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Sernik, dalla Polonia con dolcezza

Da Pamirilla

    Sernik, dalla Polonia con dolcezza.
Il telefono squilla a vuoto. Mi irrita, soprattutto mi inquieta.
Lei non c’è.
Devo partire; vado, lontano, e poi eccomi di nuovo a casa.
Da lei non risponde nessuno .
Esco, ritorno, mi tuffo nelle mille cose da fare, riemergo e chiamo ancora.
Mi risponde l’odioso rimbombo del niente.
Allora ricordo quel giorno, l’estate già piena ed i nostri saluti. Elzbieta è sempre felice di tornare a casa, in Polonia. Vive a Roma da tutta una vita ma casa, per lei, è sempre quella. Ho una brutta sensazione e mi sembra che, alla fine di quell’abbraccio, non ci sarà più niente. A malapena nascondo il mio turbamento e colgo il suo sguardo perplesso. L’abbraccio ancora e poi ancora una volta e fuggo via, ripiena di un’infelicità improvvisa e disperata.
Chiamo di nuovo: tu tu tu. Non c’è nemmeno Claudia, la signora che l’aiuta a tenere in ordine la casa. Questo è davvero strano. Mi agito.
Io sono un’ansiosa, non potete farmi questo. Se uno non mi risponde al telefono per più di due volte per me è già ora di chiamare polizia, carabinieri e tutti gli ospedali del mondo (non si sa mai dove può essere avvenuto l’incidente fatale). E lei non mi risponde già da 20 giorni mentre dovrebbe essere tornata da un pezzo.
Piango.
Lo so che non ha senso ma che posso fare. La chiamo a voce visto che con il telefono non ho fortuna. La chiamo con la voce e con le lacrime. Lo so che è un po’ ridicolo, magari porta anche sfiga, ma che posso fare?
Una torta, ecco cosa posso fare, farla nel mio modo.
Mi ci vuole una ricetta polacca, direi qualcosa di tradizionale ed evocativo, antico, che possa piacerle o quanto meno che possa significare qualcosa per lei. Io non ne so niente di cucina polacca.
Mando velocemente una e-mail ad Anna (ricordate, l’ho conosciuta nell’ultimo viaggio in Toscana) e mentre aspetto il suo consiglio gironzolo in internet.
Makowki, makowiec, kruszaniec, sernik, ciasto piernikowe, sernik, sernik…..sernik.
Sernik più che altro è l’unica parola del mantra che riesco a pronunciare. Ma sembra anche buono.
Cerco di orientarmi tra ricette approssimative e le informazioni di un paio di siti più attendibili e nel frattempo arriva la risposta di Anna che mi suggerisce………di fare il sernik!!!! Maddai, allora è questa la torta magica! Anna mi dà qualche indicazioni ed una ricetta, la sua.
Devo comprare questo Bialy ser, un formaggio fresco Polacco che serve per fare il dolce. Ho tante cose da fare e non dovrei uscire di casa ma conto di trovare il ser al negozio polacco vicino alla stazione Tiburtina e calcolo che non mi ci vorrà molto. Invece il negozio lo ha finito. Ma il negoziante mi fa sapere ce l’ha l’altro negozio. Che bello, penso. Chiama e fa mettere da parte le confezioni che mi servono. Che bello, penso. L’altro negozio è a piazza Risorgimento, per chi non è di Roma leggi: “dall’altra parte della luna”. Ah, che bello, penso. Arriva un temporale impetuoso e non vi sto a dire cosa penso e poi decido di prendere l’autobus invece della metro e quando, 45 minuti dopo, sono ancora a 500 metri dal punto di partenza allora i miei pensieri si sono fatti davvero censurabili.
Ho….avevo una tabella di marcia da rispettare e invece sto mandando tutto a gambe all’aria.
Non dovrei….penso che non dovrei, invece lo faccio, proseguo come quei soldatini a pile duracel che marciano, marciano, marciano testardi e risoluti verso una priorità tanto assoluta quanto incomprensibile.
Quando sono di nuovo a casa è tornato il sereno, ci sarebbe il sole se non fosse che è già passata l’ora del tramonto ma io ho con me un ricco bottino: un chilo e mezzo di cacio polacco e un certo ottimismo del tutto fuori luogo.
Dopo alcune inderogabili faccende passo all’esperimento pasticcio.
Ingredienti per uno stampo da 24cm.

