Pubblicato da Ossimoro
Se dico New York City, cocktail, vestiti, appuntamenti, uomini che vanno e vengono e, soprattutto, un gruppo di ragazze colte e intraprendenti, che vogliono tutto quello che di meglio la vita possa offrire, che cosa vi viene in mente? Se a tutto questo aggiungo due iniziali profetiche, C.B.? Ma certo, la scrittrice Candace Bushnell o, ancora meglio, Carrie Bradshaw, suo alterego cartaceo, che sullo schermo televisivo è stata resa immortale da Sarah Jessica Parker, protagonista dell’ormai storica serie televisiva Sex and the city, arrivata alla sesta stagione più due film per il cinema. E invece no. Perché le ragazze ambiziose che lasciavano la provincia per correre a mordere la Grande Mela dopo l’Università esistevano già negli anni ’50, fotografate in un affresco datato e moderno allo stesso tempo da Rona Jaffe, in un romanzo che è l’antesignano di tutta la chick-lit di qualità successiva, da Sex and the city a Il diavolo veste Prada. E nel 1952 C.B. era Caroline Bender, ventenne laureata in letteratura che, lasciata dal fidanzato a pochi mesi dalle nozze, lasciava Port Blair per iniziare una nuova vita a New York. Ed è solo una delle cinque protagoniste di Il meglio della vita.
Autrice: Rona Jaffe
Titolo: Il meglio della vita (“The best of everything”)
Editore: Beat (Edizioni originali Neri Pozza)
Pagine: 544
Prezzo: 9 euro
Trama:
In una gelida mattina del 1952 a New York, Caroline Bender, completo grigio di tweed, borsetta di cuoio con miseri cinque dollari all’interno, varca la soglia della casa editrice Fabian – cinque piani ad aria condizionata, poltrone di cuoio e interni dalle geometrie déco – per il suo primo giorno di lavoro. Nella casa editrice, altre due ragazze condividono con lei l’emozione del debutto: April Morrison, una texana col viso così bello da togliere il respiro, e Gregg Adams, una bocca che fa sembrare peccaminoso persino fumare una sigaretta. Tra dirigenti sadici e feroci e colleghi ambiziosi e affascinanti, le tre ragazze svolgono con distratta grazia il loro lavoro, sognando di conquistare tutto quello che ogni giovane donna può desiderare, all’alba degli anni Cinquanta, a New York: the best of everything, il meglio della vita, il meglio di ogni cosa.
RECENSIONE Rispetto a Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte, le protagoniste di questo romanzo sono, fin da principio, assai più giovani e ingenue: tutte provinciali, tutte piene di sogni, tutte dominate dalla volontà di affermazione personale e professionale, che tuttavia è sempre subordinata al pensiero dominante, quello di trovare il marito ideale.
Un affresco dipinto con sapienza, chiaramente autobiografico (la Jaffe è stata anche lei una rampante ventenne impiegata in una casa editrice) e curiosamente attuale, nonostante il punto di vista profondamente datato. Carrie, in Sex and the city, si domandava se Biancaneve, una volta rassegnatasi all’idea che il principe azzurro non sarebbe arrivato, avrebbe sputato la mela, cercato un lavoro, fatto un figlio in provetta e sottoscritto un’assicurazione sanitaria. A loro modo se lo chiedono anche le ventenni che trovano il loro primo impiego alla Fabian, rinomata casa editrice newyorkese che pubblica romanzi di genere e riviste. Conosciamole meglio: la protagonista assoluta è Caroline, che cerca di dimenticare l’ex perfetto fidanzato Eddie lavorando come dattilografa e leggendo i manoscritti di notte, nel tentativo di diventare una vera redattrice; farà carriera, troverà un amico prezioso, Mike, un aspirante marito poco accattivante, l’avvocato Paul, e tanti altri appuntamenti di una sera, che comunque non riusciranno ad eclissare l’irraggiungibile Eddie. C’è poi la bellissima texana April, aspirante attrice riciclatasi come segretaria, che rimane intrappolata nella rete del playboy egoista Dexter. Poi c’è la virginale Mary Agnes, la provinciale rimasta tale, che lavora alla Fabian per guadagnare i soldi necessari per organizzare il matrimonio col fidanzato storico, in attesa di tornare al paesello per mettere su famiglia. C’è Gregg, libertina e sregolata come una trottola impazzita, che si licenzia dalla Fabian per seguire un regista teatrale che ha il doppio dei suoi anni. E c’è Barbara, forse la figura più dolente e meglio costruita, ventenne divorziata con madre e figlioletta a carico, che col lavoro cerca di lasciarsi alle spalle il suo infelice e avventato matrimonio nella speranza che non sia troppo tardi per trovare un uomo che la protegga e faccia da padre alla sua bimba; si innamorerà di un uomo sposato, il dolcissimo e sfuggente quarantenne Sydney.
