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Separazione al passo coi tempi

Da Federico

Il processo di separazione di due coniugi, soprattutto quando sono anche genitori, è uno dei tasti dolenti della giurisprudenza odierna.

Questa osservazione nasce dal fatto che, sebbene i tempi siano nettamente cambiati rispetto a quei lontani anni ’70 in cui il diritto di famiglia fu riformato nel suo complesso, molti degli orientamenti giurisprudenziali risentono di concezioni antiquate completamente slegate dal contesto storico in rapida evoluzione nel quale stiamo vivendo.

Il problema a cui alludiamo è semplice a dirsi: nella separazione il padre è nella quasi totalità dei casi il genitore che risente maggiormente degli effetti del distacco dalla famiglia.

Accade di solito, infatti, che il padre non solo venga privato della coabitazione con i figli, accordata alla madre, ma spesso anche della casa coniugale.

A questo si deve aggiungere che spesso il padre, estromesso in maniera già traumatica dalla sua vita abituale, debba sostenere anche l’onere del mantenimento del coniuge e dei figli.

Questa tendenza rischia di creare un fenomeno di “padri separati” particolarmente preoccupante a livello sociologico, che sta dando impulso in molti casi alla nascita di apposite agenzie per padri separati, composte non solo da avvocati.

Da una parte, infatti, il padre deve devolvere una parte dello stipendio al mantenimento della moglie e dei figli nello stesso momento in cui viene costretto a trovarsi un’altra abitazione, per al quale dovrà pagare un affitto.

Alle inevitabili difficoltà finanziarie, acuite dalla crisi economica, si aggiunge il trauma psicologico, che certamente non fa che aggravare il quadro.

Questa modalità di concepire il rapporto uomo/donna al momento della separazione risulta come accennato completamente inadeguato al presente momento storico, soprattutto in considerazione del fatto che il padre non necessariamente è il soggetto meno indicato per l’educazione dei figli, né, d’ altra parte, la parte finanziariamente più solida.

Molto opportuna sarebbe a questo proposito una rivisitazione degli orientamenti prevalenti da parte della giurisprudenza in tema di diritto familiare, che vada nella direzione di valutazioni più legate ai singoli casi e meno ad una concezione “stereotipata” del rapporto uomo-donna.

 

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