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Servire non servirsi: l’imperativo morale di Don Sturzo

Creato il 14 aprile 2015 da Libera E Forte @liberaeforte

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Pubblichiamo l’intervento di Francesco R. Averna pronunciato durante la presentazione del libro “Servire non servirsi. La prima regola del buon politico” dell’11 aprile a Caltagirone

Sono davvero lieto di partecipare oggi a questo incontro nel quale – prendendo spunto da una preziosa raccolta di scritti di Luigi Sturzo – siamo chiamati a chiederci quale contributo possiamo dare per riformare la nostra società secondo i principi e gli insegnamenti che egli ci ha lasciato.

In un recente incontro ho affermato con convinzione che Luigi Sturzo è stato un genio e un profeta: un genio perché nessuno ha avuto una visione del nostro Paese così lucida, arrivando a prevedere con decenni di anticipo tutti i mali che avrebbero corroso la nostra società. Ma egli è stato anche un profeta, nel senso letterale del termine, cioè un uomo al quale Dio ha dato il difficile compito di ammonire gli altri uomini dal fare il male e di tentare di riportarli verso il bene.

Luigi Sturzo è stato certamente un grande uomo di pensiero, un eccellente scrittore e un politico straordinario. Tuttavia io sono convinto che innanzitutto è stato un grande sacerdote, tutta la sua vita e la sua opera sono fondate sul Vangelo. Sono famose le sue parole: “ho fatto sempre tutto per amore di Gesù Cristo”. In poche parole egli ha portato nella sua azione sia in politica che in economia tutta la ricchezza della sua profonda vita spirituale.

Ma la multiforme personalità di Luigi Sturzo ha anche altre facce, forse meno conosciute dal grande pubblico. Giusto venti anni fa io fui invitato da Giovanni Palladino qui a Caltagirone ad intervenire ad un convegno sull’opera di Sturzo. Ero allora un dirigente di Confindustria e pochi anni dopo ne sarei divenuto vicepresidente.

Dissi allora, e lo ripeto oggi, che a mio avviso Luigi Sturzo fu anche un notevole imprenditore.

Egli aveva tutte le migliori qualità degli imprenditori: la visione strategica, lo spirito di iniziativa, le capacità organizzative.

Aveva appena 26 anni quando cominciò a battersi per migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei contadini e degli artigiani del calatino. Pochi anni dopo, eletto prosindaco di Caltagirone, promosse un vasto programma di sviluppo del territorio. Fondò la Cassa Rurale San Giacomo per combattere il fenomeno dell’usura e fornire credito a tassi dignitosi.

Un secolo dopo la Cassa San Giacomo è confluita nel Credito Siciliano, banca della quale oggi io stesso sono vicepresidente, e sono orgoglioso di dirvi che questa banca, nonostante la crisi e delle normative che spesso ostacolano l’attività creditizia, continua a operare ancora oggi secondo gli stessi principi di merito e solidarietà ai quali Sturzo si ispirava.

Don Luigi in quegli anni iniziò inoltre un vasto programma di rimboschimento del territorio, che comprendeva anche il famoso sughereto Santo Pietro, che lui rilanciò dal punto di vista produttivo e commerciale, dando un forte incentivo ai lavoratori più capaci. Infine, rendendosi conto che l’antica tradizione ceramica di Caltagirone era da tempo scomparsa, si batté per istituire nel 1918 la prima scuola di formazione per gli artigiani ceramisti e oggi Caltagirone è la capitale della ceramica italiana insieme a Faenza.

Luigi Sturzo spese tutta la sua azione politica e amministrativa per realizzare in concreto i principi della dottrina sociale della chiesa elaborati da Papa Leone XIII nella enciclica “Rerum Novarum”, che auspicava una positiva collaborazione tra imprenditori e lavoratori.

