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Mettiamola così. Come lavoratore (?) di questa azienda potrei (e forse, dovrei) gioire per una sentenza che ci assicura la parificazione di fatto ai dipendenti regionali, fatto questo che - almeno in teoria - dovrebbe evitarci il licenziamento causa fallimento. Ma, come sempre, da perfetto "bastian contrario" con il vizietto dell'autolesionismo, in questa, che a tutti voi parrà ovviamente una buona notizia, io personalmente ci vedo un lato negativo, anzi distruttivo.
Innanzitutto, una premessa d'obbligo: trattasi di una sentenza di un tribunale, non di una legge e - come tutti quelli che hanno anche solo pochi rudimenti giuridici sanno - in Italia le sentenze non fanno stato. Ciò vuol dire, che un altro giudice, interpellato sulla stessa questione, potrebbe (come in passato è già accaduto) emettere una sentenza totalmente in contraddizione a questa di cui parliamo, essendo la materia di controversa interpretazione. È pur vero, tuttavia, che recentemente si sono susseguite numerose sentenze in tal senso, fatto questo che prelude ad una costanza interpretativa che va affermandosi univocamente. Ma, in ogni caso, sempre di pura e semplice sentenza trattasi e, quindi, per tale va presa.
Ma, pur volendo dare per acclarata definitivamente la natura giuridica di società in house della Regione Campania di EAV - così come il sottoscritto sostiene, molto meno autorevolmente, da lungo tempo - fatto questo che ne decreta la sua NON FALLIBILITÀ, di cui tutti noi dipendenti non possiamo che esser lieti, l'aspetto che mi inquieta è legato al possibile (per me, certo) insorgere di perversi effetti collaterali. Mi riferisco, cioè, al possibile ritorno a comportamenti poco etici (se non illeciti), che sono stati la norma nel recente passato, e che hanno causato lo sfacelo attuale.
Eliminata, infatti, la "spada di Damocle", rappresentata dal sempre possibile (nonché altamente improbabile) fallimento, potremmo assistere nuovamente al riaprirsi di quella deleteria stagione consociativa in cui sindacati, manager e politica hanno gestito allegramente, ed irresponsabilmente, le tre aziende, prima confluite in EAV, poi solo apparentemente sdoppiate in due rami, RETE e TRASPORTO. Questa sentenza, peraltro, si trascina come inatteso corollario indiretto, anche il definitivo accantonamento della messa a gara del ramo TRASPORTO, peraltro, evento mai realmente perseguito, se non dall'Assessore Sergio Vetrella e da qualche altro sparuto integralista "pasdaran" delle privatizzazioni, ma non di certo dai vertici manageriali EAV, desiderosi di conservare il controllo totale dei due rami.
Ma al di là di queste analisi politico-manageriali, quello che, suo malgrado, questa sentenza potrebbe scatenare, è il non augurabile ritorno alla "finta contrapposizione" tra sindacati, da una parte, e manager/politici, dall'altra. Quel "giuoco delle parti" che, in questi anni, ho più volte descritto, sempre con dovizia di particolari, ai miei pochi ma fedeli lettori. Quella fasulla contrapposizione, cioè, basata su finti scontri pubblici ed accorate connivenze private che generavano sprechi, sperperi e, forse, pure malaffare. Tutti sistemi che hanno finito per produrre l'enorme buco, recentemente quantificato in 700 milioni di euro.
La sentenza potrebbe (ribadisco, potrebbe) dare la stura ad una nuova e più affannata stagione di disattenzione nel far quadrare i bilanci, ad una rinnovata spensieratezza nei rapporti sindacali con annesso aumento (altro che ridimensionamento!) dei costi del personale ed anche ad un più sereno lassismo rispetto alla spesa, in generale. Infatti, eliminata la "arma di ricatto" rappresentata dal sempre possibile fallimento, i Sindacati non saranno più sottomessi alle già flebili richieste di tagli al costo del personale e i manager, da parte loro, non tarderanno a riprendere le vecchie abituni "spendaccione", tipica dell'epoche delle "vacche obese".
A questo punto, starete pensando: ecco il solito autolesionista che, invece di gioire, fregandosi le mani, per l'inatteso ripristino dello status quo e per la riconquistata agiatezza, eccolo questo stupido ed inutile moralizzatore ancora qui "a menarcela" con i suoi anacronistici ed insopportabili richiami all'etica sociale ed individuale. È vero, confesso tutta la mia inadeguatezza e stupidità, ma avrei preferito continuare a dover "temere" il licenziamento se questa minaccia (peraltro, virtuale) avesse potuto, in qualche modo, contribuire al risanamento etico-morale di questa azienda.
Invece, temo che assisteremo ad un nuovo allegro valzer, in cui nessuno si preoccuperà più dei treni che scarseggiano, dei viaggiatori che non pagano e dei tanti (me compreso) lavoratori sottoutilizzati (se non inutilizzati), degli esuberi tra gli amministrativi da riqualificare, degli straordinari da eliminare e, soprattutto, degli sprechi e delle furberie da cancellare.
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