Il giornalista Beda Romano non era ancora sufficientemente “lanciato” sulla stampa, così il papà Sergio ha voluto dargli una spinta. E quale modo migliore per diventare famosi se non quello di parlare (possibilmente male) della Chiesa cattolica? Nasce così “La Chiesa contro” (Longanesi 2012) della premiata ditta Romano & Romano, il cui intento dichiarato, e poco originale, è quello di dimostrare come in Italia «la Chiesa non rinuncia a fare battaglie più intransigenti e inflessibili di quelle che è in grado di fare altrove; e può soprattutto contare su una classe politica più debole e opportunista di quella con cui deve trattare in altri paesi dell’Europa cristiana».
Il volume si divide in due parti, la prima è di papà Sergio, diplomatico e storico, il quale descrive la storia politica sul ruolo e sull’incidenza della Chiesa negli ultimi tre secoli e mezzo. La seconda parte è di Beda, nella quale si confronta la rivoluzione bioetica e sessuale presente in altre città europee rispetto a quelle italiane. E’ il solito modo per giustificare un’iniziativa dicendo“tanto ha cominciato prima lui”. Beda non si sofferma certo a considerare anche le conseguenze negative di queste aperture progressiste, ma si limita a dare per scontato che gli altri (quelli scelti da lui, ovviamente) hanno ragione a priori. Certamente non rivela che a Copenaghen è nata una fortissima spinta eugenetica per eliminare i “difettosi”, ovvero gli affetti da sindrome di Down. Non dice che a Lisbona, anche a causa di politiche fortemente progressiste, José Sócrates è stato costretto a dimettersi e oggi è considerato uno dei più disastrosi Primi Ministri della storia recente del Paese. Lo stesso è accaduto in Spagna con Zapatero, tant’è che il nuovo premier ha subito annunciato (come promesso in campagna elettorale) forme restrittive all’aborto e l’eliminazione dell’ora di educazione sessuale nelle scuole. Beda tace sulla profonda crisi morale che ha colpito il Paese europeo più progressista, ovvero il Regno Unito, la cui evidenza è apparsa al mondo nei recenti scontri di Londra. Forme di razzismo aumentano continuamente, la Commissione britannica per l’eguaglianza e per i diritti umani riconosce che i cristiani sono il gruppo più continuamente discriminato, c’è maggiore tolleranza per il sesso con minorenni e atteggiamenti illeciti, il primo ministro David Cameron vede quindi il «bisogno più che mai di costruire una cultura di responsabilità sociale e sviluppare comunità forti ed efficaci mentre affrontiamo la difficile crisi economica», sostenendo che «il messaggio del Pontefice è rilevante oggi quanto un anno fa». La civilissima, laicissima ed evolutissima Francia detiene uno dei tassi di suicidio più alti: 11 mila ogni anno, contro i 4000 italiani (il numero di abitanti è simile), il modello svedese oggi è tra i peggiori che si possano pensare, con il 60% dei divorzi con conseguente crescita del tasso di solitudine e delle varie psicopatologie (figli che crescono con finti genitori…), e così via.
Tutto viene taciuto in nome dell’erba del vicino è sempre più verde. Un saggio poco significativo per il direttore de “Il Foglio”, Giuliano Ferrara, il quale si chiede perché papà e figlio Romano abbiano illustrato dettagliatamente la situazione europea senza esprimere un’opinione di giudizio in merito. Questo «non aiuta a cercare risposte di alcun tipo ad alcuna domanda». Il saggio «ci spiega che la chiesa cattolica è contro certe cose, che le cose vanno avanti lo stesso, con un’eccezione che riguarda l’Italia. Immortali prototipi del conformismo scientista». Lavoro deludente anche per Assuntina Morresi, professore associato di Chimica fisica all’Università di Perugia e membro del Comitato di Bioetica, la quale evidenzia alcuni errori e «incresciose sviste», per le quali sarebbe bastata una ricerca su Google. Si dice perplessa per «l’approssimazione di tanti passaggi» e «errori grossolani, insieme a incredibili omissioni» i quali «fanno pensare più che altro a pregiudizi consolidati nei due autori, che non si sono neppure dati la pena di verificare davvero quello che già pensavano, prima di mettere nero su bianco». «Da firme prestigiose», conclude la Morresi, «ci saremmo aspettati più correttezza».