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Se Tina Modotti avesse avuto Instagram

Creato il 16 giugno 2014 da Paola Sereno @paolasereno

Approfittando di una domenica di pioggia torinese, sono finalmente andata a vedere la retrospettiva che Palazzo Madama, ormai in fissa con le mostre fotografiche, dedica a Tina Modotti. Come sottotitolo di questa mostra domenicale scriverei: quando il personaggio si intreccia così inestricabilmente all’arte da non riuscire più a valutare, in modo oggettivo, se amiamo la donna o la fotografa.

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Come donna, Tina Modotti fu senz’altro straordinaria. Bruna e passionale come le messicane, era in verità una friulana di Udine. Nata alla fine dell’800 ed emigrata giovanissima, è stata modella, attrice a Hollywood, fotografa, rivoluzionaria in Messico, amica di Frida Kahlo e Diego Rivera. Una che, ci fosse stato Instagram negli anni ’20, altro che selfie allo specchio in bagno. Con una vita così, di spunti per fare belle foto ne trovi più che una casalinga di Voghera, questo è certo. Fosse stata sui social network, Tina, pensa quanti follower! Anche se lei stessa, verso la fine della carriera, disse di non riuscire a stare al passo con le tendenze, che volevano i fotografi in strada a rubare istantanee con apparecchiature molto più leggere di quelle a cui lei era abituata. Niente iPhone per Tina, insomma, anche se di certo sarebbe stata una webstar, tanto più oggi che non c’è bisogno di essere dei della reflex, se sei un tizio interessante che ha una vita interessante. Con questo, attenzione, non voglio dire che le fotografie della Modotti non siano belle, né ricadere nel cliché che vuole le artiste donne belle e sceme, “muse di” come altre sono mogli o figlie di. Anche se Tina, ad essere sinceri, fu musa prima che artista, cronologicamente parlando.

Dico solo che, a mio parere, nel caso della Modotti la vita supera l’arte. Non stupisce, dunque, che la mostra si apra con fotografie in cui Tina non è dietro, bensì davanti all’obiettivo, ritratta da Edward Weston in primi piani intensi e in nudi che potrebbero essere stati scattati l’estate scorsa per quanto sono moderni (ma prima di condividerli online, attenzione ai filtri sui contenuti espliciti).

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Non è politically correct, dunque, sostenere che quello che ci piace di Tina Modotti è il suo essere stata una pasionaria, rivoluzionaria comunista dura e pura, dalla vita sentimentale burrascosa: dal marito pittore Robo all’amante Edward Weston,  che la ritrasse nuda e poi le insegnò a fotografare, al super-caliente rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella. Bellissima, pasionaria, in perenne esilio (da Udine a San Francisco, da Los Angeles al Messico, fino in Russia), compagna e amica di uomini affascinanti, Tina sembra dotata della peculiare caratteristica di essere al momento sbagliato nel posto sbagliato: fu accusata dell’attentato al presidente messicano, l’amante Julio Antonio Mella venne assassinato mentre passeggiava al suo fianco (e lei lo fotografò sul letto di morte, bello come un adolescente addormentato), infine lei stessa morì, quarantaseienne, dentro un taxi che la portava a casa. Niente male, insomma, per una ragazza degli anni ’20 figlia di una sarta e di un carpentiere.

Spesso paragonata a Frida Kahlo, la Modotti frequentò sì il suo stesso ambiente, ma scelse di esprimersi con l’assoluta aderenza al vero propria del mezzo fotografico. Tina documenta un Messico altero e rivoluzionario, e le sue foto sono perfetta espressione dei suoi ideali politici. Dai ritratti di messicani comuni, il “popolo” come si diceva una volta, tra cui la bella immagine che fa da locandina alla retrospettiva, a immagini che sono perfette pubblicità della rivoluzione, come “Falce, martello e sombrero” – più un simbolo che una foto – o il dettaglio di mani callose su un badile, non a caso entrambe copertine della rivista “El Machete”.

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Non che Tina volesse essere un’artista. Forse, era troppo rivoluzionaria e troppo comunista per aspirare a un così borghese ideale.

Sempre, quando le parole “arte” e “artistico” vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo… Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente perché io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni.»

E uscendo dalle sale di Palazzo Madama resta il dubbio “cosa ci ha affascinato di più, il racconto della vita di Tina Modotti o i suoi scatti?”

Fino al 9 ottobre 2014.
Tutte le informazioni su: www.palazzomadamatorino.it

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