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Sembra un uovo ma non è

Creato il 22 aprile 2011 da Paperoga

Sembra un uovo ma non èDomenica di primavera. Un borgo toscano in cima ad una collina dove la natura è appena esplosa nei colori e negli odori, tra prati verdi puntellati di fiori e i cipressi “che alti e schietti
van da S. Guido in duplice filar, quasi in corsa giganti giovinetti mi balzarono incontro e mi guadar
”. C’è il sole e un fresco venticello che, mentre cammini sul pendio, ti impedisce anche di pezzare di sudore. Ovunque è calma e silenzio. I sapori dalle cucine poco prima di pranzo ti conducono spiritato verso la vicina osteria dove addenterai una fiorentina grande quanto una tavola da surf e berrai a garganella litrate di Chianti. In compagnia di persone care, si discute e si scherza, e i volti rilassati dopo una mattinata di peregrinazioni lente su e giù dai colli si preparano a desinare, complici e in piena sintonia di intenti e di pensiero.

Gli equilibri cosmici, in questo momento, paiono immoti e favorevoli, e la mente leggera quasi permette all’anima stessa di ritornare all’Uno. Mentre cammino sul ciottolato della stradina, con le braccia dietro le spalle e la spalla lievemente incurvata, ogni segno del tempo, ogni stupro del presente, ogni inganno del passato, paiono vendicati. Alzo dunque il viso verso il cielo, come per un attimo ripreso dal dubbio antico e riposto se davvero possa infine esistere un Dio facitore di cotanta bellezza, quando dallo stesso cielo d’improvviso rapidi movimenti, un volteggiare che non ti aspetti, strani esseri che squarciano l’equilibrio degli eventi, un rumore come di spruzzo, un gesto di spregio e di sfregio, e quando capisco che due piccioni mi sono planati ad un metro e uno di loro mi ha cagato sui pantaloni, è troppo tardi.

Rimango immobile, lo sguardo sorpreso, stupito. Mi guardo i pantaloni ed è come se qualcuno mi avesse cucinato un uovo al tegamino e me l’avesse impiattato sulla coscia. Ma il silenzio della sorpresa e l’incasso passivo di questo sfregio durano poco. Da quel momento, un susseguirsi di reazioni che mi sforzerò di catalogare con l’oggettività dell’antropologo.

  1. La rabbia del Senzadio.

Dimentico di ogni dubbio al riguardo, comincio a smitragliare una sequela di bestemmie ognuna delle quali si sgrana ad un ritmo sincopato quasi si trattasse di un rosario imbastito per una messa nera. Le oscure maledizioni si generano da sole, quasi per partenogenesi, l’una da un pezzo dell’altra, e l’altra variante malata dell’altra ancora.

In circa un minuto la mia furia cieca comincia a placarsi. Per accorgermi che accanto a me giocavano felici due bimbi ed ora mi guardano con timore, e che davanti a me c’è una cappella incassata sul muro con una Madonna di gesso, che pare rimproverarmi con le sue dita di gesso. Doc è tentato dal misurarmi la pressione, la moglie di Doc quasi si mette le mani nelle orecchie, in Sunofyork l’imbarazzo si taglia a fettine.

2. La promessa dell’assassino.

Bypasso il problema di chi abbia creato il piccione scacazzone e mi concentro proprio sul volatile. Come se non fosse ormai volato chissà dove, gli inveisco sopra come se fosse davanti a me tra lo sconcerto generale.

“BRUTTO FIGLIO DI GRAN PUTTANA! CAZZO IO TI BECCO, QUANTO E’ VERO DIO IO TI BECCO MALEDETTO FIGLIO DI LURIDA BALDRACCA! AH, CANE MALEDETTO, DOVE CAZZO VAI TORNA QUA SE HAI CORAGGIO!!”

Tutto questo mentre gesticolo verso il cielo, coi pugni minacciosi o con le dita a forma di pistola, facendo Bum e Ka-boom con la bocca, mentre Sunofyork è l’imbarazzo impersonificato e Doc e mugghiera fanno finta di non conoscermi.3. La paranoia del bombardato.

