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Notizia di oggi, il TAV per la linea Torino Lione si deve fare, l'ha ribadito anche il governo. Il ministro dell'interno ha commentato che ora non è più tempo del dialogo, ma della fermezza.
Fermezza per le possibili infiltrazioni nel movimento NO TAV di grange violente, perfino del ritorno delle vecchie Brigate Rosse, fantasma del passato che ieri sera il segretario del PD Bersani ha ritirato fuori.
Fermezza contro chi protesta, bloccando autostrade e cantieri, non solo abbattendo alberi (in una valle che vive di turismo ) e che nessuna opera di compensazione potrà far ricrescere.
Si parlava della TAV, con Landini, Bersani, Irene Tenagli e, in collegamento dalla valle, Sandro Perino col braccio ingessato e Marco Bruno, il provocatore.
Ma in realtà, ieri sera ad essere in discussione non era solo la grande inutile opera, ma il concetto stesso della democrazia.
L'ha spiegato Santoro nella sua anteprima ed è stato un concetto ripetuto nel corso della trasmissione: da una parte lo Stato, dall'altra gli abitanti della valle che non partecipano alle decisioni dello stato.
Ma le ragioni dello Stato non devono apparire come le ragioni di uno stato autoritario, ma devono essere razionali.
Ecco, le regioni dello stato: ha un bel dire, Bersani (che almeno è l'unico politico che ci ha messo la faccia, solo in trasmissione, ma è l'unico che si è confrontato con i valsusini) che si è deciso in sede democratica, nelle istituzioni, nei comuni.
Questa è la democrazia, secondo Bersani e secondo tutti i partiti (con poche eccezioni): l'opera la vogliono i francesi, la vuole l'Europa, la vogliamo noi italiani (la maggioranza dei comuni): siamo tutti pazzi?
“Una ferrovia è un oggetto che abbiamo contesato magari perché non c’era. Si può discutere, ma è mancato il dialogo. Un’opera pubblica è fatta di procedure; ci sono componenti eversive che cercano acqua in cui nuotare che sia Equitalia, che sia NoTav”.
Non solo, queste contestazioni che si stanno radicando e che ormai non sono solo nella valle, ma anche in altre città d'Italia: è l'occasione unica, secondo Bersani, per far riemergere componenti eversive.
A queste ragioni si potrebbe rispondere in varie maniere. Primo, l'Europa ci chiede di chiudere 100 discariche illegali in Italia, cosa facciamo allora? Le chiudiamo tutte e facciamo contenti anche i comuni che non vogliono più altre discariche in deroga, sul loro territorio, come a Roma?
Secondo: il rischio infiltrazione delle frange eversive. E come mai fanno tanto paura le contestazioni, per il rischio terrorismo, mentre non fanno mai paura le infiltrazioni (quelle sì, reali) della ndrangheta dentro i lavori per le grandi opere?
In Piemonte, come in Lombardia.
Forse le mafie fanno meno paura delle persone che occupano la A32, mettendoci la faccia?
E , a proposito delle scitte minacciose contro Caselli: la magistratura e le forze dell'ordine hanno il compito di indagare dentro il movimento per arrestare (eventualmente) chi commette reati.
Ma compito della politica è parlare con le persone: come ha anche spiegato Santoro ad un Bersani che guardava in basso, quasi con sofferenza nel doversi confrontare con i valsusini, sta nascendo un forte radicalismo ambientalista con cui dobbiamo misurarci.
Persone che non si fidano più dei partiti, delle loro promesse: persone che non accettano più le imposizioni e le scelte che vengono paracadutate dall'altro sul territorio.
Chi ha deciso del TAV? Sono stati veramente coivolti tutti i comuni? E chi risponderà nel futuro se i costi dovessero lievitare? Se l'opera non porterà affatto ad un aumento dei traffici con la Francia, che facciamo?
Ainis in studio ha proposto di fare un referendum sull'opera “Sarebbe una bestemmia sottoporre a referendum la decisione sul TAV? Si potrebbe svolgere un referendum su scala nazionale, dando due-tre alternative. Credo ci sia sempre qualcosa di sbagliato quando i cittadini non hanno la parola”.
Se veramente i partiti pensano che questa sia un'opera imprescindibile, devono andare in Val di susa a convincere le persone cui stanno espropriando i terreni. Di cambiali in bianco, nessuno ne vuole più firmare.
E nemmeno nessuno vuole più sentire le stesse, inutili parole, secondo cui se non si fa il ponte, il traforo, l'autostrada, si blocca l'economia, ci isoliamo dall'Europa.
E' oggi in crisi un intero modello di sviluppo, basato sul cemento, le grandi opere (appaltate anche alle coop rosse come la CMC di Ravenna).
Sempre che la politica abbia voglia ancora oggi di dare delle risposte ai disagi delle persone, senza ogni volta tirar fuori lo spettro dell'eversione.
Va dato atto a Bersani di esserci ieri sera. Ma il vero dialogo è sedersi attorno ad un tavolo, disposti anche ad accettare le ragioni della contro parte. Non posso più ascoltare persone che dicono che l'opera va fatta perchè è già stato deciso.
L'intervento di Perino dalla Val di Susa:
L'intervento di Travaglio:
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