Simbolo di una nazione...
Come del resto la Francia.A sostenerlo è stato Joseph Weiler che continua dicendo che, se si leva il crocifisso, poi si dovrà intervenire in mille altre circostanze per levare croci dalle bandiere, parole dagli inni nazionali, foto di capi di Stato dalle aule.Cosa possano c'entrare l'araldica, un "dio" citato in un inno ("God save the Queen"), o la foto di un capo di Stato che contemporaneamente è capo di una Chiesa (la Regina Elisabetta II è di fatto Capo di Stato e Capo della Chiesa Anglicana) è il caso di dirlo, lo sa solo dio.E' un ragionamento cervellotico e non attinente, che nulla c'entra con il problema.Ho già ribadito che personalmente, pur non essendo credente, non ho nei confronti del crocifisso alcuna idiosincrasia. Non solo: credo che il rispetto delle credenze altrui debba, in una democrazia rimanere cosa prioritaria e bene farebbero gli integralisti atei a rendersi conto della pochezza delle argomentazioni addotte.Crescere in una società multietnica prevede giocoforza la convivenza, l'accettazione. Crescere in Democrazia significa accettare i bisogni di una maggioranza, fatta chiara la necessità di garantire comunque i diritti della minoranza.Detto questo, tuttavia, andrebbero stigmatizzate anche gli eccessi di quest'ultima e contemporaneamente verificarne la consistenza. Perché è ovvio che, se il problema (crocefisso) è stato posto, vuol dire che c'è; vuol dire che lo stesso Cristianesimo sta vivendo una delle sue crisi più profonde, demolito da una parte dagli scandali sessuali e dall'altra dall'incapacità di rievocare lo spirito missionario e di carità di un tempo senza dipendere da prelature e fondazioni il cui scopo, neppure tanto recondito, è quello di accumulare montagne di sterco del demonio. Senza contare l'innalzamento della cultura media e le scoperte scientifiche e storiche che sconfessano i libri sacri.La realtà è che il crocifisso può vagamente divenire il simbolo di una Nazione solo se invocato da qualcuno (con una certa visibilità mediatica) e comunque sia, farlo diventare, sarebbe profondamente sbagliato perché checché ne dicano i religiosi, esso è un simbolo che divide ("Io sono venuto a dividere"), a differenza ad esempio della bandiera, sotto i cui colori si riunisce un intero popolo
(...) senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Ora il problema non dovrebbe essere posto sulle motivazioni che inducono gli uni a volerlo toglierlo ("è un cadavere appeso, mi impressiona") gli altri a volerlo tenere ("Simboleggia le nostre tradizioni"), ma sul buon senso. A mio avviso è una mera questione culturale: conoscere è fondamentale per abbattere le barriere.
Giotto di Bondone - Crocifisso di S.Maria Novella
Ma ritorniamo al crocifisso: davvero esso è un simbolo nazionale senza la cui presenza negli istituti o nei luoghi pubblici la Nazioni rischia di non essere più tale? A casa mia non vi sono crocefissi, né nell'ufficio dove lavoro, e neppure nell'azienda, salvo quelli appesi alle catenine delle scollate colleghe. Non per questo mi sento meno Italiano, né alcuno dei miei colleghi sente venir meno il concetto di Nazione, sempre che questo sia in qualche modo preoccupazione dell'italiano medio. L'Italiano si sente offeso semmai dalle dichiarazioni scellerate del politico che non lo rappresenta, dalla debacle della propria Nazionale di Calcio (ahimè), dai ladrocini della classe dirigente che ha permesso dalle mie parti di far crescere il fenomeno chiamato Lega Nord, quello per intenderci dei Borghezio o dei trecentomila bergamaschi con i fucili pronti (sic!). Si sente abbandonato dall'imprenditore che lo lascia a casa spostando la produzione in Cina o nei paesi dell'ex blocco comunista. Personalmente, ad esempio, mi sento offeso dal fatto che un ministro della repubblica sprechi il proprio tempo in questioni di così poco conto (perché tale è la questione di dover mettere il crocefisso appeso in un bar tra le cartoline di tettute signorine) quando il popolo che dovrebbe servire ha altri bisogni più impellenti, uno dei quali, l'economia che langue al punto che si rischia lo sfascio.Se invece guardo alla mia Italianità, vado fiero di Leonardo e Michelangelo, di Ungaretti e Leopardi, della Roma antica, del Rinascimento, non certo di qualche Papa (anzi...).
Se vogliamo, l'Italia non sarebbe più la stessa senza le croci o le madonnine alte sui meravigliosi campanili, quello sì: il crocifisso nell'arte dei nostri grandi artisti, da Giotto a Donatello, da Piero della Francesca al Masaccio e via dicendo.Ma non credo esista un ateo tanto cretino da voler eliminare parte del patrimonio artistico e culturale del paese.