Mentre cerco di tamponare con kleenex e acqua l’uovo alla coque che mi si è stampigliato sui pantaloni freschi di bucato, procediamo verso l’osteria. In alto i piccioni si sono moltiplicati, e ci inseguono. Ogni volta che volteggiano sopra di me mi accuccio con le mani sulla testa, tremante come fossi scampato al bombardamento di Dresda. Ogni singolo sbattere d’ali mi mette i brividi, cerco ripari dietro i vasi, mi incollo al muro come una mosca, corro a perdifiato e senza meta bussando alle porte e alle finestre e chiedendo aiuto. Sunofyork sta chiedendo a degli abitanti del luogo se gli rimane in casa qualche sedativo che magari usano per i cavalli, mentre Doc e mugghiera di sono dileguati.

4. Gli avvertimenti mafiosi trasversali.

In preda alla follia ad un certo punto osservo un piccione in particolare, appollaiato su un muro di pietra. Non so perché, ma sono sicuro di riconoscerlo. Non è quello che mi ha smerdato le braghe, è il suo compagno, quello che è planato insieme al Barone Rosso ma mi ha risparmiato. Gli punto l’indice, immobile, il viso è una maschera di brutale minaccia e di diverse violazioni di copyright:

Ti ho visto, che ti credi, che non so dove abiti? Io ti becco prima o poi, e quando ti becco trovo anche il tuo compare. E vi faccio fuori perdio, me ne fotto di Greenpeace e Amnesty International, vi spiumo vivi e quelle kilate di merda che vi portate in saccoccia in volo ve le faccio cacare a bastonate! Verrà il giorno, e se non becco te beccherò i tuoi figli, o i tuoi nipoti, o i figli dei tuoi figli. Prima o poi un piccione a Parma o a Bologna che abbia i tuoi geni lo becco, ed avrò una cura medievale per il suo culo!”

Sunofyork sta chiedendo un passaggio per il ritorno a degli sconosciuti, Doc e mugghiera stanno già addentando la bistecca in osteria.

5) Ipocondria canaglia.

Do un’occhiata ai pantaloni, c’è un chiazzone bagnato con strature di bianco che pare gesso o calce. Ho decine di fazzoletti in mano tutti zuppi e lerci. Mi sento sporco, anzi no, mi sento già malato. Quel dannato piccione mi ha trasmesso qualcosa, forse la follia di questi minuti è già un sintomo, qualcosa mi ha aggredito il cervello e mi ha fatto sbarellare. Mi ricordo d’improvviso una puntata del dr. House in cui ad uno veniva una tremenda infezione al cervello e questo viveva con un sacco di piccioni in casa, aspetta si chiamava con un nome terribile, listeriosi se non sbaglio. Ora sudo e guardo questo borgo toscano così bello in cui si principia la mia morte. Mi siedo su un cornicione e sono sudato e senza forze, ucciso da un piccione scacazzante, che morte idiota, sento i fumi del guano entrarmi nei seni nasali e nascondersi nei meandri del cervello, che vita inutile e che fine orrenda, mi sento senza risorse e non ho più fame, ho solo guano sulle ginocchia e nelle mani, tutto è guano, di guano sono i muri, le porte, le finestre, e tutto è orribilmente sporco ed evito di appoggiarmi, e in tutto questo mi lamento e mi lamento finchè non mi sento sferrare un calcio nel culo da Sunofyork: “meh, ti dai una mossa che teniamo fame?”

Mi desto dal torpore ipocondriaco. Entro in osteria, mangio e mi riprendo la dignità. E’ che sono stato colto di sorpresa, chiedo venia. Forse ho esagerato, mi dico. Si, ma cosa mi è preso poi… Ma si, ridiamoci su….RIDIAMOCI SU UN CAZZO, IO LO STANO PRIMA O POI QUEL MALEDETTO FIGLIO DI TROIA!



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