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Segnalazioni vicino-orientali

Creato il 24 agosto 2010 da Lucas

Sulla questione del conflitto tra israeliani e palestinesi non ho molto da dire, ma trovo interessante la piega che ha preso il discorso inaugurato ieri da Andrea Zanni con una lettera a Malvino, il quale ha risposto da par suo ma trovando nei commenti suggestivi interventi e contrastanti (leggere Leonardo e Qubrick); poi c'è Giovanni Fontana con un post suo e un suo articolone sul Post. Inoltre, tra il non letto di ieri, trovo Eschaton, il quale, parlando di un libro pseudo-provocatorio di Shlomo Sand, L'invenzione del popolo ebraico, Rizzoli, tra le altre cose scrive:

«La ricerca di Sand è interessante, fintanto che si limita a raccontare le operazioni culturali e ideologiche messe all’opera nell’Ottocento per costruire il mito sionista. Nessuna segreta cospirazione: un libro simile lo si potrebbe scrivere su Mazzini o sull’abate Sieyès, su George Washington, su Ataturk. Ma Sand questo non lo dice, e si capisce che sta cercando lo scandalo. Lo storico israeliano, specialista della storia dei nazionalismi, dimentica di segnalare ai lettori meno accorti che gli ebrei non sono un’eccezione: è proprio il concetto di popolo a essere una finzione, qualcosa che va costruito, una moda ottocentesca. Vale per gli ebrei, per gli italiani, per i francesi e perbacco… per i palestinesi. Ecco, appunto, i palestinesi. Ma Shlomo Sand non scrive nemmeno un capitolo sull’invenzione dei palestinesi, un popolo tanto vero da chiamarsi come una divisione amministrativa dell’impero romano.

I popoli sono tutti inventati, e questo non li rende meno reali. Sono la forma provvisoria che prendono certe rivendicazioni economiche e politiche. La maggior parte delle nazioni nasce da un programma d’ingegneria linguistica e filologica, talvolta da una falsificazione. Probabilmente il sionismo fu un progetto davvero catastrofico, tra i peggiori esiti del nazionalismo ottocentesco, ma gli argomenti di Shlomo Sand non lo rendono più sbagliato».

Infine, come supplemento, segnalo anch'io un libro: Régis Debray, À un ami israélien, Flammarion, Paris 2010 (ancora non tradotto) e, sempre di Debray, un'intervista radiofonica con la partecipazione dell'ex ambasciatore israeliano a Parigi.


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