Posted 19 maggio 2014 in Balcani Occidentali, Serbia, Slider with 2 Comments
di Giorgio Fruscione
È morto ieri mattina a Belgrado, all’età di 93 anni, Dobrica Ćosić, figura intellettuale di spicco che ha dominato nel bene e nel male gli ambienti letterari e politici della storia della Serbia.
Nato nel 1921 a Velika Drenova, nella Serbia centrale, in quello che allora si chiamava Regno di Serbi, Croati e Sloveni, Ćosić rappresenta una delle figure più controverse della storia letteraria e politica della Jugoslavia e della Serbia. Fino alla morte infatti l’opinione pubblica è rimasta divisa circa il ruolo che Dobrica Ćosić ha avuto per la comunità serba.
Già membro del clandestino Partito Comunista, nel 1941, con l’invasione della Jugoslavia da parte delle forze nazifasciste Ćosić si unisce alle formazioni partigiane di Tito. Ed è proprio durante la seconda guerra mondiale che inizia la propria carriera sia politica che letteraria, che proseguirà fino agli anni della vecchiaia. Il suo primo romanzo di successo, Daleko je Sunce (“il Sole è Lontano“), viene pubblicato nel 1951, e dopo di esso ne seguiranno molti altri per i quali riceve diversi riconoscimenti nazionali e un enorme popolarità, fino ad essere più volte definito “padre della nazione”.
Nel 1968, in una Belgrado che è teatro di grandi manifestazioni studentesche, si distacca per sempre dal partito e dall’ideologia di regime che aveva fedelmente servito fino a quel momento, accusando la leadership jugoslava di favorire i nazionalismi locali attraverso il progressivo decentramento di poteri. In favore infatti di un forte potere centrale delle istituzioni federali, denuncia la scelta di garantire maggiore autonomia alle due province autonome di Vojvodina e Kosovo. Inizia così la propria attività da dissidente, durante la quale continuerà a scrivere diversi romanzi di successo divenendo uno dei membri più prominenti dell’Accademia Serba dell’Arte e Scienza.
Nel 1984, quando la federazione jugoslava avverte i primi segnali di crisi, fonda l’Associazione per la difesa della libertà di pensiero e di espressione, intensificando il proprio attivismo contro la Jugoslavia socialista. Nel 1988 sostiene attivamente il programma politico di Slobodan Milošević, atto per il quale perde molti dei suoi lettori che gli restituiranno personalmente i suoi libri. Nel 1989 sostiene la fondazione del Partito Democratico Serbo in Croazia e un anno più tardi dell’omonimo partito in Bosnia, a cui capo vi era il leader serbo-bosniaco Radovan Karadžić, attualmente sotto processo all’Aia per crimini contro l’umanità e genocidio.
Quando nel 1992 la Jugoslavia socialista cessa di esistere, diventa il primo presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia (composta da Serbia e Montenegro), per poi essere deposto un anno più tardi per essere entrato in conflitto con lo stesso Milošević. Nel 2000 si unisce alla piattaforma politica “Otpor”, a cui partecipano anche Zoran Djindjić e Vojislav Koštunica – il cui obiettivo è quello di spodestare Milošević –, per poi successivamente pentirsene in quanto movimento finanziato con soldi stranieri.
Nella sua ultima intervista pubblica, rilasciata al periodico Nedeljnik appena qualche settimana fa, ha fatto diverse dichiarazioni. A proposito del Kosovo, per il quale proponeva una divisione della regione sin dagli anni sessanta, ha dichiarato che “ormai è una questione conclusa”, per la quale “i giovani non devono sprecare energie e risorse”. Inoltre, secondo Ćosić, il popolo serbo “non deve più condurre guerre, in quanto non ne possiede più il potenziale biologico e patriottico”, e che “la pace è l’unica condizione della nostra esistenza”.
Queste ultime dichiarazioni di Dobrica Ćosić descrivono bene la controversa personalità che ha caratterizzato la sua intera esistenza, vissuta sia da accademico di successo che da “leader del popolo”.
Infine, la sua attività letteraria si è mescolata “per necessità” con quella politica, partecipando attivamente a tutti i movimenti politici mainstream che hanno contrassegnato la vita del proprio paese, oscillando di continuo tra il ruolo di attivista e quindi oppositore, compromettendo allo stesso tempo la propria credibilità sia di intellettuale che di “padre della nazione”.
Foto: kurir-info.rs
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