di: Lorenzo Borrè
Sui fatti romani del 15 ottobre nell’arco di ventiquattr’ore si e’ giá letto di tutto: anche i banchieri e i camerieri della finanza internazionale hanno voluto dire la loro; hanno ripreso fiato anche i politicanti più screditati, che per l’occasione hanno spudoratamente preteso di parlare in nome di quello stesso popolo che hanno trascinato ad un passo dalla fossa.
Quali siano gli effetti dei torbidi di sabato sul movimento di protesta è però presto per dirlo, e ogni prematura analisi rischia di essere platealmente smentita nell’arco di qualche settimana o di pochi mesi.
Non si può però non notare che il 15 ottobre si è verificata una sorta di corto circuito: la manifestazione, sponsorizzata dai circoli Sorosiani e strumentalizzata dei partiti che contendono alla compagine berlusconiana il diritto di sfruttamento di quel che resta della Nazione italiana (i cui tentativi egemonici hanno fatto quasi passare in secondo piano le motivazioni di fondo della protesta), è stata infine sabotata da un’orda organizzata, che puntualmente spunta fuori nei momenti più critici per l’Establishment.
E’ come se il Sistema, avvertendo il pericolo, avesse generato potenti anticorpi, atti in parte ad imbrigliare e snaturare la protesta e in altra parte a farla abortire.
E’ l’eterno ritorno di quel canagliume che tiene in ostaggio ogni tentativo, anche il piu’ spontaneo e ingenuo, di far saltare le categorie di destra e sinistra e di unire il popolo contro il dominio del capitale e dei suoi mezzadri.
Con un paradosso temporale si potrebbe dire che la migliore analisi di quello che e’ successo sabato l’ha fatta Dostoevskij: “nei torbidi periodi di incertezza o di passaggio, sempre e dovunque fanno la comparsa persone di ogni genere. Non intendo alludere ai cosìddetti progressisti che hanno sempre fretta di trovarsi davanti a tutti (è la loro principale preoccupazione) nel perseguire un certo loro scopo, magari anche il più sciocco e assurdo, ma pur sempre più o meno determinato. No, io parlo soltanto della Canaglia. In ogni periodo di transizione il canagliume, che si trova sempre in qualsiasi società, si ammutina non solo senza nessuno scopo, ma perfino senza il benché minimo accenno di un qualsiasi pensiero, soltanto per dare sfogo con tutte le sue forze alla propria inquietudine e insofferenza. E tutto quel canagliume, senza neppure rendersene conto, quasi sempre finisce per mettersi agli ordini di un piccolo gruppo di vessilliferi che invece agisce per uno scopo determinato e trascina quell’immondizia dove più gli piace” ( da: i Demoni).