- Di Carmen Gueye
I sentimenti: chi oserebbe criticarli? Non sono forse essi un’espressione sentita come positiva in assoluto, nel campionario delle esternazioni intime umane? Altrettanto si è portati a pensare delle emozioni, le quali, pur attraversando una gamma di stati, nei più negativi dei quali si è portati all’angoscia o al pianto, vengono considerate sempre frutto della sincerità dell’animo e dunque da accettare nella loro profusione.
A noi però è sorto il dubbio che senza l’uso della ragione, privo di compassione, tutto questo portato di gonfia autoaffermazione non valga molto.
Nelle società arcaiche , che poi sono rimaste immutate anche in occidente fino a pochi decenni fa, l’insieme di queste vibrazioni istintuali veniva trattato con molto pudore, forse eccessivo, soprattutto nel mondo contadino e proletario in genere..
Si faceva carico di diffondere qualche scheggia di interiorità il poeta, talora il drammaturgo; in seguito è subentrato l’apparato dei media. Dal cinema al fotoromanzo, fino alla televisione, si è spinto sull’acceleratore delle sensazioni da trasmettere, fino a reputare sempre legittimo e lecito, anche moralmente, qualunque afflato venisse da chicchessia.
Ed ecco che si sono sdoganati atteggiamenti un tempo proibiti, come il turpiloquio, il dileggio, il sarcasmo pesante, quali sintomi di franchezza, sincerità, spontaneità. L’equazione, amo ( oppure odio, non importa), ergo sono e dunque devo essere accolto, non è più stata messa in discussione.
Lungi dal voler rimpiangere i “bei tempi andati”, al bando le nostalgie per un passato in cui anche una semplice carezza poteva venire fraintesa e dunque proibita, perfino nei rapporti tra genitori e figli, improntati alla severità estrema, ci siamo ritrovati ad assistere al capovolgimento completo dei parametri valoriali. I cosidetti “reality” poi, hanno inferto il colpo di grazia all’apprezzamento di quella che una volta veniva chiamata “educazione” e ora viene sentita come un obsoleto perbenismo da bandire.
Il concetto, il significato, di parole e atti, sono andati via via sbiadendo, a tutto favore dell’urlo scomposto o della battutaccia, che non esprimono nulla, se non la volontà di prevaricazione.
Dunque, nel dibattito politico come nel talk show di prima serata o della più modesta programmazione locale, si è insinuata la gara a chi le sparava più grosse, in un certo modo “drogando” il pubblico ( passivo e inerte, assiso sul divano dopo una giornata di lavoro e stress), di galvanizzazioni elargite da personaggi conosciuti magari come eccelsi intellettuali.
Non faremo certo nomi, ma ognuno può richiamarne alla memoria diversi, almeno in Italia: donne, uomini, più giovani o assai maturi. Chi ha confessato tranquillamente di aver fiancheggiato i terroristi, chi ha fatto bandiera modaiola dell’invettiva animalesca, chi ancora si è permesso di insultare i più sfortunati socialmente: è una corsa a calpestare il prossimo.
Già, il prossimo, chi era costui?
In fondo, si fa intendere, ciò che conto è l’ego, e se parli sottovoce e non sai imporre la famigerata “ultima parola” , peggio per te: il mondo dei reietti, una platea sempre più vasta, è pronto ad accoglierti.
Le conseguenze nella vita quotidiana, ovviamente, non si sono fatte attendere.
Ciò che si desidera. va preso con le buone, ma anche no, anzi meglio se con la prepotenza, considerata molto trendy. I tentativi di avviare un dialogo o una rimostranza alla sensibilità ferita, vengono derisi senza pietà; infine, anche l’amore è diventato una vuota parola per il trionfo dell’individualismo deteriore. Siamo orgogliosi di tutto, quando a volte nemmeno sappiamo davvero chi siamo. L’individuo è un luogo di rapporti, ma ne bastano un paio in cui abbiamo lasciato magari un segno di dolore, e riteniamo di avere una personalità strabiliante.
Vorremmo ricordare che esistono differenze da considerare, prima di entrare a gamba tesa nelle vite altrui: presso certe popolazioni è normale la cautela nell’espressione di se stessi, presso altre l’affettuosità fisica non è bene accetta per ragioni di costume e, infine, ciascuno è diverso da un altro, è un mondo da esplorare con rispetto.
Poichè però nessun esempio in tal senso è venuto nemmeno da insigni pensatori dell’ultimo ventennio, e tramontato pure il femminismo nobile, va a finire che anche il dissenso è demonizzato. Ciò che io amo, tu devi amare; toccare il cuore ( ovvero come si dice oggi “la pancia”) della gente o di chi interessa è la mossa vincente; nel privato, si avviano rapporti destinati al nulla, anche perchè vivere con in mente un sogno o un progetto è roba da idealisti un po’ sfigati.
Ne consegue che non durano le amicizie, non si consolidano gli amori, perchè nessuno vuol mostrarsi debole, nell’accezione odierna, ovvero esposto all’altrui desiderio o giudizio: e alla resa dei conti, si è più indifesi che mai.
Certi disturbi della psiche, che si palesano in vari modi, per esempio con l’uso di sostanze o i disordini alimentari o il ricorso a diversivi edonistici estremi, che altro rappresentano se non la bandiera bianca dinanzi alla ricerca della vera umanità? Vorremmo rivolgerci soprattutto alle ragazze, alle donne, inebetite dalla continua richiesta di perfezione che viene da un mondo in effetti più maschilista che mai. Nè tuttavia vorremmo trascurare un richiamo agli amici uomini, ben lieti di assecondare ciò che non li impegna, mentre un tempo, non molto lontano, quantomeno il senso di responsabilità, tra loro, era un imperativo.
Ci rendiamo conto di apparire bacchettoni e per una volta non ci importa. In un ambiente globale dove la premessa più alla moda è in genere “io non sono moralista” ( che si affianca al più celebre ” io non sono razzista” ed altri simili proclami), tranne distruggere in un attimo chi non si allinea al proprio personalissimo pensiero; dove ci si avvolge di definizioni fascinose a quattro aggettivi, per essere pronti a sposare qualunque idea e a rinnegarla un momento dopo; dove l’eroe è sempre un fesso e il furbastro l’idolo , ebbene: noi osiamo fare il nostro personale “coming out” e affermare che, se non si ritrova la via dell’umanesimo (solidale? fate voi), alla fine l’unico vero liberale sarà davvero il moralista.
Perchè egli mette un passo avanti all’altro sulla terra come sulla sabbia, anche se vento e mare le cancelleranno subito e lui lo sa: ma ci prova lo stesso, ad andare avanti , a guardare oltre l’oggi, a coltivare una speranza per tutti.