di Rina Brundu. Vado in ordine di importanza e parto quindi dalla giacca di Travaglio. Bella debbo dire. Elegante. Di un un blu brillante e fighissimo che parlava da solo. Non a caso, mentre Marco recitava il suo settimanale sermone e declamava i peccati politici, passati e trapassati, veniali e capitali di Gianfranco Fini, nello studio catarticamente affascinato, pareva quasi di sentire l’invettiva (silenziosa) di quella: “’A Sirviò, mica il guardaroba da grande sarto ce l’hai solo tu! ‘A prossima vorta oltre a sporverarmi la sedia mi spazzoli pure il corpetto!”. E pareva pure di vederla mentre “scrutava” ora a destra ora a manca per sondare l’umore della claque allo scopo di recuperare il favore di quei tre o quattro rinnegati che – in virtù della sonora batosta mediatica ricevuta dall’immarcescibile leader pidiellico – avevano pensato bene di rinnegare il verbo!
Gli incerti delle arene politiche: come se si potesse abbandonare Travaglio per così poco! Una stecca la prendono tutti. Certo, sarebbe sempre meglio non prenderne due. Per esempio, da dire vi è che la ramanzina di ieri sera a Fini non è stata troppo incivisa e a suo modo pure questo è un peccato capitale, sebbene giornalistico. C’era infatti un che di occhio-benevolo in tutto quel parlare e in quel reiterare che i peccati politici commessi dall’ex leader di AN non sono stati pochi in questi ultimi 20 anni; finanche nell’ammonire che avrebbe dovuto divorziare prima da un qualsiasi partito pronto a cacciare chiunque osi pronunciare la parola “legalità” in almeno due occasioni.
Concedo solo che prendersela con Fini è un poco come sparare contro la Croce Rossa. In senso buono dico. E urlargli addosso è pure controproducente, bene lo ha compreso Maurizio Landini (segretario generale della FIOM-CGIL), il quale nella sua invettiva (urlata) tutta tesa a difendere anche l’indifendibile nelle sue pur nobili ragioni, si è dovuto scontrare con il muro invalicabile della cortesia, unità all’inflessibilità, del metodo dialettico finiano. Di sicuro fa sempre piacere sentire una persona seria come Gianfraco Fini parlare di Politica e di modalità di “sintesi”, ovvero di una modalità moderna e nuova di guardare al rapporto destra-sinistra che sia capace di superare la tradizionale contrapposizione “muscolare”. Del resto, lo ha ribadito pure lo stesso Presidente della Camera al Savonarola di turno che lo attaccava dal solito pulpito santoriano (in maniera a suo modo taroccata si intende, dato che il tal avvocato era un suo amico-nemico di lunga data, dai tempi dell’MSI!): “Fare comizi è facile, fare Politica è cosa altra!”.
Che a seguire quel modus ragionandi, Maurizio Landini aveva ogni ragione quando gridava: “Ma dove eravate tutti quanti quando era necessario farle le cose? Non c’eravate voi al governo?”. Momenti mediatici, finanche esaltanti (si fa per dire), di una campagna elettorale che mercé le incursioni similcomiche di Berlusconi negli studi televisivi di tutta Italia (Canton Ticino, compreso), insieme all’effetto-camaleontico attribuibile alla sua capigliatura cotonata, la quale pare ormai avere il dono di sapersi “adattare” meravigliosamente allo sfondo intorno, raccontano tutta la pragmatica impossibilità del “cambiamento” sostanziale di mentalità-politica tanto auspicato. E a voglia Salvini (anche lui presente in studio nella veste di strenuo difensore del ben-operare leghista), lamentare e stigmatizzare il “fantasma” del Monti che se ne guarda bene dallo “scendere” a predicare tra la gente. Non so perché ma se fossi un politico-di-questi-tempi seguirei il suo esempio…. Then again, la Politica è bella perchè vari… pardon, avariata!
Featured image Fini seduto, ad un corso nazionale del Fronte della Gioventù a Montesilvano ne 1980, insieme a Giorgio Almirante, con a destra gli allora dirigente nazionali del FdG Maurizio Gasparri e, seduto, Almerigo Grilz. Fonte Wikipedia, foto in dominio pubblico.