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SERBIA: Chiesa Ortodossa, angeli bianchi e vergogne nere

Creato il 17 ottobre 2011 da Eastjournal @EaSTJournal

di Filip Stefanović

SERBIA: Chiesa Ortodossa, angeli bianchi e vergogne nere

L'Angelo bianco, monastero di Mileševa.

Nei pressi di Prijepolje, al confine col Montenegro, sorge il monastero ortodosso di Mileševa, tra i maggiori della Serbia, custode del più famoso ciclo d’affreschi della tradizione serba medievale, quello dell’Angelo bianco (Beli andjeo), seduto sulla tomba del Cristo. Venerdì 7 ottobre era una radiosa giornata di sole, quando al monastero è stata benedetta la nuova campana di nove tonnellate (o più brutalmente da 400.000€), forgiata in Russia, a Kremensk Uralski, dono di un certo Andrej Kozicin, direttore generale della UGMK Holding, enorme compagnia metallurgica e mineraria che opera negli Urali.

Al sacro evento hanno presenziato, tra gli altri, il patriarca Irinej in persona, a capo della Chiesa Ortodossa Serba, il vladika di Vranje (titolo simile al vescovo cattolico) Pahomije (al secolo Tomislav Gačić), il ministro degli interni e primo vicepresidente del governo serbo Ivica Dačić, l’ambasciatore russo Aleksandar Konuzin e, ovviamente, lo stesso Andrej Kozicin. Per suggellare l’evento, l’episcopato di Mileševa, sotto la guida del vladika Filaret, ha istituito una nuova onorificenza ecclesiale, l’Ordine dell’Angelo bianco, subito concessa al patriarca Irinej, al ministro Dačić, al timorato di Dio Kozicin e al vladika Pahomije.

Lasciando perdere Kozicin, di cui sappiamo poco, il patriarca, su cui torneremo più avanti, e Dačić, a capo di quel Partito socialista serbo fondato da Slobodan Milošević e convinto che la verginità politica possa essere riconquistata (alla stregua di una ricostruzione d’imene), è bene spendere due parole sul vladika Pahomije.

Nel lontano ottobre 2002, il giovane M., allora men che quattordicenne, viene accompagnato dalla madre e dalla nonna alla stazione di polizia di Vranje. M. è uno dei ragazzini che risiedono durante le vacanze estive e natalizie alla sede dell’episcopato, per aiutare i sacerdoti nei loro compiti quotidiani. Ai poliziotti dichiara: <Poi ha iniziato a toccarmi e chiedermi questo e quello. Io mi difendevo e gli rispondevo, poi gli ho chiesto di lasciarmi stare perché ero stanco, e non volevo che succedesse qualcosa. Allora il vladika mi ha chiesto se so mantenere un segreto. Pensavo mi volesse confidare qualcosa. Parlando mi ha poi proposto “di farci compagnia”. Io ho rifiutato. Allora il vladika è uscito dalla stanza, ma più tardi è tornato… era insistente, al che gli ho chiesto di uscire immediatamente dalla stanza se non voleva che saltasse fuori qualche scandalo.>>

SERBIA: Chiesa Ortodossa, angeli bianchi e vergogne nere

Il patriarca Irinej assieme agli alti prelati, tra cui Pahomije, al monastero di Mileševa, il 7 ottobre 2011.

A partire da questa denuncia vengono raccolte le testimonianze spontanee di altri tre ragazzini, tutti minori di quattordici anni, e agli inizi del 2003 viene avviata l’inchiesta, in seguito processo presso il tribunale prima di Vranje, poi di Niš, dove verrà spostato il procedimento nel marzo 2005, per accertare le colpe del vladika Pahomije. In tre anni, dal 2003 al 2006, Pahomije non si presenta nemmeno una volta in aula, per – a suo dire – ragioni di salute. Nel 2006, viene prosciolto per prescrizione. L’allora patriarca Pavle, così come l’attuale patriarca Irinej, non hanno mai ritenuto di dover destituire il vladika, sorte toccata invece al prete Goran Arsić, che nel 2007 aveva testimoniato sui giornali contro Pahomije, e che perderà per questo motivo la carica.

L’avvocato della parte lesa, Aleksandar Stojković, ha dichiarato in questi giorni al quotidiano “Blic” che il procedimento è stato volontariamente protratto e rallentato al tribunale di Niš, a causa di forti pressioni politiche dell’allora capo del governo Vojislav Koštunica. Pochi mesi prima della sentenza di primo grado, all’inaugurazione pubblica di un edificio in Vranje,  Koštunica aveva incontrato e baciato sulle guance il vladika Pahomije: <<Quale giudice dopo questo gesto se la sentirebbe di condannare il vladika?! Allo stesso modo, alcuni giorni prima della pubblicazione della sentenza di primo grado ha soggiornato a Niš Zoran Stojković, allora ministro della giustizia>>, dice l’avvocato, e conclude: <<Se fosse stato giudicato in base alla legge, lo stato oggettivo degli atti era tale che pure il fratello di Pahomije l’avrebbe dichiarato colpevole>>.


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