Non poteva quindi che sentire una totale avversione verso ogni forma di totalitarismo, tanto per la lotta di classe propugnata dal marxismo quanto per i metodi violenti con cui si stava affermando il movimento fascista.

A questi due dispotismi Sturzo contrapponeva una feconda sintesi tra il pensiero liberale e il solidarismo cattolico e per questo pagò un prezzo altissimo, prima con l’esilio durante la dittatura fascista e negli ultimi anni anche con una crescente insofferenza verso le sue idee nello stesso partito della Democrazia Cristiana.

Come poteva una persona come Sturzo, profondamente convinta della necessità di testimoniare il Vangelo, convivere con la mafia? Non poteva! E infatti egli lottò tutta la sua vita contro il fenomeno mafioso.

Sentite cosa scrive in un articolo del 1900: “la mafia stringe nei suoi tentacoli politica, amministrazione, giustizia. Ha i piedi in Sicilia ma afferra anche Roma, penetra nei ministeri e in parlamento”. E nello stesso anno compone un dramma teatrale intitolato proprio “LA MAFIA” che racconta di un uomo onesto che prima rifiuta l’offerta di corruzione della mafia, poi non si piega alle sue minacce e alla fine viene assassinato. Nel 1959, poco prima della sua morte, Sturzo scrive queste parole profetiche: “povera Sicilia mia, povera Italia mia: ora la mafia diventerà più crudele e disumana. Dalla Sicilia salirà l’intera penisola per portarsi oltre le Alpi”.

Ma la lotta di Luigi Sturzo contro il malcostume non si ferma alla mafia: egli combatté tutta la vita anche contro la corruzione nella politica e nella pubblica amministrazione, un cancro che purtroppo si è aggravato in tutti questi anni fino a minare dalle fondamenta la nostra società.

Sentite queste sue parole che sembrano scritte oggi: “è urgente una legge che regoli le finanze dei partiti, ne renda pubblici i bilanci e fissi il massimo che ciascun candidato possa ricevere per le spese elettorali. Se non affrontiamo con coraggio la situazione, la libertà finirà con l’essere incatenata dalla corruzione dell’attività politica”.

Sturzo scrisse parole di fuoco contro lo sperpero del denaro pubblico che alimentava la corruzione, e tanto nella sua esperienza di prosindaco quanto in tempi successivi si scontrò numerose volte con politici e funzionari pubblici corrotti.

Faccio un esempio concreto di come invece si continua ad agire con eccessiva cautela su questo tema: pochi mesi fa, a seguito dello scandalo del MOSE di Venezia, il politico veneto Giancarlo Galan ha patteggiato una pena di meno di 3 anni – per giunta da scontare nella sua magnifica villa – e il pagamento di 2 milioni e mezzo di euro, mentre è stato accertato che negli anni ha ricevuto tangenti per una cifra tripla o quadrupla. Bene, questo signore è tuttora presidente di una commissione parlamentare e continua a percepire l’emolumento da parlamentare e il vitalizio da ex presidente della Regione Veneto!

Vorrei concludere citando ancora Sturzo che a proposito delle riforme da fare per modernizzare l’Italia scrisse: “se le riforme non sono impregnate di eticità e realizzate con il sacrificio, non approdano a nulla”.

In sostanza, nessuna riforma può avere successo se non parte dalla ricostruzione di un tessuto di valori morali che purtroppo la società italiana ha perduto.

E in questa durissima attività nessuno di noi può chiamarsi fuori: l’opinione pubblica, i mezzi di comunicazione, ma anche ogni singolo cittadino ha il dovere di esercitare un controllo costante sull’operato dei poteri pubblici e di denunciare con ogni mezzo possibile le tante storture a cui assistiamo. Il controllo dal basso e la emarginazione dei disonesti e dei corrotti sarebbero più efficaci di qualsiasi legge.

E secondo me questo sarebbe il modo migliore per rendere omaggio al nostro grande siciliano don Luigi Sturzo.


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