RECENSIONE
L’ultima frase del riassunto recita “La grande forza del romanzo è la qualità della scrittura: ogni parola è stata calcolata e calibrata con precisione e lo sviluppo del romanzo è impeccabile” e non posso che sottoscrivere. In questo romanzo – che è ottimamente tradotto, oltreché ottimamente scritto – neanche una parola è lasciata al caso, tutto è cesellato con una cura maniacale per ogni singolo particolare. Guardate, ad esempio, con quale esattezza espressiva l’autore riesce a descrivere la compassione suscitata nella gente il giorno della morte dei genitori del protagonista, rimasti uccisi in un incidente d’auto:Si tratta di uno scritto metaletterario, dove l’autore fa tante (davvero tante) digressioni programmatiche molto condivisibili sulle interferenze che intercorrono tra vita e letteratura, spesso mettendole in atto anche attraverso stratagemmi che stanno a metà tra il teatro dell’assurdo pirandelliano e l’esercizio di stile, che ricorda “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Calvino (come hanno denotato a ragione già alcuni critici catalani).
Chiunque si interessi di letteratura e teoria della letteratura, chiunque possa trovare appetibile la parabola di un uomo-personaggio la cui unica interazione col mondo è la stesura del suo colossale Diario, in questo libro troverà pane per i suoi denti e nuova linfa per le sue riflessioni. Qualcuno si domanderà se un libro così possa piacere anche a chi non ama i romanzi esistenziali né le riflessioni sulla letteratura. Ecco, a mio parare la risposta è no: anche il piccolo spunto giallo, che dovrebbe indurre il lettore a voltare pagina per scoprire quale sarà la prossima mossa che lo Scrittore escogiterà per mettersi in contatto col protagonista, è poco efficace. Mi sono arrovellata sul perché un meccanismo simile funzionasse benissimo in un romanzo come “L’ombra del vento” di Zafon e non funzioni affatto in questo caso. Mi sono data questa risposta: il protagonista e lo Scrittore de “L’uomo manoscritto” non sono dei veri personaggi, né vogliono esserlo; non hanno un nome, una fisionomia, una faccia; sono delle ombre fatte di parole che quindi, per la loro stessa natura umbratile, non possono creare legami di empatia con nessuno, nemmeno con il lettore.
In definitiva si tratta di una pubblicazione coraggiosa e avanguardistica, ma, con tutto l’amore che posso avere, da filologa e da letterata, per l’autoreferenzialità della letteratura, stavolta non posso che dare ragione a Proust: un romanzo che contenga delle teorie è come un oggetto cui sia stato lasciato sopra il cartellino del prezzo. Solo per addetti ai lavori. Motivati. L’AUTORE Nato nel 1963 a Sueca, città della provincia di Valenzia, in Spagna, Manuel Baixauli è un pittore, oltre che scrittore. Nel 1998 ha pubblicato la raccolta di racconti Espiral, cui è seguito il romanzo Verso, acclamati dalla critica.