A vederli tutti insieme sul palcoscenico del teatro Capranica fanno tenerezza. Poca gente in platea, spettatori in là con gli anni, vecchi rincoglioniti dall’uso intensivo del Viagra, la rappresentanza delle casalinghe di Abbiategrasso, l’illusione di poter ancora dire la loro mentre l’impero crolla e la polvere delle macerie invade il proscenio. Quel proscenio. È la convention dei “Liberi servi del Cav.” che ha già un vizio d’origine nel titolo non avendo mai incontrato, a memoria, un servo libero. Ma loro ci si sentono, dirigono giornali mica un McDrive, vengono lautamente stipendiati, anche se non fanno molto di più di un rasatore full-time di kebab. Vogliono dimostrare di essere ancora degni della loro professione e quindi bacchettano moderatamente, quasi teneramente, il padrone (se sono servi un padrone devono averlo altrimenti sono come i Giulio Cesare e i Napoleoni dei manicomi) che è presente pur assente: c’è la sua sagoma. L’hanno fatta a grandezza naturale per risparmiare sul cartone. È sorridente, con la pancia un po’ in fuori, l’eterno sorriso a tutta dentatura stampato in faccia. È incombente e inibente, proprio come la statua di Sant’Antonio nella chiesa del nostro paese che ci terrorizzava da bambini. Sant’Antonio aveva un maialino ai piedi, al Capranica ce ne sono cinque perché Silvio non si accontenta mai. Eppure sono giornalisti. Sono iscritti all’ordine come lo erano Indro Montanelli, Enzo Biagi,Tiziano Terzani, Oriana Fallaci, Pippo Fava, Mauro De Mauro, Giancarlo Siani e Ilaria Alpi. Sono giornalisti e dovrebbero sapere qual è il loro mestiere ché se vuoi fare il tribuno lo cambi e dirigi la gazzetta del partito. Si chiamano Alessandro Sallusti, Maurizio Belpietro, Mario Sechi, Vittorio Feltri e, non primus inter pares ma primus e basta, Giuliano Ferrara speaker di Radio Londra. Sono tutti esempi di giornalisti con una solidissima carriera alle spalle, prestigiose collaborazioni con il Gazzettino di Venezia, la Provincia di Como, l’Indipendente, l’Unione Sarda, l’Eco di Bergamo, la Notte, Bresciaoggi, Bergamooggi, e la fama di cantarle sempre forti e chiare agli avversari del Cavaliere perché “toccare” lui sarebbe un suicidio professionale ed economico. Si sono riuniti per dire la loro al padrone, quasi una sorta di rappresentanza sindacale che vuole discutere con l’amministratore delegato dell’azienda il piano industriale. Si sono riuniti per dire a Berlusconi di tornare a volare alto, di lasciar perdere la magistratura e riprendere in mano la guida di un paese che ha tanto bisogno di lui e delle sue riforme, per testimoniare a nome delle donne il bene che ha fatto alla categoria, valorizzandole in tutte le loro prerogative di vergini e madri, regine della casa e prestanome in qualche ministero. Vederli lì, tutti insieme appassionatamente, ridere di gusto alle loro provocazioni, come Silvio delle barzellette che racconta, ci ha fatto tanta tenerezza. Se non fossero intimamente degli squali verrebbe voglia di adottarne qualcuno, tenerlo in giardino sulla sedia a dondolo, mettergli in mano la Settimana Enigmistica aiutandoli a risolvere “Le differenze” e rimboccargli le coperte a letto, la sera, dopo aver aggiustato il pannolone. Invece sono tutt’altro. Per venti anni hanno succhiato il latte al seno del padrone dandogli in cambio l’eterna fedeltà e l’obbedienza incondizionata come fanno i cani, perché i gatti, nel loro piccolo, si incazzano e spesso graffiano. E mentre il fotografo li immortalava in una foto di gruppo che farà da promo a Villa Sorriso, al Senato la loro maggioranza andava sotto ben due volte, Silvio era alle prese con l’ennesimo vertice del Gran Consiglio, Bossi si stava grattando le palle con Tremonti convinto dell’inutilità di grattarsi la testa come tutti gli esseri umani che una testa ce l’hanno. A tarda sera si verrà a sapere che il vertice del Gran Consiglio era stato convocato non per risolvere i problemi della nazione, ma per vedere cosa fare se il referendum sul legittimo impedimento dovesse passare. Dopo ore di discussione si è deciso che, a quorum raggiunto, il governo presenterà immediatamente al Senato la proposta per la cosiddetta “prescrizione breve”, non senza aver fatto presente a Giorgio Napolitano che sarà l’ultima legge ad personam di questo mandato. Ormai lo ammettono senza pudore che si sono persi anni dietro i problemi giudiziari del presidente del consiglio, e senza pudore continuano a governare non avendo più una maggioranza né uno straccio di idea su come andare avanti. In compenso hanno i porcellini di Sant’Antonio ben decisi a non mollare l’osso né a smettere di grugnire nel trogolo. Lo sanno tutti, ognuno mangia nel ristorante che si merita.
