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"Senzanome"

Da Astronautaperduto

Non c'è un cazzo da ridere.
Ma proprio niente.
Non chiedetemi perché è morto, l'ha fatto e basta, è sempre stato uno spirito libero e credo abbia scelto di morire quando glie n'è venuta la voglia.
Era fatto così.
Per tutta la vita, ha fatto tutto quello che gli passava per la testa.
Ha scelto di morire e l'ha fatto.
Che bastardofigliodiputtana, potrei urlarlo per tutta la notte.
Come diavolo faccio adesso?
Cristo santo, che stronzo di merda.
Quello che mi fa incazzare, è che ha deciso di morire così, all'improvviso, senza avvertirmi.
Mi ha lasciato solo.
Passavo a trovarlo ogni notte e ci fumavamo una sigaretta insieme, anche due o tre.
Ci parlavo di tutto e ascoltava, girava la testa da destra verso sinistra per disapprovare e dal basso verso l'alto per acconsentire.
In silenzio, in rispettoso silenzio.
La sua bocca non emetteva suoni tranne qualche tossicone catarroso.
Non ho mai udito il suono della sua voce, magari era muto e non me ne sono mai accorto.
Se ne stava nei giardini di Piazza Dante, sulla sua panchina sotto i tigli.
Estate ed inverno, autunno e primavera.
Quella era la sua casa, il firmamento come tetto e i sassi come pavimento.
Si mescolava con le foglie in autunno, tra le merde degli storni in agosto e nel fango nei lunghi giorni di pioggia.
Cazzo se gli volevo bene, era come avere un'amante con la quale soddisfare ogni recondito desiderio erotico.
Mi fungeva da confessionale, o da psicologo, da persona che ascolta e non giudica, da persona che inconsapevolmente è in grado di guidarti silenziosamente alla verità.
Che teorie ha ascoltato, era un rifugio per la mia anima e la mia mente, mi permetteva di inventare il mondo, di disfarlo e di rifarlo al contrario.
Era una specie di terapia, una valvola di sfogo necessaria.
Come fumare oppio su una stuoia in riva al mare con le onde che ti accarezzano i piedi, spesso mi sentivo così mentre stavo con lui, lasciavo i miei pensieri liberi di fluttuare nell'universo alla ricerca di una meta illusoria, e lui ascoltava.
Aveva scelto di vivere nei giardini di Piazza Dante, ribellandosi al sistema e infischiarsi di tutto.
Era bello con tutti i suoi fagotti lerci tutt'attorno, il suo giaccone sfinito, quel cappello logoro e pulcioso.
Rideva spalancando la bocca tutte le volte che mi vedeva, un solo dente, un incisivo giallo e sicuramente malato.
-Che cazzo avrai da dirti con un malato di mente?
Questa è la domanda che l'amico Luca mi rivolgeva continuamente.
Malato di mente, si fa presto a giudicare.
Era un bastardo adorabile.
Anche il mio cane gli voleva bene, scodinzolava appena lo vedeva e si sedeva vicino alle sue gambe per ricevere carezze.
Lo vidi una mattina di maggio di due anni fa per la prima volta, spuntato all'improvviso come certi funghi che in una sola notte si presentando al mondo.
I primi tempi, mi piaceva osservarlo da lontano mentre fissava il cielo in cerca di qualche risposta.
Magari non aspettava nessuna risposta, esaminava l'universo semplicemente per trastullo.
Bastardo.
Bastardo.
É morto ieri mattina, l'hanno trovato gli spazzini mentre pulivano i giardini.
É morto in silenzio per non disturbare il mondo.
A chi cazzo dico adesso le mie stronzate?
“Bastrardofigliodiunaputtanaansimante, mi lasci solo in questo mondo di pazzi e te ne fotti di tutto.”
Il suo nome non l'ho mai saputo, so solo che stava sempre in silenzio e mi capiva.
Come lo chiamereste, homeless? Barbone?
Io, lo chiamavo Amico.
Mi nascondo dietro un lenzuolo per piangere, è morto il mio amico e non c'è proprio un cazzo niente da ridere.

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