Per la base
150g di biscotti digestive
70g di burro
4 cucchiai di zucchero
Un pizzico di cannella
Per la crema di bialy ser
370g di bialy ser
150g di zucchero
4 uova
100g di burro
2 cucchiai di farina
Uvetta q.b. (io ho usato quella di Corinto)
Vaniglia q.b.
Scorza di limone grattugiata q.b.
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In pratica, l’avrete capito, è una specie di cheese cake però il formaggio polacco conferisce un aroma ed una consistenza diverse da quelle dei più conosciuti cheese cake fatti con Philadelphia o ricotta.
Comunque il bialy ser è una ricotta acida e le amiche siciliane la troveranno facilmente, in altre regioni non so e nel Lazio non l’ho mai vista.
Per il fondo trito i biscotti e li mescolo con il burro fuso, lo zucchero e la cannella. Presso nello stampo a cerniera e metto in frigorifero.
Ora la crema.
Le ricette di internet, tradotte sommariamente dal polacco, mi dicono di passare il formaggio al tritacarne (?!). Anna però non sapendo spiegare bene la ricetta perché le mancano le parole giuste (anche se parla italiano benissimo) mi manda una foto via e-mail: un minipimer. Bello il minipimer, penso. Di sicuro meglio del tritacarne!
“Povera mia stella” mi diceva sempre Elzbieta con il suo accento forte da straniera. Bastava un brufolo ed ero già una povera stella offuscata e da compatire. Per Elzbieta nulla era mai troppo poco grave.
Lei era una donna con già diverse vite alle spalle, io poco più di una ragazzina.
“Coraggio, coraggio” mi salutava sulla porta di casa quando andavo via.
Dunque monto i tuorli con lo zucchero e poi aggiungo il burro molto morbido. Monto a crema e poi unisco anche il formaggio grossolanamente schiacciato con la forchetta. A questo punto omogeneizzo il tutto con il minipimer , unisco la farina setacciata, la vaniglia, la scorza di limone e infine, quando la crema è liscia ed omogenea, le uvette.

“Povera mia stella” e io ridevo. Lei mi faceva una carezza e mi chiedeva notizie della mia vita.
Pian piano mi sono fatta donna e lei si è fatta fragile. Esile e piccola ma piena di forza, Elzbieta non ha mai concesso troppo tempo a facili lamentele e la sua vita l’ha riempita di coraggio e tenacia.
“Coraggio, coraggio” mi salutava sempre così, con il suo sorriso dolce, la sua voce tenue e quell’accento polacco indistruttibile pur dopo tanti anni di lingua italiana.
Infine monto le chiare a neve e le unisco delicatamente al composto.
Il dolce deve cuocere a 180° per un’ora ed un quarto circa. Infilando uno stecchino nella torta deve rimanere asciutto. La torta si alzerà moltissimo e poi raffreddandosi scende, si affloscia su se stessa (non fatevi venire un infarto se lo fa perché è normale) e formerà una leggera fossa al centro. Una volta fredda del tutto sarà alta quasi la metà.

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Quando la mia vita diventò una sfida troppo grande persino per me che vivo solo e sempre sfidando la vita, Elzbieta mi raccontò la sua storia. Erano già vent’anni che ci frequentavamo con regolarità ma del suo passato non sapevo nulla. Del suo passato da giovane donna in un Paese straniero, arrivata al seguito dell’Amore e poi rimasta sola con due figli piccoli. Il monolocale dove viveva, un lavoro da trovare. Non aveva nulla tranne se stessa e la responsabilità verso i suoi figli. Qualcuno l’ha aiutata a trovare lavoro il resto lo hanno fatto la sua intelligenza, la sua preparazione e anche la sua creatività e l’ottimismo. Era bella da giovane, mi dice, esotica e rara in quei tempi in cui non si immaginavano flussi d’ immigrazione e badanti . Era bella e strana e soprattutto aveva coraggio. Ma anche dolcezza.
E così creò con pazienza e sapienza la sua attività.
Ora ha un bellissimo appartamento in un quartiere residenziale. I suoi figli sono grandi e la amano. Tutti la amano non si potrebbe fare diversamente.
Mi raccontò la sua storia perché sapeva che ne avevo bisogno e forse anche lei ne aveva.
In quel momento così intimo ed intenso mi sembrò che fossimo la stessa donna in età diverse, in mezzo a noi tutta una vita da vivere.
“Coraggio, mia stellina, coraggio”. E io le ho dato retta, grata, sono andata avanti.
Il sernik si può mangiare appena freddo ma solo il giorno dopo dà il meglio di sé. Insomma, come preparazione è proprio identico al cheese cake però con qualcosa di speciale.
Per la salsa d’accompagno mi aiuta un’altra amica, passa da me per caso e forse è un Caso generoso e saggio che la manda. Lei è specializzata in marmellate, gelatine e confetture….non so nemmeno se chiamare così il nettare divino che esce dalle sue cucine. Comunque, mi porta una confettura fatta con arance, limoni, noci, uvetta e spezie (il vero segreto è nelle spezie). Ne sciolgo un po’ in uno sciroppo di acqua e zucchero e capisco subito che il matrimonio con il sernik è perfetto.
Prima di pranzo ricevo una telefonata.
Dalla Polonia.
La figlia di Elzbieta ha trovato la mia chiamata in segreteria e mi avvisa che la madre ha avuto problemi di salute, deve essere operata ma non è nulla di grave. Conta di tornare a Roma a fine mese.
Anche Claudia ha avuto qualche problemino e per questo non ho trovato neanche lei. Anche io, le vorrei dire, ho avuto qualche problemino ma era solo ansia.
Ora questa torta sto per rifarla. C’è qualcuno che ha bisogno di un dolce fatto con molto amore ed una certa dose di coraggio.
E solidarietà, amorevolezza, amicizia e conforto. Questa è la torta giusta, la Torta Magica dell’Amicizia.
Penso che a Elzbieta sarebbe piaciuta tantissimo, magari quando torna gliene porto una.
 

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