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SERIAL LOVERS: Dead Like Me, assistere la morte non è poi così facile

Creato il 30 settembre 2013 da Fascinationcinema

dead like me fascination cinema 218x300 SERIAL LOVERS: Dead Like Me, assistere la morte non è poi così facileDead like me è una serie televisiva Americana firmata da Bryan Fuller (il creatore della serie Hannibal, che vedremo in Italia in autunno), le cui uniche due stagioni sono andate in onda dal 2003 al 2004, e trasmesse anche in Italia poco dopo su Fox Life, ma solo nel 2009 gratuitamente su Rai 4. Io non l’avevo mai sentita, l’ho scovata per caso l’anno scorso, ma è stato amore a prima vista.

La protagonista, George, una scontrosa biondina di Seattle che ha abbandonato il college e che fin dai primi minuti ci fa sapere che quel che sa fare meglio è sbattersene (“I excell at not giving a shit” è il suo motto), la incontriamo per strada durante la pausa pranzo del suo primo giorno di lavoro in un monotono ufficio, proprio nel momento in cui una tavoletta del water cade dalla stazione spaziale Mir e la colpisce in pieno, uccidendola sul colpo. Ma veniamo subito informati, lei e noi, che George non potrà andare nell’aldilà, perché è destinata ad essere uno dei tanti Tristi Mietitori al servizio della morte, che si muovono ben visibili tra noi, senza il mantello nero e la falce, a dispetto dell’ironica, bellissima, sigla d’apertura.

Il suo mentore, Rube, è il responsabile di un gruppo di quattro mietitori che si occupa di morti per incidenti, suicidi ed omicidi, composto da una vigilessa che sfoggia con orgoglio il proprio pessimo carattere (“The only accessory I wear is my attitude”), una giovane e smorfiosa attrice morta negli anni trenta e un ragazzaccio inglese morto nel ’66. Ogni mattina il gruppetto si incontra nel loro quartier generale, il tavolo di una rosticceria, dove Rube consegna ad ognuno di loro dei post-it gialli, gli incarichi del giorno, con sopra le iniziali del nome, il luogo e l’ora prevista del decesso delle persone di cui dovranno andare a raccogliere l’anima subito prima dell’attimo fatale e guidarla nei confusi minuti successivi al trapasso.

Quel che rende questa serie un gioiellino sono il cinismo e la scurrilità dei personaggi, i dialoghi, a volte filosofici, a volte sarcastici e taglienti che sdrammatizzano i tragici eventi a cui i protagonisti sono costretti, loro malgrado, ad assistere, rendendo comiche anche le morti più strambe. Saggia probabilmente la scelta, nonostante i buoni ascolti, di non spremere l’argomento come un limone, di non voler per forza svelare tutti i misteri e di fermarsi invece alla seconda stagione, salvo un rapido e a mio avviso superfluo ripensamento nel 2009, quando negli Stati Uniti esce direct-to-video il film “epilogo” Dead Like Me – Life After Death, diretto da Stephen Herek, dove Rube viene rimpiazzato da un uomo d’affari senza scrupoli interpretato da Henry Ian Cusick, il Desmond di Lost.


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