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Servi per caso, paraculi per convenienza. La storia triste degli elefantini e di Silvio che li fece volare
Creato il 09 giugno 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
A vederli tutti insieme sul palcoscenico del teatro Capranica fanno tenerezza. Poca gente in platea, spettatori in là con gli anni, vecchi rincoglioniti dall’uso intensivo del Viagra, la rappresentanza delle casalinghe di Abbiategrasso, l’illusione di poter ancora dire la loro mentre l’impero crolla e la polvere delle macerie invade il proscenio. Quel proscenio. È la convention dei “Liberi servi del Cav.” che ha già un vizio d’origine nel titolo non avendo mai incontrato, a memoria, un servo libero. Ma loro ci si sentono, dirigono giornali mica un McDrive, vengono lautamente stipendiati, anche se non fanno molto di più di un rasatore full-time di kebab. Vogliono dimostrare di essere ancora degni della loro professione e quindi bacchettano moderatamente, quasi teneramente, il padrone (se sono servi un padrone devono averlo altrimenti sono come i Giulio Cesare e i Napoleoni dei manicomi) che è presente pur assente: c’è la sua sagoma. L’hanno fatta a grandezza naturale per risparmiare sul cartone. È sorridente, con la pancia un po’ in fuori, l’eterno sorriso a tutta dentatura stampato in faccia. È incombente e inibente, proprio come la statua di Sant’Antonio nella chiesa del nostro paese che ci terrorizzava da bambini. Sant’Antonio aveva un maialino ai piedi, al Capranica ce ne sono cinque perché Silvio non si accontenta mai. Eppure sono giornalisti. Sono iscritti all’ordine come lo erano Indro Montanelli, Enzo Biagi,Tiziano Terzani, Oriana Fallaci, Pippo Fava, Mauro De Mauro, Giancarlo Siani e Ilaria Alpi. Sono giornalisti e dovrebbero sapere qual è il loro mestiere ché se vuoi fare il tribuno lo cambi e dirigi la gazzetta del partito. Si chiamano Alessandro Sallusti, Maurizio Belpietro, Mario Sechi, Vittorio Feltri e, non primus inter pares ma primus e basta, Giuliano Ferrara speaker di Radio Londra. Sono tutti esempi di giornalisti con una solidissima carriera alle spalle, prestigiose collaborazioni con il Gazzettino di Venezia, la Provincia di Como, l’Indipendente, l’Unione Sarda, l’Eco di Bergamo, la Notte, Bresciaoggi, Bergamooggi, e la fama di cantarle sempre forti e chiare agli avversari del Cavaliere perché “toccare” lui sarebbe un suicidio professionale ed economico. Si sono riuniti per dire la loro al padrone, quasi una sorta di rappresentanza sindacale che vuole discutere con l’amministratore delegato dell’azienda il piano industriale. Si sono riuniti per dire a Berlusconi di tornare a volare alto, di lasciar perdere la magistratura e riprendere in mano la guida di un paese che ha tanto bisogno di lui e delle sue riforme, per testimoniare a nome delle donne il bene che ha fatto alla categoria, valorizzandole in tutte le loro prerogative di vergini e madri, regine della casa e prestanome in qualche ministero. Vederli lì, tutti insieme appassionatamente, ridere di gusto alle loro provocazioni, come Silvio delle barzellette che racconta, ci ha fatto tanta tenerezza. Se non fossero intimamente degli squali verrebbe voglia di adottarne qualcuno, tenerlo in giardino sulla sedia a dondolo, mettergli in mano la Settimana Enigmistica aiutandoli a risolvere “Le differenze” e rimboccargli le coperte a letto, la sera, dopo aver aggiustato il pannolone. Invece sono tutt’altro. Per venti anni hanno succhiato il latte al seno del padrone dandogli in cambio l’eterna fedeltà e l’obbedienza incondizionata come fanno i cani, perché i gatti, nel loro piccolo, si incazzano e spesso graffiano. E mentre il fotografo li immortalava in una foto di gruppo che farà da promo a Villa Sorriso, al Senato la loro maggioranza andava sotto ben due volte, Silvio era alle prese con l’ennesimo vertice del Gran Consiglio, Bossi si stava grattando le palle con Tremonti convinto dell’inutilità di grattarsi la testa come tutti gli esseri umani che una testa ce l’hanno. A tarda sera si verrà a sapere che il vertice del Gran Consiglio era stato convocato non per risolvere i problemi della nazione, ma per vedere cosa fare se il referendum sul legittimo impedimento dovesse passare. Dopo ore di discussione si è deciso che, a quorum raggiunto, il governo presenterà immediatamente al Senato la proposta per la cosiddetta “prescrizione breve”, non senza aver fatto presente a Giorgio Napolitano che sarà l’ultima legge ad personam di questo mandato. Ormai lo ammettono senza pudore che si sono persi anni dietro i problemi giudiziari del presidente del consiglio, e senza pudore continuano a governare non avendo più una maggioranza né uno straccio di idea su come andare avanti. In compenso hanno i porcellini di Sant’Antonio ben decisi a non mollare l’osso né a smettere di grugnire nel trogolo. Lo sanno tutti, ognuno mangia nel ristorante che si merita.
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