Magazine Psicologia

Senso di colpa e depressione

Da Postpopuli @PostPopuli

di  Simone Provenzano

 Senso di colpa e depressione.

In che modo questi oggetti si pongono in relazione l’uno con l’altro?

Nel campo della psicologia, ma ovviamente non solo in questo, cambiando l’angolazione dal quale si osserva cambia anche il modo di essere e di apparire delle cose osservate.

Allora scendendo nel baratro della depressione potremo provare ad osservare di cosa è composto questo stato di cose così doloroso. Depressione è ovviamente solo una parola utile a descrivere e classificare, ma cosa soggiace sotto di essa? Quali sono le emozioni che la compongono?

Emozioni legate a vissuti. Vissuti a cui nessuno di noi si può sottrarre. L’esperienza del vivere e del morire, della speranza e della disperazione, l’esperienza della colpa. E molto altro che non ho intenzione di catalogare adesso, non sarebbe utile.

È più utile concentrarsi sul fatto che ciascuna emozione che componga questo stato di cose ci dice con estrema chiarezza molto di più di una persona che qualsiasi classificazione medica. Ciascuna di queste emozioni ci dice qualcosa della sofferenza e della tristezza della persona.

Abbiamo cambiato punto di vista: la persona non è più “malata” di depressione ma soffre, ed è questa sofferenza che dovrà e potrà essere oggetto di cura e premura.

Abbiamo sempre davanti a noi stremate testimonianze di umana natura, fiaccate dall’esistenza o dal modo in cui viene percepita e vissuta.

Questo è uno dei pochi modi utili in cui possiamo osservare il senso di colpa nel lavoro terapeutico.

Il padre dell’esistentenzialismo, il filosofo danese Kierkegaard, definiva la colpa con queste parole:

“La colpa per l’occhio dello spirito, ha la stessa forza di affascinare che ha lo sguardo del serpente.”

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pixabay.com/it/basilisk-rattlesnake-7304/

Come potete immaginarvi può essere molto pericoloso rimanere di fronte alla faccia di un serpente fermi, imbambolati, incapaci di spostare lo sguardo o di fare il proverbiale passo indietro. Ed è cosi che funziona la colpa. Ci attanaglia, ci stringe a sé incantandoci e rimbambendoci. E più la osserviamo e più ne rimaniamo invischiati.

Ma questo è un incantesimo che si può rompere.

Il come rimane diverso da persona a persona, ognuno a modo proprio. L’elemento comune rimane la possibilità di guardare altrove, verso obiettivi più affascinanti, più interessanti, che rapiscano i nostri occhi con prospettive lontane dal dolore e la sofferenza.

Non si aspetta di star bene per cambiare vita.

Si cambia vita per ricominciare a stare bene.

È una differenza sottile.

È la differenza tra vivere nel passato e vivere nel presente.

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