Magazine Psicologia
In una società priva di contenuto, dove prevalgono il denaro e il potere, anche un certo tipo di seduzione genera consumismo, riempiendo il vuoto esistenziale, attraverso una comunicazione mediata da oggetti, a volte di lusso: telefonini, smarthphone, tv, internet, radio, chat, sms, telecamere virtuali. Ma anche automobili di lusso, ville, vacanze a cinque stelle, cene etc etc… La relazione diventa un oggetto. L’ammirazione diventa uno sguardo erotico “comprato” dall’oggetto e dagli oggetti. La relazione oggettuale diventa, così, modo narcisistico di porsi all’altro e alla società. In termini psicoanalitici, la seduzione “che compra e che si fa comprare”, mantiene l’autoconservazione del sé, nascondendo la paura di un’ulteriore ferita narcisistica, legata alla propria immagine e al proprio status. Lasciarsi sedurre e sedurre non è facile oggi: le paure, i timori, le preoccupazioni, i pensieri sono tanti e il vuoto umano da riempire è altrettanto carente di riflessione.
La seduzione contemporanea porta con sé i fantasmi dell’abbandono e del rifiuto: attraverso i mezzi più facili, come internet e la chat, invece, questo non accade. Si porta una maschera, una difesa del sé, che impediscono una relazione vera, umana. L’intimità è un’altra cosa. Il romanticismo amoroso, pure. La seduzione, oggi, è mercificazione del corpo, senza interesse poi: molte relazioni virtuali, infatti, nascono e finiscono lì, non portando conseguenze significative per il coinvolgimento affettivo e sessuale. Si ha paura di situazioni troppo forti, intime, e in sostanza, di entrare in relazione con l’altro/a.
La precarietà della relazione è anche precarietà della seduzione, del corteggiamento, dello stare insieme, delle cose semplici, della bellezza. Corpi venduti, dialoghi spiccioli, abbreviati, perché c’è fretta: il desiderio viene bruciato subito, altrimenti ne rimarrebbe un’esperienza insipida e angosciosa. La fretta, lo stress, il testosterone: chiamateli come volete! L’amato, l’amata non esistono più: solo metaforiche rappresentazioni lontane, forse ignote, lunghissime malinconie stupefacenti, favole che si raccontano da bambini, stupidi film d’amore? Dov’è la bellezza? Lo spirito “apollinneo” e “dionisiaco” nicciano, la potenza dell’uomo, dove sono finiti? Allora la seduzione oggi rappresenta un fenomeno di negazione, di compravendita, di perdita? Se non vi è relazione, rapporto, senza costrizione fisica, allora ci sono dei grossi limiti, e difese psichiche da non sottovalutare. Come affermò Heidegger: “… nell’ampiezza su cui è posto il nostro essere umani… in quel gioco di cui siamo messi noi mortali”.
La seduzione oggi, è ripetitiva, monotona, senza sforzi, senza fatica, non aperta all’approfondimento e anche al cambiamento. Diventa così un’abitudine, legata a vecchi schemi di comportamento e di essere nel Mondo e nella società. L’abitudine diventa oggetto stesso di abitudine! L’esperienza virtuale o danarosa della seduzione non costruisce: alimenta un gioco triste, vulnerabile, capriccioso, infantile. Oggi, infatti, si parla di “toy boy”, ragazzo oggetto, partner “in vendita”. I partner sono come beni di consumo: usa e getta, proprio come facciamo quando vediamo un oggetto in una vetrina; non esitiamo a sostituirlo con quello che abbiamo comprato in precedenza.
Non c’è più tempo, non esiste più l’attesa, il fremito, il desiderio del desiderio: da una parte, la precocità sessuale dei ragazzi/e e dall’altra, i quotidiani episodi di violenza fisica subiti soprattutto dalle donne. Una seduzione sempre più a breve termine?
La seduzione, oggi, non costruisce esperienza. Non c’è continuità, ma resistenza e quindi negazione del divenire e del mutamento. Ci sono, invece, la rinuncia alla relazione, la fuga, il facile dimenticare, la paura dell’intimità. Non a caso, sono in aumento le disfunzioni sessuali anche tra i più giovani: in Italia, si stima che ne soffrano 3 milioni! Senza un cambiamento reale nel gioco della seduzione, il presente non è che ripetizione dei giochi del passato. Non esistono promesse, memorie, garanzie nel rapporto: relazioni “liquide” come definisce Bauman. Ci si chiude a limitate possibilità, ci si preclude dallo sperimentare, dallo sperimentarsi e dal re-inventarsi ogni volta. L’inevitabile conseguenza è una maggiore chiusura con se stessi e con l'altro.
Claudia Sposini, psicologa
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