. Che le riconoscerà competenze, saperi, anche se fuori dagli schemi.
Anzi, proprio quelli fuori dagli schemi. Infantili.
Link
Adora Svitak, il blog
Unicef, Giornata Internazionale delle bambine
Theme for 2013: Innovating for Girls’ Education
Un libro
Il bambino è competente, Jesper Juul (qui nella recensione di Lunamonda)
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