di David Incamicia
Il 14 dicembre è finalmente arrivato. Una data attesa da molti come "il giorno del giudizio", come l'appuntamento con la storia, come l'ora della resa dei conti definitiva fra bene e male. L'attenzione di media e di buona parte dell'opinione pubblica è tutta concentrata su quanto avverrà stamane alla Camera, dove è in programma il voto sulle due mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni e dai redenti finiani contro il governo di Silvio Berlusconi. Anch'io ho vissuto la lunghissima vigilia che ha preceduto quest'oggi con ansia e nervosismo, alternando speranza a disincanto.
Perchè chi siede a Palazzo Chigi non gode della mia stima e fiducia ma ancor di più non gode del mio apprezzamento quello strano fenomeno a tutti noto come "berlusconismo": una corrente di pensiero, un modus vivendi, una tendenza pratica e filosofica che ha coinciso con l'intero periodo di transizione della cosiddetta seconda repubblica, e con gli strumenti deteriori di funzionamento del sistema democratico che in tale periodo hanno caratterizzato la vicenda pubblica del nostro Paese, primo fra tutti il fantomatico assetto bipolare.
No, non mi sono mai completamente assuefatto al nuovo corso avviatosi sulle macerie della prima repubblica, crollata sotto i colpi violenti e irrazionali dell'onda giudiziaria/referendaria. Ho tentato con tutte le mie forze di resistere al clima di guerra civile permanente, di non piegarmi al "o di qua o di là", a volte ho ceduto alle lusinghe del falso nuovismo per poi prontamente pentirmi. Insomma, auspico come molti che oggi la sfiducia a Berlusconi passi e che possa quindi innescarsi un meccanismo virtuoso di rinnovamento della nostra democrazia, certamente più temperato, sobrio, ragionevole rispetto al quasi ventennio alle nostre spalle.
Ma al tempo stesso, sperando di sbagliarmi, temo e ritengo assai probabile che l'uomo forte di quest'era morente riuscirà oggi a farla franca per l'ennesima volta, a spuntarla per un pugno di voti, grazie al suo potere smisurato, allo squilibrio di mezzi che come sempre gioca a suo favore, alla spregiudicatezza che rappresenta la cifra del controverso personaggio. Sì, penso che ce la farà ma ritengo pure che questo non servirà ad arrestare il crepuscolo, a recuperare posizioni nell'agenda del fato. L'inevitabile redde rationem sarà solo rinviato e nessuno, nemmeno il massimo teorico del "ghe pensi mi", potrà sottrarsi al suo furore. Così come a nulla servirà continuare, anche dopo l'eventuale fiducia incassata oggi, a praticare lo squallido mercimonio di parlamentari.
Il vero "D-day" arriverà fra un mese, quando la Consulta sarà chiamata a decidere sulla costituzionalità del legittimo impedimento dando il là, nel caso di una prevedibile bocciatura, alle feroci polemiche e alle alzate di scudi in difesa del leader supremo. Sarà allora che il berlusconismo mostrerà il suo vero volto, e chi crede nella civiltà democratica sarà chiamato a una scelta di campo decisa e inequivoca. Non è, dunque, una mozione parlamentare che può determinare, nel bene o nel male, le sorti di un uomo pubblico e della sua esperienza quando il declino è comunque percepito come reale e inarrestabile nel tessuto sociale di una Nazione. Oggi Berlusconi potrà salvarsi dalla sfiducia del Parlamento, ma è fuori dal Palazzo che si consumerà la vera mozione di sfiducia al sistema.
In Piazza Montecitorio, tutti assieme, si raduneranno e protesteranno studenti, operai, dipendenti pubblici, precari, ricercatori, forze dell'ordine, comitati civici di Terzigno, terremotati dell'Aquila. Urleranno il proprio sdegno ai "rappresentanti del popolo", rivendicheranno quell'attenzione e quel sostegno scomparsi dal dibattito politico da troppo tempo. Sarà una sorta di assedio simbolico alla "casta" impegnata in altre faccende, sempre tesa all'autoconservazione, rinchiusa in un bunker autoreferenziale a consumare l'ennesima faida. Il Paese reale è stanco, smarrito, incazzato. Ha voglia di riprendersi la propria esistenza umiliata e ferita, di imporre il proprio protagonismo partecipativo a chi continua a volgere lo sguardo da un'altra parte. Oggi la vera sfiducia la daranno quei cittadini.
Ormai è chiaro: in Italia un cambiamento radicale potrà determinarlo soltanto la gente e colpendo il potere nel suo complesso. Perchè tutti i protagonisti del sistema, chi più e chi meno, hanno fallito. Sta al Palazzo decidere se è ancora possibile un sussulto di dignità e di responsabilità, per evitare ogni possibile degenerazione di un disagio manifestato finora in maniera pacifica.
Auguri per oggi, Silvio. Auguri per domani, Italia.
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