Cinque storie, cinque donne e un solo sogno: l’anello al dito, l’abito perfetto, l’amore che porta a compimento il disegno di una vita. Anche per chi, come Caroline, si illude di essere al di sopra di tutto questo, che le sue letture l’abbiano resa più profonda, che la casetta a due piani con garage, televisore e le vacanze al mare non sarebbero comunque abbastanza per una donna colta e indipendente come lei sta diventando. Salvo poi ripiombare nel baratro quando l’indimenticato Eddie rientra inaspettatamente nella sua vita.
Essere donna è un inferno: avere tanto bisogno d’amore, sentirsi una persona dimezzata, così debole. Che cosa aveva detto Platone? L’uomo e la donna sono incompleti finché non si uniscono. Perché non avevano cercato di chiarire questo concetto agli uomini?
Sullo sfondo sfilano figure controverse, come la dispotica signorina Farrow, una Miranda Priestly anni ’50, direttrice editoriale che ha consacrato la sua vita al lavoro e rende la vita un inferno ai suoi sottoposti; o il capo Shalimar, per cui le feste aziendali sono un’ottima occasione per infilare le mani sotto le gonne delle giovani dattilografe.
Non aspettatevi che questo romanzo sia soltanto l’antesignano del chick-lit: i libri di Sophie Kinsella e Lauren Weisenberg (e delle loro dozzinali epigoni) hanno il lieto fine, mentre Il meglio della vita è un romanzo amaro, ricco di riflessioni scomode, figlio di un tempo in cui c’era ancora un macabro gusto quasi naturalista nel rappresentare personaggi che non potevano avere ciò che desideravano. Infatti, non tutte le storie delle ragazze della Fabian sono a lieto fine e, in particolare, si nota un accanimento particolare dell’autrice nei confronti di quelle ragazze che, alla fine, più per destino che per premeditazione, non scelgono la strada del matrimonio, cadendo nella nevrosi o nel libertinaggio. Che significato l’autrice abbia voluto veicolare, all’epoca, con queste storie non è dato esattamente di saperlo: certo è che, allora più che adesso, scegliere una vita da donna single, carrierista e disinibita non era un’opzione semplice. Ciò che manca, quindi, a questo ideale antesignano di Sex and the city è una Samantha Jones, che scarichi il fidanzato ventenne e giri per New York sventolando spavaldamente il suo vibratore. E non per niente Rona Jaffe, intervistata settantatreenne alla fine degli anni ’90, dichiarò “Il meglio della vita è un Sex and the city senza vibratori”.
Insomma, è un libro che fa riflettere ed è in grado di parlare anche al pubblico degli anni ’10 del nuovo millennio, con uno stile ricco, descrizioni minuziose e attente e soprattutto con personaggi a tuttotondo, cesellati in ogni particolare, gradevole o sgradevole. Ciò detto, è difficile per una ragazza di oggi immedesimarsi in una delle protagoniste, fatta forse eccezione per Caroline; e anche per lei, l’incanto cade con il colpo di coda finale. Ed è un bene, perché ci dà la vera dimensione di quanto l’immaginario femminile si sia evoluto in sessant’anni: se siamo quello che siamo lo dobbiamo anche a queste donne, che per prime si sono confrontate con un mondo in cui, per la prima volta, entravano da esseri umani pensanti e autonomi, e non da mogli o da figlie.
L’AUTRICE Rona Jaffe (1931-2005) ha scritto numerosi libri di successo, quali Class Reunion, Family Secrets, The Last Chance, Mr. Right Is Dead. Il meglio della vita è l’opera che le ha dato la fama, con milioni di copie vendute e una fortunata trasposizione cinematografica con Joan Crawford, Suzy Parker e Hope Lange.