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Serbia in Ue: abbandonare Russia e Kosovo il prezzo imposto da Bruxelles

Creato il 09 gennaio 2015 da Giacomo Dolzani @giacomodolzani

serbia_flagdi Giacomo Dolzani

Sono molto dure le richieste e le osservazioni contenute nella prima bozza di risoluzione emanata dal relatore del Parlamento Europeo sulla Serbia, David McAllister, in cui si spazia dalle scelte in politica estera adottate dal paese balcanico alle problematiche interne relative alla libertà di stampa ed alle mancate riforme che, a dire di Bruxelles, costituiscono un grosso discriminante per l’ammissione di Belgrado nell’Unione Europea.
McAllister nel suo rapporto ha posto l’accento in particolare sulle strette relazioni intrattenute dalla Serbia con la Russia, verso la quale non è stato emanato da Belgrado alcun provvedimento sanzionatorio in seguito alla crisi ucraina in quanto, a dire del governo serbo, una simile decisione ad altro non servirebbe se non ad innalzare ulteriormente la tensione e complicare il raggiungimento di un accordo di pace; a tutto questo si aggiungono inoltre le difficoltà che sta attraversando la Serbia, il cui export è diretto per il 7.2% (65 milioni di dollari) proprio verso la Russia [1]. La richiesta dell’Europa in questa bozza è però che Belgrado cambi radicalmente la propria politica, allineandosi alle posizioni dei paesi dell’Unione ed applicando anch’essa le relative sanzioni verso Mosca; Bruxelles non ha infatti intenzione di accettare che la Serbia mantenga un piede in due scarpe, intraprendendo un percorso di integrazione nell’Ue e contemporaneamente strizzando l’occhio a Mosca.
L’aut aut tra Occidente e Russia posto a Belgrado si preannuncia quindi una decisione difficile e per nulla indolore, alla luce anche del secondo tema caldo della politica estera serba, la questione del riconoscimento dell’autodeterminazione del Kosovo, regione la cui popolazione è costituita quasi interamente da albanesi ma che la Serbia rivendica come propria.
Pristina infatti, che ha dichiarato unilateralmente la sua secessione da Belgrado il 17 febbraio 2008, appoggiata da tutta l’Unione Europea governa uno stato di fatto indipendente ma che Belgrado ha sempre rifiutato di riconoscere come tale, entrando in conflitto in sede europea con le posizioni di Bruxelles e di tutti gli stati membri. Il Kosovo è infatti una regione che la Serbia reputa da sempre legata indissolubilmente alla propria storia, in cui la cultura del suo popolo affonda le proprie radici e nella quale tuttora vive una minoranza di etnia serba che, dopo il dramma della guerra e l’odio creatosi con la maggioranza albanese, rischia una vera e propria pulizia etnica, per certi versi già cominciata con episodi di devastazioni di chiese e cimiteri ortodossi o attacchi contro i villaggi.
Non è però solo la politica estera di Belgrado a non convincere Bruxelles: le mancate riforme del sistema giudiziario, quelle dell’economia ancora in alto mare, gli episodi di minacce contro i giornalisti sono dei forti discriminanti per un’ammissione della Serbia nell’Unione Europea, nella bozza di risoluzione si chiede infatti un’accelerazione in queste direzioni ed un maggiore impegno nella lotta alla corruzione dilagante.
Le condizioni poste per un ingresso nella Comunità Europea non sono quindi delle migliori  per Belgrado: porre sanzioni contro uno dei principali alleati e partner economici quale è la Russia in un momento in cui il paese è sull’orlo di una bancarotta e rinunciare definitivamente ad una regione da sempre parte integrante del proprio territorio, abbandonando migliaia di propri cittadini al loro destino non saranno sicuramente scelte facili o indolori.

[1] http://temi.repubblica.it/limes/la-serbia-tra-bruxelles-e-mosca/65851

da Notizie Geopolitiche



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