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Serial Killer: William Dale Archer

Da Studiopsicologiatorino @StudioPsyTorino
Nato nel 1912 in Arkansas, fin da giovanissimo fu affascinato dalla medicina. Privo tuttavia dei mezzi economici e dell'impegno  necessario per seguire i corsi regolari, trovò lavoro in ospedale, dove accumulò attraverso la pratica una discreta conoscenza dell'uso dei farmaci. Nel 1940 venne assunto presso il Camarillo State Hospital in Cailfornia, nel reparto in cui venivano utillizzate terappie insuliniche per il trattamento delle malattie mentali. Nel 1950 fu condannato a S. Francisco per possesso illegale di morfina e messo in libertà vigilata per 5 anni. Tuttavia, a causa di un secondo reato, gli venne revocata la libertà vigilata e fu rinchiuso nel carcere di Chino. Evaso nel 1951, fu rapidamente catturato e trasferito nel carcere di San Quintino. Nel 1953 però gli venne concessa la libertà condizionale.
Anche la sua vita privata fu alquanto movimentata: delle sue 7 mogli, sposate in 15 anni, 3 morirono per misteriose malattie , tra il 1958 ed il 1966. Anche un numero sospetto dei suoi amici e parenti morì in strane circostanze.
Nel  1967 venne arrestato con l'accusa di tre omicidi di primo grado: quello della quarta moglie, morta nel 1956 dopo soli due mesi di matrimonio; quello di un giovanissimo nipote, morto nel 1961, e quello della settima moglie, la scrittrice Mary Brinker Arde, morta nel 1966. Secondo l'accusa, Archerd li avrebbe commessi praticando un'overdose di insulina, producendo in tal modo attacchi letali di ipoglicemia.  Fu sospettato anche di altri tre omicidi: quello di un amico, morto nel 1947; quello della quinta moglie, morta nel 1958, e quello di un altro amico, morto nel 1960. In tutti e tre i casi le vittime avevano mostrato i classici sintomi dell'ipoglicemia al momento del decesso.
Nel 1968 Archerd venne quindi condannato per tre omicidi; fu il primo caso negli Stati Uniti  in cui venne usata l'insulina come arma del delitto. La sua condanna a morte venne confermata dalla Corte Suprema dello Stato della California nel 1970 ma convertita in ergastolo due anni dopo. Il fatto che fra le vittime dei suoi omicidi vi fossero le sue malcapitate mogli gli valse il soprannome di “Barbablù”. Morì in carcere nel 1977.

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