“Game of Thrones” ha raggiunto negli Stati Uniti medie d’ascolto impressionanti con 18,4 milioni di telespettatori proiettati nel regno di Westeros, collocandosi come il più grande fenomeno televisivo dai tempi di Lost. Game of Thrones ha ben poco del fantasy tradizionale, è piuttosto simile ai Soprano, con le spade al posto delle pistole: una storia che parla del potere e dove i confini tra il bene e il male sono molto sfumati. Ecco una lista di motivi per cui, a nostro avviso, la serie fantasy tratta dalla saga letteraria di George R. R. Martin merita di essere vista.
Sui generis.
Lo definiamo di primo acchito un fantasy, ma la produzione ha saputo mescolare tanti generi in maniera ottimale, stemperandoli con una buona dose di sesso (che ha ispirato la parodia porno Game of Bones), giusto per rendere l’atmosfera più contemporanea. Non bastano tre draghi per far perdere realismo e credibilità alla serie: ci sono riflessioni geopolitiche, profondi scavi psicologici, descrizioni dettagliate degli aspetti più diversi della vita. Ed è imprevedibile. Tutti possono morire, nessuno è indispensabile. “Game of Thrones” spiazza il suo pubblico non solo per le morti più truculente dei suoi grandi protagonisti, ma anche per il continuo rimescolamento delle alleanze per i relativi giochi di potere. E nell’incertezza di questo scenario in divenire, noi restiamo incollati allo schermo aspettando la puntata successiva.
Game of Money.
“Game of Thrones” è diventato “Game of Thrones” per i tantissimi soldi spesi nella produzione. E’ stato calcolato che ogni episodio costi in media sui 6 milioni di dollari e che il solo pilot della prima stagione ne sia costati 10! Basti pensare che le comparse nel giorno più affollato di produzione sono state 250. E 150 i set di armi creati per la serie (130 gli elmi). La quarta stagione è costata ben 60 milioni di dollari, un budget altissimo per gli standard televisivi. Soldi ben spesi se osserviamo con attenzione la scrupolosità della fotografia e della scenografia, le regie e le sceneggiature impeccabili. Inoltre questa ricchezza produttiva la si può notare nei luoghi scelti per girare: dalla Croazia all’Islanda, dal Marocco all’Irlanda del Nord.
Fenomeno virale.
La presa di “Game of Thrones” sul pubblico non sarebbe stata la stessa se ci fossimo trovati nei primi anni del Duemila, senza social network. Ogni episodio della serie è commentato, analizzato, sbeffeggiato, parodiato su Facebook, Twitter, Tumblr e così via. Diventando virale. I trailer ufficiali distribuiti su YouTube hanno raccolto rispettivamente venti e dieci milioni di views e tra le mille iniziative pensate per stuzzicare i fan ci sono anche percorsi artistici piuttosto imprevedibili, come una mostra di pop art che si intitola Winter Is Coming (come il primo episodio della prima stagione). Un’altra liaison decisamente inedita è quella tra l’immaginario fantasy e la musica hip hop, con la diffusione di un mixtape di dieci brani inediti di produttori e rapper come Big Boi, Common e Wale. L’intreccio tra i due mondi apparentemente agli antipodi si consuma attraverso campionamenti dalla colonna sonora e liriche che fanno riferimento alle avventure narrate nella serie.
L’autore ha fatto testamento.
Il cast di Game Of Thrones è uno dei punti di forza della serie anche se quasi nessuno di loro ha mai letto uno dei libri di George RR Martin. Il motivo? Per non lasciarsi influenzare nella recitazione. La sua conclusione è ancora piuttosto nebulosa se consideriamo che l’autore della saga letteraria, George R.R. Martin, è tuttora al lavoro sul sesto libro, The Winds of Winter, che potrebbe uscire nel corso del 2015. Ma l’autore rassicura i posteri, facendo sapere che ha rivelato ai produttori come pensa di chiudere la storia nel caso lui muoia prima.
Invasione di nomi.
Il 25% dei bambini nati in Qatar sono chiamati con i nomi dei personaggi delle soap opere turche. Lo rivela il quotidiano arabo Gulf Times citando le fonti del Ministero della Salute. L’America si difende bene, considerando che nel 2012 più di 150 neonati sono stati chiamati Khaleesi e Arya è al momento il nome che si sta diffondendo di più.
Avi degni di nota.
Oona Chaplin (Talisa, moglie di Robb) è la nipote del grande Charlie Chaplin. Harry Lloyd (Viserys Targaryen) è il pronipote di Charles Dickens. Geniali rimandi. La sigla della serie è ispirata a una macchina di Leonardo. Ma non solo: il title designer Angus Wall ha dichiarato che, per distinguersi dallo stile usato solitamente nelle mappe dei mondi fantasy, la sigla è stata concepita per rappresentare un mondo all’interno di una sfera, la cui forma è ispirata alle stazioni spaziali della fantascienza anni Sessanta. Gli ingranaggi che sorgono dalla mappa rappresentano i diversi regni e le rispettive famiglie, e sono caratterizzati a seconda della cultura e del paesaggio dominante. Ogni stagione ha la propria sigla, che si evolve con il procedere della serie.
Tratto da una storia vera.
Ad ispirare George R. R. Martin per la saga sono state le tartarughe che allevava durante l’infanzia: vivevano in un castello e lottavano. Ma anche la storia condizionò la sua penna. La Guerra delle Due Rose ha ispirato la trama principale della saga: la lotta per la successione al trono. Combattuta in Inghilterra tra il 1455 ed il 1485 fu una violenta lotta dinastica che vide contrapporsi i Lancaster e gli York. Martin ha tratto ispirazione da questo fatto storico per la trama principale de Le cronache del ghiaccio e del fuoco, com’è evidente nel sanguinoso conflitto per la conquista del Trono di Spade, caratterizzato peraltro da quelle stesse unioni fra consanguinei che, già all’epoca della Guerra delle Due Rose, servivano a garantire la purezza della linea di successione.
Do you speak Dothraki?
I produttori dello show hanno assunto il linguista David Peterson per scrivere il dizionario della lingua Dothraki, uno dei popoli che aspirano al trono di spade. Egli ha creato più di 3000 parole Dothraki, con precise regole grammaticali, ispirate al turco, al russo e allo swahili. Era dai tempi del klingon di StarTrek che non si vedeva una cosa così.
Un’opera titanica.
Il fatidico Trono di Spade, che dà il titolo alla serie, è stato realizzato fondendo spade vere su una struttura di legno. Un’opera molto complessa: lo scenografo Gavin Jones ci ha messo ben due mesi per realizzarlo.
di Valeria Ventrella per Oggialcinema.net